Dopo l'ottima premiere che ha condotto Daenerys Targaryen nella sua terra d'origine e che ha portato gli spettatori de Il trono di spade sulla soglia di quella che, di fatto, sarà un'unica stagione finale composta dei sette episodi del settimo ciclo e dei sei dell'ottavo, lo show prosegue con un episodio povero di azione cinematica (se non per lo strepitoso segmento finale) ma ricco di elementi di grande importanza sia nell'ottica delle dinamiche tra i personaggi sia in quella degli sviluppi narrativi.
Forse più frammentario di Roccia del Drago, Nata dalla tempesta è parimenti ben concepito nella struttura e montato con estro, con nessi originali, efficaci e divertenti a concatenare i vari scenari, oltre che attento a tirare le fila su diverse questioni, piccole o grandi che fossero, rimaste in sospeso, e a regalare qualche sorpresa piacevole come l'incontro che facciamo alla Locanda dell'incrocio al fianco di Arya Stark.
Il branco sopravvive
E con Arya, che - non per molto ancora si spera - resta il personaggio più isolato a questo punto della storia, vogliamo iniziare il nostro viaggio: il suo pellegrinaggio solitario accompagnato da una scia di sangue la porta nuovamente alla Locanda dell'incrocio, dove nella quarta stagione aveva lasciato, in qualità di fornaio, un vecchio amico come lei sopravvissuto ai tanti orrori iniziati con la partenza da Approdo del Re in compagnia di Yoren e delle sfortunate reclute della Guardia della Notte. Frittella è venuto su come il robusto giovanotto che prometteva di diventare, ed è incantato e turbato dal cambiamento che vede attuarsi nella sua antica compagna di avventure.
Quell'ombra di perversa innocenza che avevamo visto affiorare in Arya nella premiere (durante la scena con il chiacchieratissimo cameo di Ed Sheeran), quell'ossimoro indecifrabile e allarmante prodotto dalla sua età, dalla sua natura piena di calore, dalle incredibili competenze acquisite e dagli atti di pura ferocia da lei commessi, si scioglie di fronte a una semplicissima informazione che Frittella non tarda a consegnarle: Grande Inverno non è più in mano ai Bolton, vi siede il Re del Nord, ovvero il suo amatissimo fratello Jon Snow. Fino ad ora posseduta prepotentemente dalla sua sete di vendetta e dalla sua (ormai breve) lista di teste da far cadere, Arya non ci mette molto a decidere di prendere la Strada del Re verso casa, e ciò che avviene subito dopo - un altro incontro forse meno sorprendente, ma anche più significativo - conferma che la bambina affettuosa di un tempo non si è eclissata nell'assassina sanguinaria, ma è pronta a sacrificare il completamento della sua missione per stare vicina ai suoi cari.
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Nello show - che per ragioni di praticità e budget ha molto limitato la presenza delle possenti "mascotte" di casa Stark - la pur fugace comparsa di Nymeria, la metalupa da cui Arya fu costretta a separarasi già nella prima stagione per salvarla dalla furia di Cersei, ha un significato simbolico fortissimo. "Tu non sei questo", le dice Arya, usando le stesse parole che rivolse a suo padre per spiegargli quando lei stessa fosse diversa dalla mite e cortese Sansa, e quanto le aspettative proiettate su lei in quanto giovane nobildonna fossero mal riposte; fiera, selvaggia, indipendente proprio come Nymeria, potrà mai la fanciulla vissuta come un lupo solitario per anni ritrovare davvero la gioia e la pace del focolare di Grande Inverno?
Regina delle balestre
Con il cambio di direzione di Aya, uno dei pericoli che incombevano sulla regina Cersei, forse il più serio e immediato, svanisce senza che lei ne abbia sentore; resta clamorosamente in svantaggio rispetto alla sua nemica dai capelli di platino appena approdata a Roccia del Drago, ma Cersei non è priva di amicizie utili. L'incrollabilmente fedele Jaime, con l'abilità diplomatica che gli conosciamo e la promessa di un posto di potere, trasforma il padre di Sam, il battagliero Randyll Tarly, in un prezioso alleato della corona contro Lady Olenna e Alto Giardino; e l'altro, ben più misterioso e potente consigliere della regina, Qyburn, ha messo a punto quella che sembrerebbe essere una efficace contraerea anti-drago: una gigantesca balista, arma che non solo ha una suo solido corrispettivo storico nell'antichità - europea, non Westerosi - ma che viene citata nell'opera di George R.R. Martin proprio come responsabile della caduta di un drago. E non un drago qualsiasi: Meraxes, che era cavalcato da Rhaenys, la preferita tra le due sorelle-spose di Aegon il Conquistatore. Anche se quello che la regina e il suo losco braccio destro profanano nei sotterranei della Fortezza Rossa non è Meraxes ma Balerion il Terrore Nero, il più grande e leggendario tra i draghi di Westeros, resta la gradita strizzata d'occhio ai lettori dei romanzi, ma anche una solida fonte di preoccupazione sulla sorte dei draghi che serve - insieme all'impresa di Euron Greyjoy di cui più avanti - a bilanciare le forze in campo sulla scacchiera dei Sette Regni.
