Il quarto episodio della terza stagione de Il trono di spade ci conduce definitivamente nel vivo dell'azione, e porta molti dei protagonisti di questo sontuoso adattamento televisivo a momenti rivelatori; non mancano un paio di colpi di scena che non sono al livello di quello che chiudeva l'episodio precedente, Walk of Punishment, ma sono comunque piuttosto efficaci. E il pubblico americano sembra aver gradito particolarmente gli ultimi due episodi, che hanno rappresentato il record di ascolti per lo show e un notevole balzo in avanti rispetto a dei ratings già prima non indifferenti.
Ma riprendiamo proprio da dove avevamo lasciato, ovvero al seguito nella valorosa Brienne di Tarth e del suo ex prigioniero, Jaime Lannister, che pure mutilato, umiliato e offeso non è ancora domo, e tenta di servirsi della mano rimastagli per liberarsi dai suoi aguzzini. Ma neanche uno spadaccino della sua risma può inventarsi mancino, e Jaime soccombe, e il dorato e sprezzante fascino dello Sterminatore di Re finisce calpestato nel fango fino a spezzare, forse per sempre, la sua baldanza; per sua fortuna Brienne, con cui si sta formando un legame ad un tempo sorprendente e naturalissimo - non potrebbe essere più diversa da Cersei la vergine di Tarth, ma proprio la sua purezza, la sua onestà e il suo coraggio possono mostrare a Jaime la verità sulla tirannia infame di sua sorella - sa come risollevare il suo spirito, senza moine, anzi con parole di sfida.
Chi è riuscito, apparentemente, a sfuggire alla prigionia è Theon Greyjoy, che, convinto di essere fuori pericolo e in procinto di essere condotto dalla sorella Yara, si confessa al suo salvatore, un giovane che gli racconta di essere un conterraneo. E qui, come hanno fatto con Jaime, gli autori de Il trono di spade tentano un rovesciamento di prospettive, mostrandoci il pentimento di Theon - e financo il suo amore e la sua ammirazione per il suo "vero padre", Ned Stark! - per cattivargli le nostre simpatie. E il tentativo ha successo se il cuore vi affonda nel petto quando la vera natura del liberatore - in realtà architetto dell'irrimediabile rovina di Theon - e le sue mostruose intenzioni vengono finalmente rivelate.
Ma il colpo di scena più tragico e inatteso di questo episodio avviene più a nord del luogo in cui il tormento di Theon Greyjoy è appena iniziato. Ignari dell'imminente attacco dei Bruti, i superstiti della grande spedizione della Guardia della Notte sono ancora nella fortezza di Craster a fare la fame in attesa che i feriti si riprendano, o concludano definitivamente la loro missione nella pira funeraria. Ma Rast e altri sediziosi stanno sfuggendo al controllo del Lord Comandante, e la fame e gli stenti condurranno inevitabilmente a una svolta drammatica che significherà la fine dell'esecrabile autocrazia di Craster ma anche, purtroppo, del glorioso servizio di Jeor Mormont. Nel caos che segue, Sam Tarly riesce a mettersi in fuga con la sua Gilly e con il figlioletto di lei, scampato, se non altro, alla sentenza di morte decretata dall'ora defunto, incestuoso genitore. La vendetta di Rast nei confronti di Mormont si consuma così in pochi istanti di orrore; ma non tutte le vendette sono così precipitose e sanguinose. E' il vero protagonista di And Now His Watch Is Ended, Lord Varys, a spiegarci il piacere di una vendetta perseguita, architettata e preordinata nel corso di decenni in una formidabile scena in cui, per una volta, il piccolo leone Tyrion Lannister/ Peter Dinklage è decisamente messo in ombra dagli intendimenti della sceneggiatura e dal talento di un collega, in questo caso Conleth Hill. Varys procede a ipnotizzarci anche nella scena in cui discute con la bella spia Ros della sovrumana virilità del paggio Podrick e degli affari privati di Ditocorto, e in quella in cui trova una degna co-cospiratrice in Lady Olenna/ Diana Rigg. E' attraverso il loro dialogo che si getta luce su un elemento chiave delle intere Cronache martiniane: