Un punto in comune della Festa del Cinema di Roma 2024 sembra essere l'emotività. Questo vale anche per il film originale Netflix Il treno dei bambini, presentato in anteprima e in arrivo il 4 dicembre. Tratto dall'omonimo bestseller di Viola Ardone, il film racconta la generosità dell'Italia del dopoguerra. Un viaggio attraverso la miseria visto dagli occhi di un bambino diviso tra due madri.
La stessa scrittrice, insieme alla regista Cristina Comencini, agli sceneggiatori Furio Andreotti, Giulia Calenda, Camille Dugay e agli interpreti Barbara Ronchi, Serena Rossi, Stefano Accorsi e il debuttante Christian Cervone, insieme all'autore delle musiche Nicola Piovani, hanno raccontato il dietro le quinte della realizzazione del progetto.
Una pagina di storia dimenticata
Quella raccontata dal film Netflix è una pagina di storia da scoprire, come conferma Cristina Comencini: "Nel film ci sono le classiche figure che la Storia facilmente dimentica, rese quasi invisibili durante la guerra. Si tratta di un importantissimo pezzo di racconto di quei due anni di vera pace, simbolo di rinascita ed energia dopo la guerra, con questi questi treni partiti da zone senza cibo e vestiti come la Campania e il Lazio per 70000 bambini che compirono uno spostamento straordinario. Racconta ciò che siamo stati e soprattutto ciò che potremmo di nuovo essere".
Secondo Viola Ardone: "Secondo me è un po' sintomatico che proprio quella storia sia stata dimenticata, le radici da cui è nata la nostra Costituzione, l'Italia dimentica troppo facilmente di essere stata solidale. Un tempo i treni partivano per creare solidarietà, oggi partono le navi per creare separazione e deportazione".
Continua poi: "Tutti i mezzi di trasporto e di comunicazione all'interno del Paese erano allo stremo. Fu un evento supportato dal Partito Comunista e un gesto di allungare una mano e consegnare la propria cosa più preziosa, ovvero i propri figli, con la speranza che ci fosse qualcuno pronto ad accoglierli dall'altra parte dell'Italia, a prendersi cura di loro e regalargli un futuro. Le due Italie si conobbero in quell'occasione, superando tanti pregiudizi, quelle famiglie sono poi rimaste in contatto e si sono scambiate storie e vissuto nel corso degli anni".
Storia di due madri
Il microfono passa alle due attrici protagoniste che interpretano donne così diverse eppure accomunate dal senso di maternità. Serena Rossi, che più tardi delizia il pubblico con un'esibizione insieme al coro dei bambini di Santa Cecilia, racconta un aneddoto: "Mia nonna, Concetta, oggi ha 84 anni ed era una di quei 70000 bambini saliti sul treno. Per tre mesi visse da una famiglia che aveva molto poco di più della mia a livello economico, a Modena, e lei dice sempre che le ha dato l'infanzia che non ha mai avuto. Torna bambina quando racconta quei mesi lì. Siamo addirittura riusciti a farla incontrare sul set col bambino di quella casa che li ha accolti, ora che sono entrambi anziani".
Continua poi: "Non è stato facile interpretare Antonietta dato che è una donna dura col proprio figlio, Amerigo, perché sua madre lo era con lei, non ha mai una carezza, un abbraccio, una parola dolce anche se per lui compie il gesto altruistico più grande".
Nemmeno per Barbara Ronchi è stato semplice vestire i panni di Derna: "Lei era tra le organizzatrici, non si aspettava e non avrebbe dovuto accogliere uno dei bambini. Non pensava di essere la famiglia giusta, essendo sola senza un marito, si sente inadatta a quel ruolo di affido. Giocoforza nasce un'amicizia con questo bambino che riesce a fare breccia nel suo cuore. Gli fa vedere che la vita che è qualcosa di più che sopravvivere. Gli lascia anche il libero arbitrio di decidere alla fine cosa è meglio per lui, una scelta forse egoistica che capirà da adulto".
Tocca all'interprete di Amerigo adulto, ovvero Stefano Accorsi, prendere la parola: "Nel prepararmi per il ruolo ho provato ad immaginare il percorso che da bambino lo ha portato ad essere ciò che è molti anni dopo. L'idea di essere stato l'oggetto di una delle due madri che lui sente che lo ha allontanato. Lo troviamo come un uomo 'risolto' all'inizio del film ma in realtà ha solo chiuso in un cassetto l'emotività, che inizia da quel momento a lavorarlo. È lei che sceglie per te".
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Il racconto secondo la musica di Nicola Piovani
Dopo la testimonianza emotiva di Christian Cervone, per la prima volta sullo schermo, parla il Maestro Nicola Piovani, compositore della colonna sonora de Il treno dei bambini: "Sto cercando di fare meno film possibili in questo periodo, perché non ho nessuna voglia di aggiornarmi, ma quando capitano occasioni come questa a livello drammaturgico ed emotivo, non bisogna lasciarsele sfuggire. Bisogna appoggiarsi a delle emozioni e non a calcoli strategici e matematici".
Chiude poi: "Avevo un po' di paura dato il tipo di storia, così ci si approccia con la musica, ero circondato da donne e mi sentivo un po' un intruso. Come camminare dentro una cristalleria. Mi ha aiutato molto lavorare ad una drammaturgia musicale che rispetta l'unità strutturale con inizio, sviluppo e fine. Qualcosa che non si ritrova più oggi al cinema che risente del linguaggio pubblicitario, si lavora per sequenze anche in musica e non nel suo insieme. Dà libertà ma rischia di far perdere l'unità drammaturgica della pellicola. Io scrivo ancora con la matita e la gomma, pensate un po'".