"Sì grazie, però guarda, un film su Berlusconi proprio no: tutti sanno già tutto su Berlusconi (...) chi voleva sapere sa, poi chi non vuole capire, dai... cosa vuoi informare di più, si sa tutto!" "Vabbè, allora che facciamo? Non facciamo niente? Così vince un'altra volta." "Ma comunque ha già vinto: Berlusconi vent'anni fa, trent'anni fa, con le sue televisioni ci ha cambiato la testa, hai capito?"
Quando, il 24 marzo 2006, Il caimano fa il suo debutto sul grande schermo, l'attenzione e la curiosità attorno al film sono accresciute da quello che, nel frattempo, sta accadendo in Italia. Da lì a sedici giorni, infatti, sono in programma delle elezioni politiche che si preannunciano fra le più accese nella storia repubblicana, con un testa a testa sempre più serrato fra la Casa delle Libertà, coalizione reduce da cinque anni di Governo, e l'Unione, alleanza di centro-sinistra nata dalle ceneri dell'Ulivo. E a catalizzare ineluttabilmente l'interesse mediatico, per ragioni legate non solo a un'infuocata campagna elettorale, è il Presidente del Consiglio in carica, nonché il leader incontrastato dello schieramento di centro-destra: Silvio Berlusconi, determinato a conservare per un altro lustro il proprio posto a Palazzo Chigi.
Il caimano, vale la pena ricordarlo, è anche il film che segna il sospirato ritorno di uno dei cineasti più amati d'Italia, Nanni Moretti, a ben cinque anni di distanza dal precedente La stanza del figlio. Non è la prima volta che Moretti si confronta in maniera diretta con il clima politico italiano: se lo smarrimento del comunismo post-Berlinguer di Palombella rossa appare ormai lontano anni luce, nel 1998 l'attore/regista di Brunico aveva già dato voce alla sua insofferenza nei confronti del leader di Forza Italia in Aprile, consegnando all'immaginario collettivo la frase-tormentone "D'Alema, dì una cosa di sinistra!". Nel 2002 invece, dai microfoni del palco di piazza San Giovanni a Roma, Moretti aveva strigliato con durezza la classe dirigente del centro-sinistra, a causa della quale "non vinceremo mai": uno sfogo in cui si riversava la frustrazione per il trionfo elettorale che, un anno prima, aveva riportato Berlusconi a Palazzo Chigi, forte di un'ampissima maggioranza in Parlamento.
I tre volti del caimano
Quella frustrazione, alimentata da ulteriori anni di contestazioni e di polemiche, viene veicolata da Nanni Moretti nel primo, vero film su Silvio Berlusconi: ne Il caimano, la figura dell'imprenditore salito a capo del Governo italiano viene rievocata infatti all'interno di una struttura meta-cinematografica, con la ricerca dell'attore adatto a interpretare Berlusconi nel coraggioso progetto firmato dalla Teresa di Jasmine Trinca, una giovane sceneggiatrice e aspirante regista. Tre i volti chiamati a incarnare un personaggio assurto a icona amata e odiata in egual misura: uno più mimetico (quello di Elio De Capitani) nelle scene che illustrano i momenti-chiave del copione di Teresa; l'istrionico Marco Pulici di Michele Placido, che intende conferire al suo protagonista un carisma da antieroe malandrino ma, in fondo, accattivante; e infine, in una memorabile sequenza conclusiva, lo stesso Nanni Moretti, che in precedenza aveva rifiutato il ruolo perché "è sempre il momento di fare una commedia".
E Il caimano, del resto, una commedia lo è per davvero, sebbene percorsa da un'amarezza strisciante in cui la dimensione pubblica si intreccia con quella privata e viceversa. Una commedia dolente sull'Italia del cosiddetto berlusconismo, rappresentata dal senso di inadeguatezza e dal solipsismo un po' patetico del Bruno Bonomo di Silvio Orlando, regista in disgrazia che quando realizza di dover produrre un film di denuncia sbotta in un "Io l'ho pure votato, Berlusconi!". Ma alla sfiducia si accompagna anche un'indignazione ribollente, che si manifesta appieno in quel finale di colpo tenebroso e dai contorni quasi apocalittici. Perché lì Moretti, senza bisogno di alcuna aderenza esteriore, sceglie di far materializzare il Berlusconi più autoritario e feroce: quello delle invettive contro la magistratura, della retorica delle "toghe rosse" e della pretesa di non dover rispondere di fronte alla legge.