l'insaziabile, terrificante ambizione di Lord Baelish associata ai suoi piani per il futuro di Sansa Stark.Una Sansa che trova poco spazio in questo episodio in cui manca del tutto il fratello Robb e fanno brevi apparizioni anche Bran (che rivive la sua caduta in una visione in cui compare sua madre Catelyn) e Arya (che abita una sequenza un po' più pregna, in cui scopriamo dettagli interessanti sulla Compagnia senza Vessilli e assistiamo a un'adorabile arringa autodifensiva da parte del Mastino): e la vediamo qui, lei, la chiave per la conquista del Nord, trasformata da pedina nelle mani dei Lannister a pedina in quelle dei Tyrell. L'abile Margaery è tutta sua nonna Lady Olenna Redwyne, ma, come la vedova Tyrell, non sembra priva di compassione nei confronti di Sansa; nel manipolare la sfortunata coetanea, le regala una speranza che per la nostra giovane lady è come la luce in fondo al tunnel. Ma il trionfo di Margaery non è Sansa, è Joffrey. Tra sorrisi, scollature vertiginose e infinite astuzie, la futura regina è riuscita dove aveva fallito anche Cersei Lannister, ha praticamente messo il guinzaglio al mostro. E mentre la nipote convince il re sadico, codardo e vile a dividere con lei l'amore che la gente di Approdo del Re le tributa, nonna Olenna serve a mamma Cersei un piatto che ha il gusto inquietante del foreshadowing.
A poco giova a Cersei cercare di mettere in guardia suo padre riguardo ai Tyrell: gli alleati di Alto Giardino sono troppo preziosi perché Tywin li metta in discussione solo perché lo dice una donna che crede di essere molto più intelligente di quanto non sia in realtà. Per quanto siamo d'accordo con la valutazione dell'intelletto della sua primogenita, non si può non vedere del fondamento dei sospetti di Cersei, e quindi un potenziale, macroscopico passo falso all'attivo del signore di Casterly Rock. Se ad Approdo del Re l'intrigo minaccia una potenza finora creduta inviolabile, ad Astapor un potere forse più grande sta per spiegare le ali: precisamente le ali nere di Drogon, il maggiore dei draghi di Daenerys Targaryen, promesso al mercante di schiavi Kraznys in cambio di un esercito di Immacolati, schiavi-soldati privati di qualsiasi umanità da un atroce addestramento cui sono sottoposti dall'infanzia. Non era certamente difficile intuire che dietro l'apparente malleabilità di Dany, che ha accettato senza batter ciglio di cedere il più amato dei suoi figli, ci fosse un piano ben preciso: e infatti nel finale dell'episodio, sotto gli occhi adoranti e sorpresi dei suoi consiglieri Ser Jorah Mormont e Ser Barristan Selmy, l'ultima Targaryen dimostra ancora una volta di che pasta è fatta, per lasciare Astapor con un seguito degno del suo rango, della sua ricchezza umana e della sua sete di giustizia.
Possibile che deluda i fan più accaniti del libro, questa sequenza in cui si affronta uno dei momenti più entusiasmanti dell'intero arco narrativo riguardante Daenerys: ma era obiettivamente difficile traghettare sul piccolo schermo il dettagliato lavoro di preparazione dei capitoli dedicati a lei da George R.R. Martin in A Storm of Swords, nonché la grandiosità di una scena che avrebbe richiesto un budget da kolossal cinematografico.
Qualche dubbio sulla messa in scena e sulla gestione delle risorse in questa chiusa ci resta, ma non basta a impedirci di dichiarare And Now His Watch Is Ended il miglior episodio di questa terza stagione fino ad ora per la narrazione densa, evocativa ed enfatica, per l'intelligenza psicologica dello script e per i "rischi" che corre nel prendere le distanze da Martin rimanendo iperfedele allo spirito della saga (la vendetta di Lord Varys, ad esempio, non è presente nei libri, anche se la backstory sulla sua castrazione proviene da A Clash of Kings, il secondo volume della serie).
Insomma, per quanto ci riguarda la prossima domenica su HBO non arriverà abbastanza in fretta; nel frattempo, tutti a studiare il valyriano. Dracarys, indeed.
Movieplayer.it
4.0/5