Di crime, gli spettatori non ne hanno mai abbastanza. Soprattutto se sono true e quindi partono da una storia vera, che viene spesso romanzata. In Happy Face, ogni venerdì su Paramount+, si mescolano entrambi gli elementi quando il killer degli smile diventa un pretesto narrativo per raccontare un thriller molto più ampio e una verità nascosta che parli del rapporto tra genitori e figli e soprattutto di ciò che passa di generazione in generazione. Male compreso.

Melissa G. Moore ha creato il podcast di successo omonimo con iHeartPodcast per provare a sensibilizzare le persone su quanto le era accaduto e farne nascere qualcosa di buono. Da lì è venuta alla luce l'autobiografia Shattered Silence, scritta dalla Moore con M. Bridget Cook, e ora la serie tv. Ma qual è la storia familiare che si cela dietro le indagini che portano avanti i personaggi?
Happy Face: figlia felice, famiglia felice
All'età di 15 anni, Melissa G. Moore vede la sua vita spensierata e felice andare in frantumi quando scopre che il padre, a cui è molto legata, è in realtà il prolifico serial killer che, all'inizio degli anni '90, uccise otto donne. Da adulta, decide di cambiare nome, facendosi una propria famiglia e custodendo il suo segreto mentre il padre sconta l'ergastolo. Conosciuto come Happy Face Killer perché si firmava sempre con facce sorridenti (i cosiddetti "smile") nelle sue lettere ai media e alle autorità - nel serial lo fa anche con Melissa - l'uomo aveva una tipologia di vittima e un modus operandi generici.
Allo stesso tempo non aveva alcun legame con loro, quindi fu davvero difficile identificarle e trovare un fil rouge per smascherarlo ed arrestarlo. Questo perché erano soprattutto senzatetto e prostitute, ovvero persone che incontrava durante i suo viaggi con il camion. Le strangolava, proprio come faceva con gli animali quando era piccolo - segno di volontà di controllo su un altro essere umano, dato che si fa spesso a mani nude, soprattutto se si è robusti e corpulenti come lui. Figlio di un padre e un nonno violenti e forse anche abusatori. Un comportamento già visto in altri assassini seriali, che già molto giovani danno segni di squilibrio mentale.
Attenzione mediatica
L'ultima vittima di Jesperson fu anche quella che portò alla sua cattura. Nonostante confessò di aver ucciso almeno 185 persone, solo otto omicidi gli sono stati ufficialmente attribuiti. Nella finzione di Happy Face ammette un ulteriore crimine alla figlia per poterla rivedere in carcere. Lo fa alla presenza della produttrice Ivy Campbell dello show-nello-show dove "Missy" lavora come truccatrice, il Dottor. Greg che si occupa proprio delle vittime di cronaca nera e soprattutto delle loro famiglie che rimangono. Una vittima fino a quel momento sconosciuta per la quale sta scontando la pena un uomo forse innocente.

Il vero Jesperson e la moglie si sposarono giovanissimi, ancora ventenni, avendo tre figli - nella serie Melissa è legata soprattutto al fratello che vive lontano. Faceva il camionista e quindi questo gli permetteva di viaggiare molto con una giustificazione e incappare in coloro che sarebbero diventate le sue vittime. La moglie lo lasciò nel '90 sospettando un tradimento: quell'anno dovrebbe corrispondere alla sua prima vittima ovvero Taunja Bennett.
A quel punto iniziarono le lettere alla polizia e alla stampa per "farsi conoscere": per fare le cose in grande confessò addirittura un omicidio sul muro del bagno alla fermata di una stazione di servizio, firmandola con lo smile. Un gesto in seguito ad una coppia accusata dell'assassinio di una vittima successiva, senza ottenere subito l'attenzione desiderata. Nel 1995 venne arrestato per l'omicidio della sua ragazza, Julie Winningham. Collaborò in modo altalenante con le autorità, ritrattando più volte, per poi infine confessare anche gli altri crimini e venire condannato all'ergastolo, che sta scontando tuttora in Oregon. Scrive ancora lettere che invia ai media insieme ad opere d'arte fatte in carcere.
Di padre in figlia

Nel novembre 2008 la figlia di Jesperson, Melissa G. Moore, apparve nella trasmissione televisiva Dr. Phil - che ricorda il Dr. Greg della serie tv - oltre all'Oprah Winfrey Show e nello speciale di 20/20. Lei stessa si era accorta, senza volerlo comprendere e ammettere fino in fondo, della crudeltà del padre verso gli altri, nello specifico i gatti del quartiere, quando era piccola, rimuovendo inizialmente quel ricordo come meccanismo incosciente di difesa.