Due adattamenti indiani (di cui uno non ufficiale), uno coreano e, ora, anche un adattamento italiano. Lo spagnolo Oriol Paulo piace molto ai nostri autori, e così dopo il remake di _ Contratiempo_ (manuale di tensione), ecco un'altra ispirazione che arriva da un altro suo lungometraggio, El cuerpo. Iniziamo col dire che la revisione firmata da Vincenzo Alfieri, e tradotta appunto ne Il corpo, è un buon film. Un film di suggestioni, di contesti, di concetti e di dettagli. Non c'è dubbio che la struttura, volutamente oleosa e volutamente fetida, sia di quelle altamente cinematografiche (e in qualche modo volutamente auto-compiaciuta).
Ma non c'è nemmeno dubbio che un remake, pur spirituale e non per forza pedissequo, in qualche modo parta "avvantaggiato". O meglio: l'idea dietro Il corpo, anche se derivativa da una certa narrativa di genere anni Novanta (finalmente sono tornati!), è vincente, ma al contempo non è originale. Lo abbiamo scritto tante volte: non abbiamo nulla contro i remake (pure se potremmo considerarli delle "scorciatoie"), soprattutto se poi l'adattamento ha la forza di ampliare e spaziare nel modo giusto "il punto di vista di qualcun altro". In questo senso, Alfieri, supportato dallo script firmato dall'acuto Giuseppe G. Stasi, riesce a rispettare lo spunto, rafforzando - anche grazie al cast - la sua personale idea di cinema.
Il corpo: thriller tutto in una notte
Ora, la trama de Il corpo è direttamente avvicinabile al thriller duro e puro. Per dire, come nei migliori film di genere, anche qui accadono "cose". Sia in scena che, soprattutto, fuori dalla scena. Dovremmo stare quindi attenti a cosa rivelare, tuttavia possiamo partire dai fatti: Rebecca Zunin (Claudia Gerini), potente e affascinante imprenditrice, viene trovata morta. Una morte misteriosa, e ancora più misteriosa quando il suo corpo sparisce dall'obitorio. Ad indagare sul caso c'è l'ispettore Cosser (Giuseppe Battiston), supportato dall'agente Mancini (Andrea Sartoretti). I sospetti ricadono sull'ambiguo e giovane marito della Zunin, Bruno Forlan (Andrea Di Luigi), doppiamente fedifrago, avendo tradito la moglie sia con sua sorella Gabriella (Rebecca Sisti) che con Diana (Amanda Campana), sua coetanea. Va da sé, che il caso è ancora più intricato di quanto già non sembri.
La forza del cast
Parlavamo di cinematografia, e di quanto Il Corpo, per volere del regista, sia il più possibile caricato di elementi dalla marcata concezione filmica (a volte forza troppo la mano). La torbida e oscura fotografia di Andrea Reitano, che rispecchia l'umore enigmatico e rarefatto della sceneggiatura, e poi citiamo anche la scenografia di Simone Taddei, schematica e razionale, ma pronta a capovolgersi facendoci perdere i punti di riferimento. E poi, l'abbiamo detto, il cast. Su tutti Giuseppe Battiston. Parentesi obbligata perché, nell'istinto spiccato e irascibile di un personaggio perfettamente archetipo, sfodera una delle sue migliori interpretazioni. Tralasciando anche la stramba e casuale coincidenza di rivederlo in un ruolo tanto simile quanto profondamente diverso rispetto al suo detective tv, Stucky.
Come ogni thriller che si rispetti, Il corpo ha poi tutti i crismi di genere ben incastrati, a cominciare dal tempo filmico: se le due ore risultano comunque eccessive, la storia sciorinata lungo una notte - e intervallata da numerosi flashback e svolte oniriche - fa sì che l'ambientazione, i personaggi e il tempo stesso siano un tutt'uno, spingendo ad una riflessione che si allarga verso un disegno che ingloba una viziosa disanima: il cinismo e l'opportunismo odierno riflesso sulla coppia scombinata, capace di ardere e, subito dopo, di implodere, lasciando una scia di appiccicoso marciume. Dall'altra parte, lo stesso pregevole materiale de Il corpo, potrebbe comunque soffrire di una esagerata (e a volte caricaturale?) messa in scena, rendendo barocco un thriller sicuramente turgido e sinuoso, nonché dal grande appeal pop.
Conclusioni
Non c'è dubbio che Il corpo sia un film tecnicamente valido, e narrativamente efficace. Un'ottima storia ben delineata, e sorretta da un cast in parte. Su tutti, Giuseppe Battiston. Ogni interprete, in qualche modo, rispecchia il tono oscuro del film, lavorando tanto sul corpo (infatti) che sulla parola. L'opera di Vincenzo Alfieri, come detto derivativa (è un remake di un ottimo thriller spagnolo), soffre però di un tratto spesso marcato, e un filo compiaciuto. Dall'altra parte, però, struttura e sceneggiatura rendono il film godibile.
Perché ci piace
- La bravura del cast, su tutti Giuseppe Battiston.
- L'atmosfera.
- La tensione ben costruita.
- Il comparto tecnico.
Cosa non va
- A volte troppo caricato.
- ...e troppo compiaciuto.