Il mio corpo, la recensione: esistenze ai margini nella Sicilia di Michele Pennetta

La recensione de Il mio corpo, documentario di Michele Pennetta, disponibile on demand il 26 febbraio sulle piattaforme Zalabb, #iorestoinSALA, CG Digital e dal 18 marzo su Chili.

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Il mio corpo: una scena del film

Alla terza regia, Michele Pennetta plasma un'opera che racconta frammenti di realtà misti a sospensioni meditative, come evidenzia la recensione de Il mio corpo. Film del reale più che documentario, il lavoro di Pennetta, disponibile on demand il 26 febbraio sulle piattaforme Zalabb, #iorestoinSALA, CG Digital e dal 18 marzo su Chili, racconta due personaggi distanti per età e origine, ma al tempo stesso incredibilmente vicini, e non solo a livello geografico. Oscar e Stanley sono i protagonisti di un film che usa pochissimi dialoghi, sempre funzionali, prediligendo il racconto per immagini.

La telecamera di Pennetta vaga per l'entroterra siciliano brullo e semideserto, così distante dalla solare Sicilia turistica da cartolina, per poi soffermarsi sulle poche figurine che si muovono al suo interno. Sul piccolo Oscar che, insieme al padre e al fratello Roberto, recupera elettrodomestici e ferraglia abbandonati in discariche abusive per poi rivenderli a peso o su Stanley, immigrato africano che passa il tempo a pulire la chiesa vicina, svolgendo lavoretti per conto del parroco, o a condurre il bestiame al pascolo. L'adolescente Oscar e l'adulto Stanley condividono la stagnazione di un'esistenza priva di possibilità.

L'uso del paesaggio in funzione narrativa

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Il mio corpo: una scena del film

Ne Il mio corpo, Michele Pennetta sfrutta a dovere le potenzialità del paesaggio siciliano facendone il terzo protagonista con Oscar e Stanley. Uniti per asperità, propensione al silenzio e per l'assenza di orizzonti, che schiaccia i protagonisti umani e non in un mondo apparentemente vasto, ma di fatto troppo piccolo e povero per permettere loro di sognare. Proprio perché nel film è rara, la parola assume valenza massima. E così il dialogo tra Stanley e il compagno di casa Blessed, che rimprovera l'amico di passare troppo tempo dietro ai lavoretti sottopagati proposti dal parroco, con cui a malapena paga la sua parte di affitto, esprime tutto lo smarrimento di due giovani migranti lontani da famiglia, affetti e dal loro paese. "Se avessi il permesso di soggiorno come te me ne sarei già andato dalla Sicilia" sussurra Blessed mentre il riflessivo Stanley replica "quando sarai anche tu nella mia situazione capirai che non è facile. L'integrazione non è facile".

Il Mio Corpo
Il mio corpo: una scena del film

Altrettanto smarrito è l'adolescente Oscar, finito al centro di una disputa tra i genitori visto che la madre se n'è andata con un altro uomo dopo aver denunciato il marito per violenze. Nell'orizzonte di Oscar non ci sono la scuola o gli amici, ma solo le discariche abusive che è costretto a setacciare in cerca di metalli da vendere. A differenza del fratello, più obbediente o forse più rassegnato, il tarlo che rode Oscar lo porta a sfuggire all'autorità paterna con piccole ribellioni che lo mettono in una situazione di perenne e tacito conflitto, ma in ogni occasione in cui il ragazzino si trova a contatto col padre la tensione è palpabile.

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Una narrazione lirica e libera

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Il mio corpo: una scena del film

Quella de Il mio corpo è una narrazione libera, che procede per alternanza e accostamenti tra i due universi paralleli di Oscar e Stanley. Il regista esplora l'arida campagna siciliana, le strade sterrate e petrose arrivando a spingersi fino al mare dove Stanley e Blessed si recano a fare il bagno. Questo è uno dei pochi momenti in cui il film si concede ampio respiro mettendo i personaggi quasi in una situazione di beatitudine (il che ci fa pensare che il nome del coinquilino di Stanley sia più che una fortunata casualità) anche se questa condizione è di breve durata.

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Il mio corpo: una scena del film

La capacità di Michele Pennetta di scavare nell'intimità dei personaggi attraverso la rappresentazione del paesaggio accosta l'autore a un altro stimato documentarista, Gianfranco Rosi. Pur condividendo un simile sguardo lirico e una cura estrema e nella composizione dell'immagine, Pennetta si rivela più materico, più umano. I campi brulli e scoscesi, i nastri d'asfalto simmetrici immersi nel sole abbacinante e i giochi di ombre notturne valorizzati dalla fotografia di Paolo Ferrari non ci distolgono mai dai personaggi. La dimensione umana risuona nella natura come un urlo silente, tacitato dalla rassegnazione e dalla resa a un'esistenza che non sembra offrire nulla di più della mera sopravvivenza.

Conclusioni

La nostra recensione de Il mio corpo valorizza la cura formale di un film del reale che piega l'immagine a scopi narrativi raccontando le esistenze parallele di Oscar, un bambino siciliano che aiuta il padre a raccogliere ferraglia da rivendere per sopravvivere, e di Stanley, immigrato africano che svolge lavoretti vari in attesa di un'opportunità migliore. Storie come tante rese uniche dallo sguardo lirico del regista che offre uno sguardo inedito sull'entroterra siciliano e sui suoi abitanti.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Lo sguardo lirico del regista che si accompagna a una profondità umanità nella descrizione dei personaggi.
  • L'uso del paesaggio siciliano che assume a sua volta valenza di personaggio.

Cosa non va

  • Elegante, poetico, profondo, riuscirà il film a trovare la giusta attenzione presso il pubblico soprattutto nella situazione attuale che concede pochi spazi alla nicchia?