Dakota del Sud, nel pieno cuore degli Stati Uniti d'America. Tra le vette delle Black Hills ecco spuntare quattro volti umani, espressioni monumentali che vanno a comporre il Monte Rushmore. Non sono persone qualsiasi, sono le facce di quattro simboli di una nazione intera, personaggi storici che quel Paese lo hanno visto nascere e governato. George Washington, Abramo Lincoln, Thomas Jefferson e Theodore Roosevelt vengono così raffigurati sul granito, imponenti e indimenticabili.
Ma la roccia non è stato l'unico materiale sul quale l'America ha scolpito i suoi presidenti, perché cinema e televisione, materie molto più malleabili e duttili, sono stati usati come mezzi ideali per dare forma a nuovi volti. Al di là del profondo senso etico di Lincoln, delle scelte immorali di Truman e degli scandali sollevati dall'arcigno Nixon, grande e piccolo schermo hanno creato una catena montuosa tutta loro, sulla quale autori e registi hanno ideato delle versioni del tutto fittizie e personali di uno dei simboli più influenti del mondo.
La creatività della fiction ha fornito la possibilità di rappresentare infinite versioni di un ruolo sovraesposto agli occhi del mondo, fonte di speranze collettive e di critiche feroci. A volte succube di questa responsabilità, altre avvinghiato al potere o emblema di sani principi eroici, il Presidente degli Stati Uniti d'America è certamente un personaggio interessante da esplorare nella sfera pubblica come in quella privata. Un'occasione che tanti sceneggiatori non si sono lasciati sfuggire. Per questa volta non ce ne vogliano i grandi Daniel Day-Lewis (straordinario in Lincoln) e Frank Langella (sfuggente in Frost/Nixon - Il duello), perché stiamo per scoprire tutti i volti fantasiosi dell'inquilino della Casa Bianca. Entriamo in punta di piedi nello Studio Ovale e passiamo in rassegna tutte le declinazioni presidenziali, rigorosamente divise per partiti politici, ovviamente.
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Nel centro del mirino
Il confine tra vittimismo e patriottismo è molto labile. Giocando su questo filo sottile, il cinema ha spesso raccontato di un presidente bersaglio di attentati terroristici che, attraverso lui, puntavano ad asserragliare l'intera nazione. Creare un nemico significa forgiare un eroe che lo combatta e, a volte, permettere che il Presidente possa persino cavarsela da solo. È il caso di Harrison Ford che in Air Force One non abbandona l'aereo invaso da spietati assassini per combattere personalmente il male. Come uno 007 improvvisato ma efficace, James Marshall si nasconde, corre, picchia e soprattutto riesce nell'impresa di riabbracciare la sua famiglia. Stelle e strisce che sventolano anche in due film in parte molto simili, usciti persino a pochi mesi di distanza.
In Sotto Assedio - White House Down, "mister catastrofe" Roland Emmerich crea una coppia degna di un poliziesco anni Ottanta. L'agente di polizia Channing Tatum e il presidente interpretato da Jamie Foxx, armato di lanciarazzi, si divincolano tra i cunicoli della Casa Bianca per sventare l'attacco di spietati mercenari. Stessa ambientazione per Attacco al potere - Olympus Has Fallen dove Aaron Eckhart è un Capo di Stato rimasto senza moglie, assai amorevole nei confronti del figlio. Questo non lo risparmia dall'essere preso in ostaggio da un gruppo di ostili nordcoreani. L'unica speranza è nelle mani dell'agente speciale Mike Banning (Gerard Butler) che tenterà di salvare il Presidente e l'immagine di un Paese che, per quanto possa sembrare vulnerabile, difficilmente esce sconfitto.
Grandi oratori
Non tutti i pericoli provengono dal cuore marcio degli uomini; ce ne sono altri, ancora più grandi e temibili, che cadono dal cielo sotto forma di asteroidi o invasioni aliene. Problemi immensi che chiedono al mondo di unirsi sotto un'unica bandiera, possibilmente quella statunitense. Ecco che nei disaster movie il Presidente degli Stati Uniti ricorre puntualmente, come ultimo baluardo dell'eroismo terrestre, attraverso enfatici discorsi pubblici rivolti all'umanità. Momento ricorrente nei film di genere, la declamazione retorica rappresenta spesso il picco emotivo durante il quale il pubblico viene investito da un'ondata di indomabile patriottismo. Il partito dei grandi oratori vede primeggiare il personaggio interpretato da Bill Pullman in Independence Day, un presidente che scende in campo (quello di battaglia) immerso tra jeep e aerei di combattimento, a istruire gli uomini sul valore della libertà. Stesso ruolo ricoperto da Morgan Freeman in Deep Impact e dal Capo di Stato di Armageddon (Stanley Anderson). Un'apparizione breve ma assolutamente indimenticabile, capace di rendere gli sguardi e i passi di Bruce Willis e Ben Affleck ancora più epici e degni di Michael Bay.
