Il Natale nel terzo millennio
Tutti i bambini (ma anche gli adulti) lo sanno: la notte del 24 dicembre, Babbo Natale scende dal camino e lascia i regali sotto l'albero, in quantità direttamente proporzionale alla buona condotta del beneficiario. Generazioni e generazioni di ragazzini sono cresciute con questa consapevolezza, ma, a ben pensarci, ogni anno si è dovuta verificare una collettiva, infallibile sospensione dell'incredulità: altrimenti tutti si sarebbero posti le domande che attanagliano Gwen, smaliziata fan inglese di Babbo Natale che, nonostante la fiducia nelle infinite possibilità dell'anziano benefattore, ha qualche perplessità sulla fattibilità dell'impresa. Come farà a raggiungere tutte le case del mondo in una notte sola? Vista la velocità necessaria a percorrere per tempo tutto il globo, la slitta trainata dalle famose renne dovrebbe come minimo prendere fuoco, a contatto con l'atmosfera. E i camini, come lei stessa ha potuto verificare di persona, sono troppo stretti per permettere a chiunque di usarli come via d'accesso. Per fortuna, a rispondere puntualmente ai suoi interrogativi c'è Arthur, secondogenito del Babbo Natale in carica, che coscienziosamente legge ogni lettera recapitata nello sperduto Polo Nord, onde mantenere sempre alto il morale di chi ripone le proprie speranze nel successore di San Nicola.
Quindi, Babbo Natale non è sempre lo stesso: così come era logico supporre, dall'esemplare originario ha avuto origine una stirpe di uomini votati alla generosità, il cui attuale rappresentante è Malcolm, giunto ormai al suo settantesimo anno di servizio e, perlomeno nelle speranze del primogenito Steve, ormai prossimo alla pensione. E' stato proprio Steve, infatti, a svecchiare il sistema delle consegne, ora affidato a una nave ipertecnologica e a squadre altamente specializzate di elfi che, forti delle loro tattiche S.W.A.T., assicurano il recapito veloce ed efficiente di qualunque regalo, in qualunque parte del globo. Ma anche nel sistema più performante che si possa immaginare può presentarsi una falla: e infatti, proprio quando tutto sembrava essere stato portato a termine con il consueto successo, si scoprirà che un regalo non è stato consegnato. Nonostante le statistiche parlino chiaro, affermando che la percentuale di fallimenti non è mai stata tanto infinitesimale, Arthur rimarrà indifferente ai freddi numeri e, con l'inatteso aiuto di Nonno Natale, partirà alla volta dell'unica casa spoglia di doni, affinché nessun bambino possa dirsi deluso dall'operato della famiglia. Ogni anno le sale sono invase da film dedicati all'argomento natalizio, spesso forti più della necessità degli spettatori di un po' di rassicurante buonismo, piuttosto che di un effettivo valore cinematografico. Ma non è questo il caso: la Aardman, nota ai più per aver creato Wallace & Gromit e qui alla sua prima esperienza con la computer grafica e la tecnologia 3D, ha confezionato un film capace di far divertire anche gli spettatori meno coinvolti dallo spirito natalizio, e che difficilmente si farebbero imbonire da banali celebrazioni di bontà e altruismo. Il lavoro di Sarah Smith è infatti tutto fuorché una pedissequa esaltazione dei buoni sentimenti: anzi, la famiglia Natale, seppur senza arrivare a risvolti drammatici, è lacerata dai conflitti interni. Steve ambisce alla consacrazione del proprio impegno attraverso l'ambita promozione, Malcolm, ormai una semplice figura di rappresentanza, non vuole mollare le redini e abbandonare la rassicurante adorazione dei suoi sottoposti, il vecchio Nonno rifiuta di farsi mettere in secondo piano dall'avanzare della tecnologia, e rivendica la portata epica delle proprie imprese. E poi c'è Arthur, pasticcione e difficile da collocare nell'asettico meccanismo in cui si è trasformato il Natale, ma anche l'unico a cui ancora il Natale interessa per quello che dovrebbe essere: un momento di pace, di felicità, rallegrato dalla giusta dose di consumismo e, quindi, di regali, perché almeno per un giorno non ci siano differenze, e perché ogni bambino possa veder realizzato un suo desiderio. Questa visione contemporanea, finalmente non idealizzata, della figura di Babbo Natale rende la storia di Arthur godibile sia ai più piccoli che agli spettatori ormai adulti, che apprezzeranno anche l'accurato lavoro di caratterizzazione psicologica effettuato sui personaggi. All'universalità della pellicola contribuisce anche una buona dose di umorismo, che emerge nella necessità di far interagire gli aspetti invariabili del mito con la tecnologia su cui la macchina natalizia si fonda attualmente, soprattutto nella persona dell'ipercinetica elfa Bryony, emblema della coabitazione, produttiva ma spesso anche difficile, di queste due nature. Grazie ad un character design che rimanda evidentemente alla storia della casa produttrice e a un'implementazione ben realizzata della stereoscopia, Il figlio di Babbo Natale è un piacere anche per gli occhi: unito alla facilità con cui la sceneggiatura ha saputo innestare su un immaginario ormai consolidato riflessione niente affatto banali, e a momenti di genuina ironia, questo rende la pellicola un'occasione piacevole per tutti per omaggiare, senza melensaggine e condiscendenza, il vero spirito del Natale.
Movieplayer.it
3.0/5