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Il consenso elettorale come nettare di una hybris pressoché incontenibile: è il tratto distintivo del Berlusconi de Il caimano, ma pure di quello che, fra il 2001 e il 2006, troneggia sulla politica italiana. In tal senso l'opera di Moretti, che a Hollywood sarebbe stata definita un instant-movie, deve il suo immediato successo anche al proprio soggetto narrativo: l'uomo politico che più ha polarizzato giudizi e sentimenti dell'opinione pubblica dal 1994 in poi. Una polarizzazione che, alle elezioni del 9 e 10 aprile 2006, si tramuta in una clamorosa spaccatura dell'elettorato: il centro-sinistra di Romano Prodi, che nei mesi precedenti era stato il favorito secondo i sondaggi, supera la Casa delle Libertà con uno scarto di appena venticinquemila voti per la Camera e ottiene una maggioranza di soli due seggi al Senato. Intanto il 21 aprile Il caimano, che ha già registrato oltre un milione di spettatori, riporta un plebiscito ai David di Donatello con un totale di sei premi, tra cui miglior film, miglior regia e miglior attore.
È il 24 aprile 2018 quando invece fa il suo esordio al cinema Loro 1, prima parte di un dittico (tre ore e venti minuti di durata complessiva) firmato dal regista napoletano Paolo Sorrentino insieme al suo co-sceneggiatore Umberto Contarello e interamente incentrato su Silvio Berlusconi. Dodici anni separano il doppio film di Sorrentino da quello di Nanni Moretti: dodici anni durante i quali la politica italiana ha subito più di un terremoto. Ma se Il caimano era calato nella propria contemporaneità, Loro riparte più o meno da dove terminava la pellicola di Moretti: con il Berlusconi disarcionato dalle elezioni del 2006 e qui ritratto nel bel mezzo di un "esilio dorato" nella sua villa in Sardegna. A riprodurne le sembianze da moderno Trimalcione, con un trasformismo non privo di pennellate grottesche, è Toni Servillo, che esattamente dieci anni prima, sempre per Sorrentino, aveva già indossato la maschera di un'altra, ambigua personificazione del potere, il leader democristiano Giulio Andreotti, ne Il Divo.
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La frenesia dei party selvaggi a cui si contrappone una sommessa inquietudine, sintomo del baratro esistenziale in cui il protagonista affonda giorno dopo giorno: è il trait d'union fra La grande bellezza, titolo della consacrazione internazionale di Paolo Sorrentino nel 2013, e Loro, in cui emerge la solitudine di un miliardario che fa da elemento catalizzatore delle ambizioni di un sottobosco di tirapiedi e aspiranti tali. In Loro 2, seconda parte del dittico, assistiamo alla 'compravendita' di senatori che nel 2008 minerà il secondo Governo Prodi e alla rivincita di Berlusconi alle urne, ma pure alla disgregazione del suo matrimonio con Veronica Lario, la cui dignità ferita è restituita superbamente da Elena Sofia Ricci. Era il 2009: l'anno in cui la Lario, poco prima della separazione dal marito, denunciava a mezzo stampa "la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte". Il film di Sorrentino si interrompe qui, ma il Rubygate (e tutto ciò che ne sarebbe conseguito) era dietro l'angolo.
Se ne Il caimano emergevano il dissenso e la rabbia non tanto verso Berlusconi, quanto per la rassegnazione pigra e conformista dell'Italia di inizio millennio, Loro al contrario assume la prospettiva del grande avversario: il "lui" a cui ci si riferisce costantemente nel film di Moretti diventa l'"io" di cui Sorrentino ci mostra le abitudini gaudenti, le velleità smisurate e le intime miserie. Loro, in sostanza, è un racconto sull'inizio della fine, uscito paradossalmente nel periodo in cui Berlusconi, dopo le elezioni del marzo 2018, vede infrangersi le speranze di tornare al Governo, mentre il bipolarismo fra centro-destra e centro-sinistra viene frantumato dall'apoteosi del Movimento 5 Stelle. È il motivo per cui il film di Sorrentino replicherà solo in parte il successo de Il caimano: se nel 2006 Berlusconi, agli occhi di Moretti (e di qualche altro milione di italiani), era il Moloch da contrastare con tutte le forze, Loro ci offre uno sguardo su un'icona ormai appannata nel bel mezzo di un lento, inesorabile crepuscolo.