Politicamente scorretti
Di bianco e candido c'è solo il colore della loro residenza, perché il loro animo è corrotto, sporco, alterato dall'abuso di potere. Sono uomini infedeli, persone ambigue, individui in cui l'etica si è ridotta ad etichetta per giacche eleganti ma senza valore. Se grandi film come Tutti gli uomini del presidente e Sesso & Potere sono stati significativi fotogrammi del contesto informativo squallido e propagandistico che circonda i luoghi del potere, molte altre pellicole e serie tv hanno dato un volto alle derive immorali della presidenza. Tra i tanti, ricordiamo quello segnato di Gene Hackman che in Potere Assoluto di Clint Eastwood, autore sempre attento al lato politico dell'America, incarna un assassino che non ammette l'esistenza di scomodi testimoni.
Ancora più complessa la visione fornita da Mike Nichols ne I colori della vittoria; qui Jack Stanton (John Travolta), pur mostrando ottime capacità politiche, si rivela inaffidabile nella sfera degli affetti, travolto da un Sexgate degno di Bill Clinton. E se anche anche una commedia leggera come Love Actually - L'amore davvero ha trovato spazio per un politico prepotente e sfacciato come quello interpretato da Billy Bob Thornton, Le idi di marzo ci ha presentato un probabile futuro presidente (George Clooney) capace di infondere disillusione persino nello sguardo di un idealista appassionato come lo Stephen Meyers di Ryan Gosling. Chiudiamo la nostra carrellata su questa coalizione di bad guys con una folgorazione televisiva, ovvero la fame di potere di Frank Underwood in House of Cards. Un uomo vorace e ingordo, vendicativo e spietato, quasi creato apposta per l'eterna ambiguità di Kevin Spacey. Il peggio mostrato al meglio.
Il lato umano dei Presidenti
Lasciamo per un attimo da parte le esasperazioni e proviamo ad entrare nei panni del presidente con un po' di realismo. Le serie tv sono state certamente l'habitat migliore per raccontare nei minimi dettagli le problematiche interne di questo ruolo complesso. La narrazione seriale, infatti, si presta naturalmente ad una disamina molto precisa delle dinamiche di politica e diplomazia. West Wing è senza dubbio un prodotto televisivo che si è soffermato sull'argomento con grande qualità e dovizia di particolari. Il presidente Bartlet (Martin Sheen) fronteggia emergenze e problematiche non solo plausibili, ma strettamente connesse alla reale attualità americana.
Anche se più marginale rispetto alle gesta di Jack Bauer, lo stesso David Palmer di 24 affronta con credibile fermezza situazioni e scelte non sempre facili da gestire. Altra visione seriale è quella di Una donna alla Casa Bianca, dove Geena Davis, ritrovandosi a capo degli Stati Uniti, dovrà difendersi dalle perplessità e dagli attacchi di chi non crede che una donna possa guidare gli Stati Uniti.
Umani, nell'accezione che richiama l'intimità del privato, anche altri due ritratti cinematografici, molto più romantici. Aaron Sorkin, stesso autore di West Wing, qualche anno prima aveva esplorato il cuore indomito di Andrew Sheperd (Michael Douglas) che in Il presidente - Una storia d'amore, pur di seguire i suoi sentimenti, mette da parte la sua credibilità pubblica. Molto più inverosimile ma interessante, perché basata sul tema dell'immagine in poltica, la storia di Dave - Presidente per un giorno, dove il sosia di un presidente poco esemplare, uomo semplice e umile, guadagna la stima di colleghi e first lady, imparando anche a riconoscere il marcio che gli gira attorno.
Tra satira e parodia
La satira si è sempre nutrita del potere, senza il quale neanche esisterebbe. Va da sé che tantissimi prodotti audiovisivi abbiano creato delle loro maschere per un carnevale del potere al quale il presidente non poteva proprio mancare. Un approccio che già nel 1933 permise al canzonatorio Rufus Jones for President di ironizzare sull'elezione di un bambino di colore. Ma il leader assoluto di questa fazione è il fantastico Peter Sellers di Il dottor Stranamore, ovvero come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba, dove un tragicomico e derisorio Stanley Kubrick mette in scena una telefonata cult.
Tra tutte le belle frasi ad effetto pronunciate da un politico, ce n'è una particolarmente emblematica: "I politici sono come i pannolini. Li devi cambiare spesso e per lo stesso motivo". L'autore è Tom Dobbs, uno showman satirico che decide di candidarsi alla Casa Bianca. L'uomo dell'anno, con un Robin Williams sempre in forma, rappresenta un ritrovo tra l'attore e Barry Levinson che dopo Good morning, Vietnam tornano a dare il giusto valore alle parole. E visto che parliamo di maschere, è davvero impossibile non incontrare Jack Nicholson sulla nostra strada. E allora eccolo impersonare un presidente inetto e ciarlatano, giustamente punito dagli alieni fuori di testa immaginati da Tim Burton in Mars Attacks!. Infine, senza dimenticare le derive demenziali di Hot Shots! 2 e della saga di Scary Movie, dove Lloyd Bridges e Leslie Nielsen sono più rimbambiti che mai, ricordiamo che in tv persino Lisa Simpson è diventata Presidente degli Stati Uniti. Succede nel diciassettesimo episodio dell'undicesima stagione (Bart al futuro) della serie, per l'orgoglio e la gioia di papà Homer. Nella Casa Bianca i divani non mancano.