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Roccia del Drago e le avvisaglie della tempesta
Nel frattempo, ignara dell'inedita insidia per i suoi figli alati Drogon, Rhaegal e Viserion, Daenerys Targaryen non sembra lieta della sua permanenza nell'umida e inospitale Roccia del Drago, che per di più saluta l'erede dell'antica Valyria con una tempesta che ricorda quella durante la quale la regina venne al mondo su quella stessa isola. Ma l'impazienza di Dany non è nulla al confronto di quella dei fan più irriducibili nei confronti di certi "buchi di sceneggiatura" o di conflitti lasciati senza soluzione: e Bryan Cogman, sceneggiatore di Nata dalla tempesta, raccoglie la sfida e risolve brillantemente l'una e l'altra cosa.
Sebbene in ritardo rispetto a quanto darebbe stato legittimo aspettarsi, Dany affronta nella sala del tavolo dipinto della fortezza il problema della fedeltà di Lord Varys, l'uomo che servì suo padre Re Aerys e subito dopo il suo nemico Robert Baratheon. Se nei romanzi c'è una buona ragione per cui il lealista Targaryen Varys non si fa troppi scrupoli ad obbedire a Robert e a spedire un paio di assassini sulle tracce dell'adolescente Daenerys, per ormai irrimediabili scelte di adattamento qui l'unica spiegazione possibile è che lo fece per non insospettire il sovrano, salvarsi la pelle e continuare a lavorare per un reame più stabile e sicuro. Conleth Hill però ci vende benissimo questa gracile giustificazione, e il suo duetto con Emilia Clarke è uno dei momenti più tesi e gustosi dell'episodio, complici gli sguardi allarmati di Peter Dinklage/Tyrion, in ansia per l'amico. Scampato Varys alla furia di quella che non vuole essere la regina delle ceneri, ma non sembra farsi troppi problemi a minacciare il suo entourage di farlo arrostire in caso di tradimento, Tyrion procede a illustrare il suo piano che tiene conto, astutamente, della xenofobia che Cersei sta utilizzando per mettere la corte contro la rivale: saranno le truppe autoctone - quelle dell'Altopiano e di Dorne - ad assediare la Capitale, mentre gli "esotici" Dothraki e Immacolati attaccheranno i Lannister dove non se l'aspettano: a Castel Granito. Non a caso l'eredità negata da Lord Tywin al suo secondogenito.
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Nel frattempo, insieme a Lady Olenna, a Ellaria Sand, alle Serpi delle sabbie e ai giovani Greyjoy qualcun altro è approdato a Roccia del Drago, e ha cose piuttosto interessanti da dire alla Regina dei draghi. Bandita da Jon Snow, Lady Melisandre deve aver visto qualcosa di nuovo nelle fiamme di R'hllor che l'ha indotta a tornare nel luogo dove aveva raggiunto e convertito lo sciagurato Re Stannis, ma allo stesso tempo Mel è un'altra donna, più cauta e circospetta. Che Daenerys abbia un ruolo da giocare nella battaglia per l'alba era palese dalle prime battute della nostra storia - se l'acciaio di Valyria, forgiato nel fuoco di drago, e l'ossidiana (dragonglass in originale) sono efficaci contro gli Estranei, figuriamoci i draghi in carne e ossa - ma qui per la prima volta viene esaminata in dettaglio una profezia cruciale nella saga letteraria: quella del "principe promesso", il guerriero della luce destinato ad essere paladino dell'umanità nella guerra che minaccia il continente interzo con l'inverno ormai giunto.
