Il puzzle esistenziale di Maria
"Ognuno ha un talento speciale, per qualcuno ci vogliono quarant'anni per scoprirlo". Non potrebbe essere più esplicativa la tag-line di Puzzle, film argentino diretto da Natalia Smirnoff che racconta di Maria del Carmen, casalinga di mezza età che scopre improvvisamente di avere un talento particolare per la risoluzione dei puzzle. Un giorno legge un annuncio sulla ricerca di un partner per i prossimi campionati nazionali. Sorpresa dell'esistenza di una dimensione agonistica del gioco, grazie a una serie di piccole bugie si incontra con un ricco e affascinante uomo di Buenos Aires e si allena con lui fino alla vittoria del campionato, ma rinunciando alla possibilità di volare in Germania per i mondiali.
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Il film racconta il mondo di Maria con gentilezza e sincerità ma anche con una messa in scena che opprime nei suoi continui movimenti a mano e negli insistiti fuori fuoco del mondo esterno, perfino dei suoi affetti. Siamo talmente incollati alla protagonista da essere avvolti da un senso di claustrofobia, per quanto l'interprete Maria Onetto sia davvero straordinaria a raccontarsi con un realismo e un'accuratezza nella descrizione dei suoi stati d'animo che sorprende. Incapace di alleviare questo senso di restringimento dell'ottica visiva il film manca nel tratteggio di tutto ciò che circonda la sua protagonista, semplcemente credendolo non necessario, come dimostra l'ultima inquadratura, in cui l'arrivo del primo campo lungo racconta l'ottenimento della "libertà" di Maria.