Amo cambiare completamente personalità, creare qualcosa di radicalmente differente da me stessa. Voglio immergermi in profondità nei miei ruoli... altrimenti, qual è il senso?
Bon anniversaire Marion
Appena dieci anni fa era una delle promesse del cinema francese: una star emergente in patria, ma che al di fuori dei confini della Francia si era fatta notare tutt'al più per la sua apparizione in Big fish - Le storie di una vita incredibile di Tim Burton (era Joséphine, la moglie di William Bloom). Oggi, al momento di tagliare il traguardo dei quarant'anni, Marion Cotillard è universalmente conosciuta come una delle più talentuose attrici del mondo, nonché come una delle più ammirate icone di eleganza dello show business (soprattutto da quando, nel 2005, è stata scelta come Lady Dior, collaborando in campo pubblicitario perfino con David Lynch).
E per chi ama il cinema, nell'arco di quest'ultimo decennio è stato impossibile non restare ammaliato più e più volte dall'intensità e dal carisma di questa diva raffinata ed eterea, capace di racchiudere in sé l'allure di una star d'altri tempi e il trasformismo di un'interprete coraggiosissima: un'interprete che, dai blockbuster di fantascienza hollywoodiani ai più minimalisti film d'autore europei, ha riempito lo schermo con una grazia ed un pathos davvero rari.
Dal Taxi a Lady Macbeth: Marion mon amour
Parigina di nascita, figlia di una coppia di genitori appartenenti al mondo del teatro (Jean-Claud Cotillard e Niseema Theillaud), Marion assimila per via genetica la passione per la recitazione, e nel 1998, dopo qualche anno di gavetta, è la co-protagonista femminile della commedia Taxxi di Gérard Pirès. Il film, prodotto da Luc Besson, è un successo di proporzioni gigantesche, con oltre sei milioni di spettatori solo in Francia, e vale alla ventritreenne Marion la nomination al César come miglior attrice emergente. Diventata all'improvviso una superstar in patria, la Cotillard consolida la propria popolarità in ascesa con i due fortunatissimi sequel di Taxxi (nel 2000 Taxxi 2 oltrepassa addirittura la soglia dei dieci milioni di biglietti venduti); nel 2003 è protagonista del film sentimentale Amami se hai coraggio accanto a Guillaume Canet, che in seguito diventerà il suo compagno (i due sono tuttora una coppia e hanno un figlio di quattro anni, Marcel), e nel 2004 prende parte al kolossal bellico Una lunga domenica di passioni di Jean-Pierre Jeunet, ottenendo il premio César come miglior attrice supporter.
Ma è il 2007, con La vie en rose, il momento della consacrazione internazionale: il film di Olivier Dahan dedicato alla vita di Edith Piaf fa conoscere la Cotillard alle platee di ogni angolo del pianeta, portandola fino al palco degli Academy Award. Da allora Marion ha continuato a dividersi fra l'Europa e l'America, facendosi dirigere da registi del calibro di Woody Allen, che nel 2011 le affida il ruolo della misteriosa e sensuale Adriana in Midnight in Paris, e di Christopher Nolan: nel 2010 è Mal, letale "donna fantasma" per il Dom Cobb di Leonardo DiCaprio in Inception, mentre due anni dopo è l'ambigua Miranda Tate, che irretisce il Batman di Christian Bale ne Il cavaliere oscuro - Il ritorno. Quest'anno, la Cotillard ha prestato la voce alla Rosa nelle versioni in inglese e in francese del film d'animazione Il piccolo principe e si è confrontata con uno dei personaggi più celebri della letteratura mondiale: Lady Macbeth, antieroina shakespeariana per eccellenza, nel Macbeth diretto da Justin Kurzel (da novembre nelle sale italiane), accanto a Michael Fassbender. Ancora in coppia con Fassbender e per la regia di Kurzel, l'attrice è impegnata al momento nelle riprese del film d'avventura Assassin's Creed, ispirato all'omonimo videogame e in uscita alla fine del 2016.
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E sempre per il 2016, dovremmo rivedere Marion (il condizionale è d'obbligo: ci rimettiamo al buon cuore dei distributori italiani) in altri due progetti ancor più interessanti: Mal de pierres di Nicole Garcia, un melodramma romantico da un romanzo di Milena Agus, in cui sarà la partner di Louis Garrel; e Juste la fin du monde, storia familiare diretta da Xavier Dolan, con Gaspard Ulliel, Vincent Cassel, Nathalie Baye e Léa Seydoux. Nell'attesa, oggi festeggiamo i quarant'anni di Madame Cotillard andando a riscoprire i cinque ruoli più belli di un'attrice che ha ancora tantissimo da regalarci...
5. La pupa del gangster: Nemico pubblico
Il primo impegno post-Oscar a Hollywood di Marion Cotillard, nel 2009, è stato in Nemico pubblico - Public Enemies di Michael Mann, superbo gangster movie ispirato alla parabola criminale del famigerato John Dillinger nell'America degli anni Trenta. Accanto al protagonista Johnny Depp, la diva francese rischiava di restare ingabbiata nel classico archetipo della "donna del gangster", pronta a lasciarsi travolgere dalla romantica irruenza e dalla famelica brama di vita di Dillinger. Ma Billie Frechette, fascinosa guardarobiera a cui basta uno scambio di sguardi per conquistare il cuore del "nemico pubbico numero uno", nell'interpretazione della Cotillard diventa una donna volitiva e credibile, in cui il sotterraneo desiderio di rivalsa sociale si fonde con la genuina passione per il bandito; e la sequenza in cui Billie viene sottoposta all'interrogatorio degli agenti dell'FBI mette in luce appieno la bravura di Marion, che nello stesso anno ha preso parte a un'altra prestigiosa produzione americana, Nine, il musical di Rob Marshall ispirato al capolavoro 8½ di Federico Fellini.
