Giffoni Film Festival è sempre stato attento alle tematiche sensibili ai giovani e all'attualità quindi non sorprende che Il ragazzo dai pantaloni rosa di Margherita Ferri, sia stato presentato durante un evento pensato per le nuove generazioni di spettatori. La pellicola, prodotta da Eagle Pictures, racconta infatti la drammatica storia vera di Andrea Spezzacatena, l'adolescente che si presentò a scuola con dei pantaloni di colore rosa per un banale lavaggio sbagliato rispetto a quelli rossi originali che gli aveva regalato la madre Teresa, generando ilarità e commenti da parte dei compagni che arrivarono addirittura a creare una pagina Facebook con quello che è ora il titolo del film.
Pagina di cui la madre scoprì l'esistenza solo dopo la tragica fine perché il figlio aveva condiviso la password del suo account. Questo portò il ragazzino prima in una spirale discendente e poi al suicidio il 20 novembre 2012, poco dopo il suo quindicesimo compleanno. Fu il primo caso in Italia di bullismo e cyberbullismo che portò al suicidio di un minorenne. Questo drammatico fatto di cronaca è diventato prima un libro Andrea, Oltre il Pantalone Rosa, edito da Graus, scritto dalla mamma del ragazzo, e ora un film.
Il ragazzo dai pantaloni rosa: genitori e figli
Inizia l'incontro stampa a Giffoni lo sceneggiatore e produttore Roberto Proia, che parla della complessità nel realizzare la pellicola: "Io sono stato il primo a sentire una forte responsabilità a raccontare questa storia, scesa a cascata poi su tutti, dalla regista agli interpreti. Come tutte le occasioni eccezionali poteva essere una minaccia o un'opportunità, abbiamo fatto di tutto per farla diventare la seconda, volevamo essere fedeli al racconto di Andrea, non essere giudicanti mostrando cattivi in bianco e nero, perché sapevamo di parlare a tutti, dai ragazzi ai genitori, dagli insegnanti ai presidi, fino ai bulli inconsapevoli che sono la maggior parte. Non bastava però informarsi attraverso internet, ci voleva Teresa per capire chi era Andrea: dopo il suo benestare, abbiamo fatto lunghe sedute quasi psicanalitiche in cui ci siamo confrontati. Al momento della chiusura della sceneggiatura mi dispiaceva lasciarlo andare via, che è una cosa strana e rara".
Si accoda Claudia Pandolfi che ha interpreto proprio mamma Teresa: "Per me il rapporto con Teresa non si è mai interrotto, ed è molto intenso, ancora oggi ogni volta che la incontro mi ritrovo particolarmente emozionata. Non si tratta della tecnica nell'interpretare persone reali a cui noi attori siamo abituati dopo anni di carriera, bensì di un qualcosa in più a livello emotivo che io faccio ancora fatica a gestire, la responsabilità di cui parlava Roberto me la sento ancora addosso. Sui set si creano sempre delle bolle rispetto al mondo esterno, ma in questo caso ho davvero visto un amore in tutti i reparti, non la corsa per arrivare alla fine delle riprese e rispettare i tempi come spesso capita. Mi ha commosso all'inverosimile. Mi ha aiutato tanto vedere la solidarietà degli altri e forse è la lezione più importante che mi ha dato Teresa. Non so se sarei stata in grado di affrontare quello che lei ha vissuto nello stesso modo, visto che da madre oltre che da attrice, sono molto empatica. Sono legata ad ogni film che ho fatto ma questo è sicuramente uno di quei quattro che ho proprio nel cuore".
La spirale del silenzio
La parola passa ai giovani interpreti, che avevano forse la responsabilità più grande di tutti e l'hanno sentita sicuramente addosso. Andrea è interpretato da Samuele Carrino, che racconta: "Il messaggio del film, e di tutta questa storia in generale, in fondo è proprio non rimanere in silenzio, confrontarsi con qualsiasi persona di cui ci si fidi, trovare quella persona se non la si ha, ma mai tenersi tutto dentro perché soprattutto a quell'età non si hanno ancora gli strumenti per sopportare quel peso. La tecnologia oggi ti perseguita ovunque, l'unica vera soluzione è parlare". Sara Ciocca (di recente voce di Riley in Inside Out 2) è la migliore amica di Andrea, Sara: "Ho percepito la purezza di questo personaggio nell'interpretarlo, un faro nella nebbia per Andrea, lo fa sentire partecipe di un gruppo anche se sono in due, lo accetta per la sua bellezza e anche per la sua disagevole presenza. Si vogliono bene proprio perché non si sono conformati al branco. Spesso i bulli sono più fragili delle vittime".
Continua poi: "Per combattere ci vuole la cultura che permette di costruire una sensibilità comportamentale ed emotiva. Il cyberbullismo è un ospite che si aggira nella nostra società in maniera sempre più angusta, è più subdolo del bullismo di un tempo, dove la conformazione fisica della persona era visivamente riconoscibile. Dietro uno schermo chiunque può diventarlo, come se dessimo in mano un megafono a tutti e nessuno. Molto pericoloso".
Le lacrime della Pandolfi
C'è anche l'altro lato della medaglia, come fa notare Pandolfi, visibilmente commossa poiché è la prima volta che ha l'opportunità di parlare de Il ragazzo dai pantaloni rosa: "Quanti di voi sarebbero in grado di difendere chi viene attaccato? Anche quello è silenzio. C'è un clima cameratesco del male, Andrea si dev'essere sentito molto solo nel vedere quanti aderivano a quel silenzio. La violenza manifesta è più riconoscibile e quindi affrontabile rispetto a quella derivante dal cyberbullismo. Se non sei strutturato può avere un effetto deleterio. È importante insegnare ai giovani il valore della caduta e dell'imparare a rialzarsi, una lezione che Teresa sta portando in giro per l'Italia anche nelle scuole".
Due le scene significative del film che Proia ha ricordato alla fine dell'incontro stampa sono state quella del compleanno, ovvero l'ultima volta che Andrea si scambia un abbraccio con la madre prima del suicidio, ricordando quanto fosse un ragazzo solare che pensava di poter reggere il peso di quanto gli stava accadendo sulle proprie spalle. "L'altra è sicuramente il finale, che abbiamo girato il primo giorno, quindi eravamo coinvolti fino ad un certo punto, stavamo cominciando. Non volevamo fosse una lezioncina su cosa non fare ma utilizzare il grande potere del cinema di mostrare piuttosto che dire". Le lacrime dell'attrice in conferenza raccontano forse molto più delle parole, dato che la sua Teresa nel film non piange (quasi) mai.