In ultimo, l'emozionante documentario di Mario Balsamo è un “luminoso dialogo con la morte”

L'importanza di preservare presidi che accompagnino le persone verso la fine della vita al centro di un'opera dalla forte valenza emotiva e sociale. Presentato al Torino Film Festival.

In ultimo, una toccante immagini del documentario

Mario Balsamo, con estremo tatto e fortissima lucidità di intenti, mette in piedi un'opera piccola e delicata capace, però, di "dialogare con la morte". Il suo documentario, In ultimo, racconta infatti la vita oltre la morte all'interno dell'Hospice Anemos di Torino, dove lavora Claudio Ritossa, medico palliativista che assiste i malati terminali. Presentato al Torino Film Festival, In ultimo non è certamente un'opera irrilevante, e anzi è capace di artigliare un'emotività che, nei suoi ottanti minuti scarsi, finisce per smuovere una commozione mai sospinta, ma anzi naturale rispetto alle storie raccontante.

In Ultimo Scena Documentario Mario Balsamo
In ultimo: un momento del documentario di Mario Balsamo

Abbiamo incontrato il regista, che torna a Torino dopo Noi non siamo come James Bond e Mia madre fa l'attrice, partendo con lui dalla costruzione del documentario: "Sono partito da come le persone possono dialogare con la morte. Dialogare con la morte vuol dire parlare con la propria vita", spiega. "Permette di fare un bilancio, lasciando un testamento spirituale. Il cinema racconta poi delle storie, per questo ho voluto raccontare le vicende dei degenti. Vicende fortissime. Non ho fatto interviste, e ho lasciato che fosse il medico palliativista al centro della scena: è lui che parla con i degenti. Il set era essenziale, ristretto. Queste strutture in Italia sono purtroppo scarse. Solo una persona su tre può accedere alle cure palliative"_.

In ultimo: un dialogo con la morte

In Ultimo Dottore Documentario
Il dottor Claudio Ritossa

Come detto, l'hospice scelto gioca un ruolo fondamentale nella ricerca della luce da parte di Balsamo, che si sofferma quindi sull'importanza di certe strutture: "Di hospice ne ho visti molti, e molte sono funzionanti. Soprattutto in Piemonte. Quella che abbiamo scelto parte dall'empatia. Come il nome della struttura, Animos, gestito dalla fondazione Luce della Vita. Una sorta di respiro che porta la morte. Ogni stanza lì è chiamata con il nome di un vento. C'è stata una laicità che non esclude assistenza religiosa. Una laicità molto rispettosa". Sul dottor Ritossa, invece "Volevamo raccontare la morte attraverso la vita. Siamo stati fortunati perché Claudio Ritossa è esperto di botanica. Per questo poi le piante vanno a rappresentare il ciclo della vita"_.

Ovviamente il viaggio di In ultimo non è di quelli semplici, tuttavia la produzione ha trovato piena disponibilità da parte dei degenti: "Non avevo mai lavorato con tutta questa libertà: sono situazioni al limite, ma tutti quelli a cui abbiamo chiesto di partecipare sono stati subito presenti. Così come i loro parenti. Era importante per loro sottolineare il tipo di struttura che li ospitava".

Il tema del fine-vita

In Ultimo Documentario Mario Balsamo Scena Pazienti
I degenti dell'Hospice

In ultimo, poi, ci porta a riflette sul tema del fine vita, anche in ambito medico. "Il giuramento di Ippocrate è messo in atto. Si è però ben consapevoli che non può esserci accanimento terapeutico. Quell'accanimento che, paradossalmente, tradisce il giuramento di Ippocrate. C'è un grande rispetto dei degenti", dice Mario Balsamo. Nel documentario "C'è il concetto di accompagnamento alla morte. Sono per l'auto-determinazione della morte. Chiunque deve decidere la propria fine vita, con tutte le certificazioni e specifiche del caso che devono arrivare da uno specialista. Come mia sensibilità, mi sono sentito più vicino a chi ha modo di ragionare sulla propria vita, dialogando con la morte in un hospice. Sono per l'eutanasia, ma nel suicidio assistito questo dialogo non c'è. Tra l'altro il suicidio assistito, che si può fare in Svizzera, è molto costoso, e crea una disparità sociale non indifferente".

In Ultimo Documentario Clinica Mario Balsamo
Tra i locali dell'Hospice Anemos di Torino

Una commozione sincera eppure sempre composta, data anche dalla necessità di concentrarsi su un tono mai pietistico, e anzi arguto, luminoso e, se vogliamo, ricco di umore: "Nel 2012 ho raccontato la mia malattia e quella del mio amico Guido Gabrielli. Usando una chiave sdrammatizzante. Ci stuccava la retorica del pianto. Siamo riusciti a non dare questa impronta. Per dire, vengo da un atteggiamento di resilienza, cogliendo la malattia come motivo per vivere più intensamente. Una luce ora ancora più luminosa, che mostra appunto la resilienza di questi degenti. Penso ad Angela, perfettamente consapevole di aver pochi giorni di vita, che voleva festeggiare il compleanno prima del tempo, per mangiare la torta. Per dire, la vita non è tutta nera. Un grande insegnamento, arrivato da una persona vicina alla morte".