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4. Un'immigrata fra due amanti: C'era una volta a New York
Ancora una prova in lingua inglese per Marion Cotillard, che tuttavia per questo film ha dovuto anche imparare a recitare in polacco: si tratta di The Immigrant, presentato al Festival di Cannes 2013 e distribuito in Italia con il titolo C'era una volta a New York. La Cotillard, che ha coronato il sogno di lavorare con il regista James Gray, presta il volto a Ewa Cybulska, un'immigrata polacca che nel 1921 approda ad Ellis Island, ritrovandosi di colpo sola e in condizioni di estrema povertà. Ad offrire a Ewa una prospettiva per il futuro è il losco Bruno Weiss (Joaquin Phoenix), che le procura un ingaggio come ballerina presso un teatro newyorkese e la induce a prostituirsi; ma l'incontro con l'illusionista Emil (Jeremy Renner), cugino di Bruno, innescherà un torbido triangolo dagli esiti fatali. In questo melodramma in costume, percorso da un bruciante senso di tensione, Marion fa emergere la fragilità, la paura e la sofferenza di una giovane donna divisa fra due uomini, regalando un'altra performance magnifica. Purtroppo il film, distribuito negli Stati Uniti da Harvey Weinstein in sordina e con quasi un anno di ritardo, è passato semi-inosservato al box office, nonostante le lodi della critica.
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3. Baby, you're a firework: Un sapore di ruggine e ossa
Il dolore e la determinazione: il corpo come barriera e l'insopprimibile volontà di riprendere a vivere, di tornare a danzare insieme alle orche, di sentir esplodere dentro di sé i fuochi d'artificio. In Un sapore di ruggine e ossa, diretto dal regista francese Jacques Audiard a partire da una raccolta di racconti di Craig Davidson e presentato al Festival di Cannes 2012, Marion Cotillard si cimenta in uno dei suoi ruoli più complessi e struggenti: Stéphanie, un'addestratrice di orche che, a causa di un incidente durante uno spettacolo al parco acquatico Marineland, perde entrambe le gambe. A smuovere la donna dallo stato di depressione in cui è piombata sarà Ali van Versch (Matthias Schoenaerts), un giovane spiantato con un figlio da mantenere, che instaurerà con Stéphanie una relazione sentimentale. La sapiente regia di Audiard e l'istintiva alchimia fra la Cotillard e Schoenaerts rendono Un sapore di ruggine e ossa un melodramma coinvolgente e immersivo, nella sua viscerale fisicità, accolto con meritato entusiasmo da critica e pubblico.
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2. Il calvario di Sandra: Due giorni, una notte
È stata una delle sorprese più gradite della scorsa edizione degli Academy Award, che ha visto Marion Cotillard aggiudicarsi finalmente la sua seconda nomination all'Oscar: un riconoscimento doveroso per la diva francese, che ha rinunciato ad ogni traccia di fascino e di glamour per calarsi nei panni di una donna comune impegnata in una sovrumana lotta per mantenere il proprio lavoro e la propria dignità. In Due giorni, una notte, uno dei vertici della filmografia dei fratelli Dardenne, presentato al Festival di Cannes 2014, Marion impersona infatti Sandra Bya, operaia in un piccolo centro industriale del Belgio, messa di fronte a una sfida durissima: convincere i propri colleghi a rinunciare a mille euro di bonus in busta paga per permetterle di conservare il proprio posto in fabbrica. Nel corso di un weekend emotivamente logorante, Sandra dovrà confrontarsi quindi con molteplici realtà, mentre lo spettatore la accompagna in un percorso sempre più amaro e difficile. E se il film dei Dardenne colpisce come un pugno allo stomaco è soprattutto grazie alla prova della Cotillard, che oltre alla candidatura all'Oscar ha ricevuto anche lo European Film Award come miglior attrice.
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1. Ritratto di Edith Piaf: La vie en rose
È il ruolo capace di segnare un'intera carriera. E ancor di più, è una di quelle performance miracolose che, a prescindere dal film stesso, riescono a toccare vette di mimetismo e di commozione con pochi eguali. Ne La vie en rose, la pellicola biografica dedicata dal regista Olivier Dahan alla figura di Edith Piaf, chanteuse per eccellenza della musica melodica francese, Marion Cotillard si trasforma davanti ai nostri occhi nella Môme Piaf, assumendo sul proprio viso e sul proprio corpo le passioni, le inquietudini, le euforie e i tormenti della leggendaria cantante. Basterebbero due singole scene, forse le più belle del film, a dare conferma dell'immensa bravura della Cotillard: Edith, in preda all'isteria subito dopo aver appreso della morte dell'amato Marcel Cerdan, si aggira nel proprio appartamento, in cerca dell'uomo al fianco del quale credeva di essersi risvegliata; e l'ultima apparizione della donna all'Olympia di Parigi, quando ormai, minata irrimediabilmente nella psiche e nel fisico, la Piaf si produce in quel brano, Non, je ne regrette rien, che costituisce un ideale "canto del cigno", ma anche un accorato inno alla vita.
Presentato al Festival di Berlino 2007, La vie en rose è stato accolto da un enorme successo di pubblico, tanto in patria (cinque milioni di spettatori solo in Francia) quanto nel resto del mondo, ed ha permesso ad una sensazionale Marion Cotillard di vincere il premio Oscar come miglior attrice (sarà la prima ed unica interprete ad aver vinto un Oscar per una performance in lingua francese), insieme al Golden Globe, il BAFTA Award e il premio César.
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