La politica italiana continua a scontrarsi sul tema dello ius soli, ma il docufilm di Matteo Parisini, Il nostro paese, in Prima Tv il 4 settembre su Doc3 Rai 3, va perfino oltre affrontando il tema dei figli di famiglie immigrate giunti in Italia da piccoli, che si esprimono in dialetto e sono italiani in tutto e per tutto, ma sono impossibilitati ad avere la cittadinanza per via degli ostacoli burocratici.
Il nostro paese raccoglie le testimonianze di otto giovani donne, Insaf, Alessia, Marya, Anna, Sabrine, Ihsane, Ana Laura e Rabia, che vivono e studiano in Italia, sono italiane per una condizione di fatto, ma per un vincolo di reddito la legge impedisce loro di ottenere la cittadinanza italiana che gli permetterebbe lavorare, viaggiare o studiare all'estero. Dopo essersi imbattuto in alcuni giovani costretti ad affrontare questo problema, il regista Matteo Parisini ha deciso di approfondire la questione realizzando prima una docuserie di 8 puntate da 20 minuti l'una per poi farne un film.
Un docufilm al femminile
Fin dal titolo, Il nostro paese si focalizza sul paradosso legale denunciato dal docufilm che impedisce ai figli di immigrati cresciuti in Italia di ottenere la cittadinanza per questioni di reddito raggiunta la maggiore età. "Ma come fanno a produrre un reddito se stanno studiando?" si chiede Matteo Parisini. "Dopo che la proposta di legge in Parlamento è saltata mi sono interessato alla questione. Il mio non è un intento politico, questa è una battaglia civile. Stiamo parlando di persone che vivono qui fin da piccole, conoscono questa realtà, ma per la legge sono "quasi italiani'. Senza la cittadinanza non possono fare l'Erasmus, non possono partecipare a un concorso pubblico, non possono realizzarsi e con il Decreto Sicurezza i tempi si sono allungati ulteriormente".
Il nostro paese affronta la questione raccontando solo storie al femminile, ma non era questo l'intento originario del progetto, come chiarisce Parisini: "Il casting era aperto a tutti, ma le ragazze hanno mostrato storie e personalità più interessanti. E poi la scelta di raccontare la situazione dal punto di vista femminile è ancor più emblematica perché le donne hanno meno possibilità degli uomini. Per questo ci mettono il doppio dell'energia, devono necessariamente primeggiare in ciò che fanno - studio, lavoro, sport - per non scomparire".
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Le storture della burocrazia
Le otto ragazze al centro de il nostro paese sono sparse per la Penisola da Nord a Sud, da Trieste a Napoli. Otre alle interviste canoniche in cui descrivono le difficoltà nell'ottenere la cittadinanza, il film le segue nel loro quotidiano mostrandole al lavoro, in famiglia, con gli amici. "Non ho costruito le scene di osservazione" racconta Matteo Parisini. "Prima delle riprese ho passato del tempo con loro. Usano il dialetto italiano con grande naturalezza, sono italiane in tutto e per tutto, se le ascolti parlare a occhi chiusi non percepisci nessuna differenza". Al di là di qualche isolato episodio di razzismo, dagli otto racconti emerge una quotidianità che non ha niente di diverso da quella di chi in Italia ci è nato. "Parlare di integrazione in questo caso è assurdo" chiarisce Parisini. "Queste ragazze non sono arrivate in Italia da grandi, ma hanno sempre fatto parte delle nostre comunità e non hanno mai avuto problemi. Perché negar loro un diritto che nei fatti esiste già?"