Un luogo può diventare non solo un personaggio che respira in un'opera letteraria e audiovisivo ma anche uno strumento narrativo che si fa portatore di un determinato messaggio e significato. L'incredibile avviene quando lo stesso posto viene utilizzato da progetti diversi in maniera differente ma soprattutto quando questi vengono presentati nello stesso periodo al pubblico, che ha modo quindi ancora di più di coglierne similitudini e differenze.

L'arrivo quindi della nuova miniserie Il Gattopardo interamente disponibile in streaming su Netflix e, settimanalmente, della serie L'arte della gioia in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW, ha permesso agli spettatori più attenti di notare un particolare non da poco: la villa al centro delle vicende è la stessa ma l'utilizzo che ne hanno fatto è diverso, a volte quasi opposto. Ma vediamo meglio nel dettaglio.
Una Villa per domarli e nel buio incatenarli...

Villa Valguarnera è la location scelta da entrambe le produzioni affinché rispecchiasse la nobiltà raccontata nei due mondi, entrambi provenienti da una matrice letteraria. L'ingresso della tenuta si trova nella piazza centrale di Bagheria a pochi chilometri da Palermo. Una volta varcato il monumentale cancello che la racchiude, ci si può incamminare lungo il viale maestoso che conduce all'imponente facciata settecentesca, in una corte ad esedra, attraversando i giardini che rappresentano l'esempio più importante tra quelli privati del '700 siciliano.
L'edificio fu costruito da un allievo del Bernini con la pianta a forma di Chiave della Conoscenza. Uno dei primi esempi di architettura neoclassica, ha ispirato palazzi europei costruiti da Schinkel e Dufourny, tra gli altri. Una configurazione peculiare e aperta, che fa respirare tutta l'aria della campagna, fino alla vetta della Montagnola. La proprietaria ha fatto in modo di restituirla alla regione e alla Film Commision in modo che potesse affittata anche per riprese cinematografiche televisive, anche negli interni.

Dall'imponente scalinata fino ai quattro saloni, compreso quello da ballo, al piano superiore, pieni di affreschi - una scena del terzo episodio del nuovo Gattopardo lo sottolinea - e ampie vetrate che permettono di ammirare il panorama marittimo unico. Ci sono poi quattro camere da letto tra cui la principale con boudoir e bagno privato, una grande cucina fornita di ampia dispensa, una sala della musica e ben tre terrazzi.
Il Gattopardo: l'ultimo edificio a cui appigliarsi
Villa Valguarnera nella serie Netflix diventa la casa dei Principi di Salina, una sorta di rifugio contro il mondo là fuori che sta cambiando repentinamente. Ma, come dice Tancredi, "Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi". L'edificio rappresenta la principale proprietà del Principe di Kim Rossi Stuart, oltre a quella estiva di Donnafugata, dove fa lunghe colazioni, pranzi e cene con la sua numerosa famiglia.
Una sorta di roccaforte che vuole tenere al sicuro dagli "invasori", ovvero le camicie rosse di Garibaldi arrivato per unificare l'Italia sotto un unico potere. Proprio di potere e di controllo, che l'aristocrazia sta perdendo, parla la serie partendo dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, un po' come aveva fatto Downton Abbey con la sua iconica tenuta. Se però lì si trattava di un edificio che ha saputo adattarsi al tempo insieme ai suoi occupanti, i Salina sembrano essere meno inclini ad accettare la loro sempre meno rilevante importanza in città e l'inizio della caduta dell'aristocrazia a favore del popolo e della borghesia (rappresentata dal sindaco Sedara).

