Tante citazioni, un nemico implacabile, una compagna misteriosa, un anniversario importantissimo in arrivo. La settima stagione di Doctor Who è proprio figlia del suo showrunner Moffat, che ama tessere fil rouge di un cremisi brillante intrecciati con indizi disseminati in ogni puntata in un ricamo finale teso a mostrare il disegno completo. La settima stagione si divide in due tranche che Rai 4 comincia a trasmettere dal 6 giugno, divise dallo speciale di Natale e dal cambio di Compagna del protagonista.
Dire addio ai Pond è arduo, e per farlo Moffat opta per un distacco graduale e un epilogo tragico (per il Dottore). In Il manicomio dei Dalek Amy e Rory sono ai ferri corti e il Signore del Tempo è più preoccupato dai loro bisticci che di salvare i dalek impazziti. La prima apparizione di Jenna-Louise Coleman nei panni di una deliziosa fanciulla intrappolata sul pianeta manicomio, dà un assaggio della futura alchimia tra l'attrice e Matt Smith. Come al solito è difficile digerire una nuova compagna, ma il Bardo scozzese è lungimirante ed evita di sostituire bruscamente la rossa compagna di avventure con la brunetta. L'episodio scritto da Chibnall (autore anche del quarto episodio della stagione, La potenza di tre ed esploratore del nordic noir all'inglese con Broadchurch), Dinosauri su un'astronave, è una furibonda corsa per la sopravvivenza, con la regina egizia Nefertiti, l'esploratore Riddell (guest Rupert Graves), Amy, Rory e babbo Pond inseguiti da pterodattili raccolti su un'astronave siluriana concepita come un'immensa Arca di Noè. Precede uno degli episodi migliori della stagione, Una città di nome Mercy, scritta dal Toby Whithouse di Being Human, ambientato nel Far West con tanto di pistolero solitario e cittadina assediata e girato a Tabernas in Spagna, location degli spaghetti western di Sergio Leone.
Gli angeli prendono Manhattan è l'addio, tristissimo, ai Pond. Gli Angeli piangenti hanno avuto un'idea geniale per garantirsi la sopravvivenza, c'è una River Song meravigliosa in versione detective marlowiana e un paradosso spazio temporale che separa il Dottore dai suoi compagni di viaggio. Alla fine tutti lo lasciano ed è sempre straziante, ma la prossima compagna, che non sa di aspettarlo, è una vecchia conoscenza.
Clara, di cui abbiamo conosciuto l'incarnazione amante dei soufflé in Il manicomio dei Dalek e quella versione Mary Poppins in The Snowmen (ne abbiamo parlato qui) torna nella vita dell'Undicesimo Dottore, incapace di spiegare l'esistenza di questa ragazza impossibile. Irresistibile mistero da risolvere, la ritroviamo nell'Inghilterra contemporanea di The Bells of Saint John. L'episodio scritto da Moffatt sfoggia l'ennesima invasione/epurazione/occupazione aliena, un vecchio nemico, un Signore del Tempo centauro che sfida la gravità e una nuova Oswald, vivace e piena di risorse come i suoi alter ego. L'arcano che circonda la sua natura è di quelli che fanno arrovellare con gioia l'annoiato Dottore, mentre l'ignara Clara si lascia sedurre velocemente dalla vita avventurosa e dal millenario extraterrestre (un Matt Smith sempre più vezzoso). Solo il Tardis (o meglio, "la") non va molto d'accordo con l'impertinente fanciulla, e a ragion veduta. A spasso nel tempo il gallifreyano e la baby sitter incontrano una tenera bambina canterina offerta in sacrificio a un orrido dio ingordo di ricordi (The Rings of Akhaten), un guerriero marziano arrabbiato in un sottomarino sovietico durante la Guerra Fredda (Cold War, puntata scritta da Mark Gatiss con guest Liam Cunningham), la sensitiva Emma a caccia di fantasmi in ville infestate negli anni 70 (guest Dougray Scott).
Clara scopre il nome del Dottore nel rocambolesco Journey to the Centre of the Tardis, scritto da Stephen Thompson. Curiosa e sfiziosa puntata verniana, si addentra nei meandri della quinta dimensione dell'astronave del Dottore, piena di stanze, libri e segreti. The Crimson Horror - anche questa scritta da Gatiss - sottolinea sfacciatamente quanto questo e il compare scozzese Moffat abbiano approfittato della carta bianca ricevuta da BBC da aver trasformato le proprie sceneggiature in divertissement mega-citazionisti. In questa puntata incentrata sulla conversione degli umani in mostri rossastri perpetrata da una vecchia pazza innamorata di un orrido parassita, Gatiss sveste il Dottore del costume di Holmes (vedi The Snowmen) e gli mette quello di Frankenstein (ruolo teatrale del Benedict Cumberbatch di Sherlock). L'episodio ospita le vecchie conoscenze Madame Vastra, Jenny e Strax, tutti pronti a tornare per la finale di stagione.
Questa è preceduta da Nightmare in Silver, puntata scritta da Neil Gaiman, il quale si era già cimentato come screenwriter whoviano con lo splendido La moglie del Dottore. Gaiman non bissa, e Nightmare in Silver, con tanto di cyberman in disuso che meditano un grandioso ritorno, è una piccola delusione. The Name of the Doctor, finale di stagione (con cliffhanger) in piena regola moffatiana, conduce il Dottore nell'unico luogo che non dovrebbe mai visitare. Una discesa all'inferno in cui è accompagnato da un'invisibile incrocio dantesco tra Virgilio e Beatrice, l'amatissima River, e dove il demonio lo attende con lo sguardo avvelenato di un avversario che odia il Dottore con tutta l'anima. Il mistero di Clara viene svelato e Moffatt escogita una soluzione semplice e divertente per rinfrescare la memoria dei telespettatori in vista del cinquantenario della serie che cade il prossimo novembre. Un turbinio di incarnazioni del Dottore nascondono il segreto più buio - e foriero di rivelazioni epiche - del Signore del Tempo e chiudono la stagione.
Una stagione nel complesso meno entusiasmante delle precedenti, con meno idee originali, meno spontanea, divertente e divertita. Steven Moffat ama rendersi - e renderla ai fan - la vita complicata: geniale nel trasformare personaggi creati da altri come Jekyll e Holmes in upgrade contemporanei elegantemente eccessivi, non riesce ad affezionarsi davvero al roboante viaggiatore del Tempo. Come gli altri due personaggi l'alieno è figlio di altri genitori, eppure Moffat, capace di amare i primi come fossero suoi, tratta il Dottore con diligenza e senso del dovere ma senza volergli davvero bene. La presenza di Gatiss, che vi si avvicina solo per giocarci, ma senza prendersi responsabilità, è quasi irritante. Questa stagione patisce la presenza del maestoso Sherlock, le cui puntate della terza stagione sono girate in alternanza con quelle di Doctor Who, e il risultato è un'annata di buona qualità ma decisamente inferiore. Qualcuno l'ha trovata noiosa, una conseguenza prevedibile quando nel cuore degli autori latita la passione. Speriamo che il cinquantenario - che, tra gli altri, promette il ritorno di David Tennant e Billie Piper e la guest di John Hurt - doni a Moffatt un po' di entusiasmo.