Come rileva Missandei (nei romanzi a farlo era Maester Aemon, scoprendo di non essere "un Targaryen solo al mondo" qualche tempo prima di morire) il lemma per "principe" in Alto Valyriano è di genere neutro; l'eroe promesso può essere un principe quanto una principessa, e Daenerys sembra apprezzare la correzione.
Assimilata la lezione della correligionaria Kinvara, comparsa nella sesta stagione, Mel è dunque persuasa che sia Dany sia Jon saranno strumentali nella guerra contro gli Estranei, e caldeggia la loro alleanza; e noi facciamo francamente fatica a darle torto.
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Per chiudere con Roccia del drago, facciamo menzione della scena d'amore tra la nostra bellissima linguista e il suo devoto Verme Grigio, che sta per lasciare l'isola per guidare l'attacco a Castel Granito: per una volta una magnifica nudità femminile, quella di Nathalie Emmanuel, non è al servizio del male gaze ma di un momento di connessione tra due personaggi emotivamente risonante. Il desiderio della ragazza di unirsi all'amato alla vigilia della sua partenza di lui, la reticenza del giovane a mostrarle quello che è stato fatto al suo corpo, la dolce fermezza di Missandei, e l'atto sessuale in sé, è tutto orchestrato ed eseguito con tatto e sensibilità.
Il re riluttante verso l'appuntamento col destino
Se Melisandre prepara a modo suo il campo all'alleanza tra Daenerys e Jon Snow, Sam Tarly, quando non è impegnato a cercare di salvare Ser Jorah dal Morbo Grigio in una scena che contende il primato della ripugnanza al montaggio coi vasi da notte della premiere, fornisce il suo essenziale contributo da Città Vecchia inviando al suo vecchio amico le notizia sul giacimento di ossidiana sotto Roccia del Drago.
E ancora una volta Jon, riluttante ma anche risoluto Re del Nord, prende una decisione fondamentale ignorando i consigli altrui; quelli di Sansa, quelli di Ser Davos e persino quello della formidabile Lady Lyanna Mormont. D'altro canto Tyrion, ancor più versato di suo fratello Jaime in fatto di diplomazia, si guarda bene dal riferire la richiesta di Daenerys che Jon le si assoggetti, e invece rievoca la reciproca, breve ma indimenticabile conoscenza: e la stessa Sansa conferma che Tyrion è diverso dagli altri Lannister, contribuendo a persuadere Jon della necessità della sua partenza per Roccia del Drago. Insomma il parallelismo tra Jon e Dany, costruito minuziosamente dalle prime scene dello show e dalle prime pagine delle Cronache, sta per sublimarsi nell'incontro tra quelli che sono stati reietti e outsider, e ora sono le potenze del ghiaccio e del fuoco: si odieranno? Si ameranno? In ogni caso il loro è un incontro a cui non possiamo pensare senza una punta d'ansia e un sorriso speranzoso.
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I doni di Euron il folle
E chiudiamo con il clamoroso segmento finale, in cui si concentrano le più forti emozioni che ci riserva Stormborn e in cui Euron Greyjoy, aspirante alleato della corona e, a questo punto, psicopatico conclamato, in una sequenza frenetica, brutale ed entusiasmante, sembra fare suo il motto del nemico: fuoco e sangue.
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A farne le spese sono due Serpi della Sabbia, Obara e Nymeria, straziate dal pirata delle Isole di Ferro con le loro stesse armi, ma anche Ellaria Sand, sua figlia Tyene e la stessa nipote di Euron Yara, catturate e destinate con ogni probabilità alla vendetta di Cersei.
Per fortuna la messa in scena in questa sequenza non tradisce nemmeno le Serpi, che ci salutano con una scena di combattimento convincente, e la Yara di Gemma Whelan ha il tempo di esaltarci con la sua caparbietà. Per Theon, invece, c'è una mesta ma non definitiva uscita di scena, reminescente dei suoi traumi e delle sue umiliazioni: il giovane che si è gettato dalle mura di Grande Inverno per salvare la sorella putativa Sansa non si immola per la sorella di sangue Yara, ma vive - forse con la speranza di avere ancora qualche (pallida) chance di salvarla.
E se le donne sono in posizioni di potere in buona parte della scacchiera di Westeros, tre donne sono ora in balia della mascolinità tossica di Euron e della crudeltà dei suoi uomini; ma, per quanto prigioniere e vittime, sono ancora vive, e, ci auguriamo, destinate a tenere testa a Cersei in un ultimo, trionfale confronto.