Il luogo dove Il Gattopardo voleva tenere tutti al sicuro è anche quello che per Concetta (Benedetta Porcaroli), divenuta più centrale in questo adattamento a cura di Richard Warlow, può essere tanto un'ancora di salvezza per non dover rientrare in convento, quanto una sventura in cui il padre-padrone può disporre di lei come una pedina tra matrimoni combinati e altri magheggi, nonostante sia la sua preferita insieme al nipote Tancredi (Saul Nanni).
Libertà e prigionia allo stesso tempo. Gli immensi giardini sono altrettanto fondamentali non solo per gli incontri clandestini dei personaggi, come la coppia appena citata, quanto per il ritrovamento del soldato morente che fa capire al Principe quanto sia imminente l'arrivo dei suoi colleghi. Un'area che il suo aguzzino (Francesco Di Leva) si preoccupa di tenere al sicuro, come gli chiederà il Principe.
L'arte della gioia

Altra serie, altri principi. Si tratta della famiglia Brandiforti, capitanata dalla matriarca Gaia, interpretata da una strepitosa Valeria Bruni Tedeschi che regge sulle proprie spalle, insieme alla protagonista Modesta (la rivelazione Tecla Insolia) la seconda parte della storia, in cui entra in gioco la suddetta villa. Che in realtà ricrea esterni ed interni del palazzo raccontato nel romanzo di Goliarda Sapienza: insieme ad essa sono state infatti utilizzate Villa Trabia, Villa Spedalotto e Villa Palagonia, tutte situate a Bagheria, oltre a Villa Parisi a Frascati. Una scelta della regista Valeria Golino per riuscire a restituirne la labirintica costruzione descritta nel libro, insieme alla magnificenza.
Questo perché sono tre gli ambienti principali che mostrano il percorso progressivo à là Salturn di Modesta: dalla casa di campagna dove viveva con la madre e la sorella, bruciate in un terribile incendio, al convento dove trova rifugio grazie alle attenzioni di Madre Leonora (Jasmine Trinca) fino alla residenza della famiglia di quest'ultima, di nobile lignaggio. L'edificio doveva rappresentare lo sfarzo eccessivo ma anche decadente dei Brandiforti, che sempre più si rifugeranno tra quelle mura così immense eppure così claustrofobiche, anche durante la peste.
Non solo: ci sono due ali dell'abitazione che non vengono minimamente vissute dalla padrona di casa: quella laterale, che viene costantemente pulita nonostante i vari parenti che vi abitavano siano progressivamente morti, ultimo il figlio prediletto della Principessa in guerra, a rappresentare l'ideologia conservatrice della nobildonna. Quella superiore, in cui vive un'altra parte della famiglia che lei fa quasi finta non esista, tra l'orrore e la crudeltà di cui dimostrerà di essere capace, oltre alla facile noia.

Modesta, dal canto proprio, viene inizialmente sopraffatta dall'immensità di quella struttura, per poi pian piano inizia ad ambientarsi, tanto da imparare a conoscerne tutti gli angoli e gli anfratti, le sale abbandonate a se stesse e soprattutto le persone che la abitano, non accontentandosi mai. In fondo è sempre stata alla ricerca di questo ne L'Arte della Gioia: di una famiglia che la facesse sentire a casa.
Altri film e serie dove appare la Villa
Villa Valguarnera è stata talmente rimessa in vita dall'ultima proprietaria, una scrittrice oltre che di nobili origini della famiglia, che è stata utilizzata altre volte prime di queste due serie tv. Giuseppe Tornatore l'ha voluta utilizzare nel proprio spot pubblicitario girato per Dolce & Gabbana con protagonista Sofia Loren. Dacia Maraini vi ha vissuto insieme ai genitori e vi ha scritto alcun sue opere, tanto da ambientarvi L'amore coniugale. Così come Goethe, Stendhal.

Anche Pino Mercanti l'ha scelta come location de I cavalieri dalle maschere nere (I Beati Paoli) e Ferzan Ozpetek per La dèa fortuna. Vi è nato il cinema subacqueo, raccontato dal museo della Panaria Film. Infine Niccolò Ammaniti ha deciso di ambientarvi la sua serie Anna, tratta dal suo omonimo romanzo, che mostra una Sicilia distopica in cui non ci sono più adulti e in cui quell'edificio diviene il rifugio dei fratelli protagonisti, in mezzo ad una natura sempre più selvaggia.