Scrivere la recensione de Il mostro della cripta, che arriva in sala dopo l'anteprima mondiale fuori concorso al Locarno Film Festival (rigorosamente in fascia oraria prossima alla mezzanotte), significa abbracciare il nobile tentativo di ravvivare l'esercizio cinematografico nostrano tramite una simpatica opera di genere che rilegge in chiave ironica ma affettuosa gli anni Ottanta per parlare a modo suo della passione per la settima arte in sé, di quella voglia di contribuire con fare personale all'immaginario collettivo, che sia nazionale o internazionale. Una passione che traspare in ogni inquadratura del nuovo lungometraggio di Daniele Misischia, da anni uno dei nomi di riferimento nel panorama dell'horror italico e qui supportato sul piano dell'arrivo in sala da Vision Distribution oltre che dalla mano produttiva dei Manetti Bros. (che hanno anche diretto il prologo ambientato a Roma), con l'aggiunta della prestigiosa vetrina locarnese per agevolare il percorso internazionale del film.
Accadde in Emilia-Romagna
Il mostro della cripta è ambientato a Bobbio, la città di Marco Bellocchio e de I pugni in tasca, come sottolineato anche dal protagonista Giò Spada mentre si lamenta del tedio quotidiano in un paesino dove anche l'offerta cinematografica non è molto incoraggiante nei confronti dei giovani, complice una sala d'essai dalla programmazione per lui poco invitante (come dice Giò, al terzo film di Nanni Moretti ci si è giocati la clientela di una determinata fascia d'età). Cosa rimane, quindi? La voglia di passare dietro la macchina da presa, realizzando un progetto horror molto artigianale con gli amici, non senza incidenti di percorso (la coetanea Vanessa, di cui Giò è invaghito, non apprezza particolarmente interpretare la vittima per via del ketchup usato per simulare il sangue), e poi la lettura del suo fumetto preferito, dove si parla appunto di un presunto mostro residente in una cripta nella zona di Bobbio. E quando la gente comincia a morire in circostanze brutali e misteriose, scatta l'interrogativo: e se il fumettista Diego Busirivici non si fosse inventato tutto di sana pianta?
Il mostro della cripta: il poster del film in esclusiva e i segreti di una lavorazione complicata
Nostalgia letale
Siamo nel 1988, l'anno di film come Zombi 3, Nightmare 4 - il non risveglio e Il nido del ragno, quest'ultimo significativo sul piano simbolico in quanto primo progetto a cui ha lavorato come creatore degli effetti speciali Sergio Stivaletti, che ricopre il medesimo incarico in questa sede. La serie televisiva I racconti della cripta era dietro l'angolo, e in campo fumettistico erano due anni che i lettori italiani potevano apprezzare le avventure di Dylan Dog. Questi sono alcuni degli sprazzi, espliciti o meno, presenti nell'universo concepito da Daniele Misischia, classe 1985 ma forse già allora perfettamente calato in un mondo a base di suggestioni inquietanti e spassose in egual misura. Il gioco citazionistico non è fine a sé stesso, ma pone le basi per un'avventura molto personale che sprizza amore per il mezzo cinematografico da tutti i pori, combinando un coming of age dal sapore universale con un pizzico di nostalgia specifica per gli anni in cui anche un film amatoriale richiedeva un minimo di troupe e mezzi tecnici e non era contemplata l'opzione dello smartphone come macchina da presa.
Il meccanismo non è sempre oliato alla perfezione, soprattutto nella parte finale dove la soluzione dell'enigma è, forse inevitabilmente, meno interessante del mistero in sé. Però il ritmo regge, il fascino artigianale rimane costante e il cast di giovani attori convince, con il supporto di un comprimario di lusso, ben calato in questo tipo di universo, che è Lillo Petrolo nel ruolo del fumettista. Non siamo più dalle parti del "So' Lillo", ma l'energia è la stessa, con la voglia di far ridere che accomuna la sensibilità dell'attore a quella del regista, la cui poetica trova la sua giusta espressione in quello che è un discreto pezzo di cinema di genere tricolore, nella speranza che l'uscita estiva non lo penalizzi eccessivamente.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione de Il mostro della cripta, ribadendo come il nuovo film di Daniele Misischia esprima tanto amore per il cinema e un efficace meccanismo di horror e risate compensano una scrittura che a tratti si fa claudicante. Notevole l’effettistica a cura del veterano di genere Sergio Stivaletti, spassosi i giovani attori affiancati da Lillo.
Perché ci piace
- L'ambientazione ironicamente cinefila è molto efficace.
- Gli attori si prestano al gioco con molta simpatia.
- La qualità artigianale degli effetti speciali contribuisce al fascino visivo del film.
Cosa non va
- La scrittura va un po' in calando nella parte finale del film.