Good Omens 2, la recensione dei primi cinque episodi: l'apocalisse dell'essere umani

La recensione dei primi cinque episodi di Good Omens 2, la serie con protagonisti David Tennant e Michael Sheen dove la lotta tra paradiso e inferno si ancora al mondo degli esseri umani.

Good Omens 2, la recensione dei primi cinque episodi: l'apocalisse dell'essere umani

Nella lotta tra bene e male, peccati e santità, chissà se la Terra non sia veramente un lembo di purgatorio in cui l'essere umano è destinato a vivere. Senza speculare sul paradigma manicheo tra bene e male, è così che il nostro pianeta pare raffigurato nell'inchiostro tracciato sulla pagina da Neil Gaiman. Non più Eden terreno, o inferno terrestre: il Mondo è una sorta di Limbo abitato da anime chiamate a scegliere autonomamente tra ciò che è buono e ciò che è cattivo. Angeli e demoni si fanno così guide silenti, accompagnatori (in)visibili pronti a sussurrare alle nostre orecchie entro i confini di un discorso di coscienza umana, dove siamo noi a farci fautori del nostro destino, senza miracoli, o intermediazioni divine.

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Good Omens 2: David Tennant, Michael Sheen in una scena

Siamo così di fronte a una matrice perfettamente umana e di libero arbitrio che, come sottolineeremo in questa recensione dei primi cinque episodi di Good Omens 2 (disponibile su Prime Video), pare caratterizzare in toto il ritorno sul piccolo schermo del duo composto dall'angelo Aziraphale (Michael Sheen) e il demone Crowley (David Tennant). È quantomeno necessario sottolineare questo elemento basilare allo sviluppo di questo nuovo, inedito, capitolo, perché è partendo da questa ricerca di protezione costante, e interesse dilagante nei confronti degli esseri umani, che Good Omens 2 va a distaccarsi totalmente dalla stagione precedente. Nessuna apocalisse, nessuna profezia, nessuna (o poca) azione: solo relazioni interpersonali, sentimenti e tentativi più o meno riusciti per nascondere un Arcangelo Gabriele (Jon Hamm) privo di memoria nella libreria di Aziraphale. Un cambio di rotta che può deludere i più fedeli appassionati dell'opera letteraria di Gaiman, ma che se analizzata singolarmente rivela un cuore pulsante di un corpo narrativo legato a quel grembo materno che è la nostra attualità, dove ogni sguardo rubato, ogni parola proferita, o pensiero nascosto, può condurre a un proprio paradiso terreno, o a un inferno interiore. La scelta sta nel mezzo, ed è semplicemente nostra.

Apocalisse (poco) letale, ma tanto umana

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Good Omens: una foto dei protagonisti della seconda stagione

Da road-movie nel tempo e nello spazio - passando per l'aldilà e i suoi regni contrapposti - Good Omens 2 si riduce sopratutto a un buddy-movie in formato seriale, nel quale i giochi di parole, e l'umorismo tipicamente inglese, fanno da leitmotiv di un punto d'incontro costante tra bene e male. In questa modulazione di temi, storie, e linguaggi, a uscirne soprattutto indebolito è il personaggio di Crowley, interpretato magistralmente da un David Tennant in stato di grazia. Il sarcasmo pungente, e quella misantropia dilaniante che caratterizzava il demone nella prima stagione (e, ancor prima, nella sua matrice letteraria) più che farsi totalmente da parte, si edulcora, lasciando così spazio a una bontà d'animo e un livello di sensibilità ben maggiore rispetto alla sua versione precedente. Si crea pertanto un avvicinamento psico-caratteriale dei due protagonisti, dove la polarizzazione dei personaggi si riduce inesorabilmente quasi al grado 0.

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Good Omens 2: una scena della serie

Una scelta non casuale, (anche perché nulla nell'universo di Gaiman è lasciato al caso) ma sintomo di un discorso egualitario dove la lotta tra bene e male viene scarnificata e sostituita con una stretta di mano e un abbraccio sentito. Avvicinando i caratteri, e annullandoi labili confini che tracciano anche i massimi rappresentanti di quei mondi agli antipodi che sono il paradiso e l'inferno, vige tra gli inframezzi dei raccordi una certa forzatura dei legami tra Aziraphale e Crowley. Se da una parte tale scelta risponde in maniera coerente al nuovo linguaggio narrativo impiegato in Good Omens 2, dall'altro destruttura e riduce la potenza dicotomica dei due personaggi, vero fulcro dell'intera opera. Così vicini, così complici, Aziraphale e Crowley vivono su una scala di grigi piuttosto che di intere sfumature di bianco e nero, rendendo meno efficaci quei divergenti punti di vista sul mondo che tanto hanno caratterizzato il successo di Good Omens: un rischio perlopiù evitato grazie soprattutto al talento espressivo dei due attori protagonisti, presta-corpo di personaggi tanto unici, quanto sfaccettati e multiformi.

Good Omens 2, tra rischi e opportunità

E Gaimans scrisse: che sia fatto il sequel, e sequel fu

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Good Omens 2: David Tennant in una scena

Senza una base letteraria da cui attingere, Neil Gaiman ha fatto fronte a tutta la sua sconfinata immaginazione per offrire in dono ai suoi discepoli una storia tanto forte quanto coinvolgente, come quella precedente. Un compito non facile, ostacolato dall'impossibilità di recuperare i canoni e le dinamiche del primo Good Omens, salvo il rischio di ripetizione e auto-plagio. L'autore ha pertanto deciso di intraprendere il percorso più saggio e meno invasivo alla propria creatura: restare fedele all'universo di partenza, ancorandosi ai vizi e virtù degli abitanti di quel pianeta Terra scelto sia come ambientazione principale di questa stagione, che come destinatario ultimo di attacchi di denuncia e caustiche frecciatine qui lanciati sotto forma di battute sarcastiche, e attacchi umoristici.

Good Omens, parla David Tennant: "Crowley pensa di essere veramente figo!"

Generato, non creato, della stessa sostanza del primo Good Omens

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Good Omens 2: un'immagine della serie

Gaiman non ha paura di guardarsi indietro e riscrivere il futuro della sua creatura, stando attendo a non recidere il cordone ombelicale che la lega a quell'impianto iniziale da cui tutto è partito. Nonostante tali rimaneggiamenti, Good Omens 2 riesce in effetti a recuperare tutta quella potenza visiva e ritmica capace di prendere per mano il proprio spettatore, e gettarlo all'interno di una lotta solo apparente tra bene e male. Zoom in avanti; carrellate; panoramiche; un commento musicale coinvolgente ed enfatizzante ogni singolo umore in scena; una fotografia cangiante e perfettamente rispondente ai contesti e/o alle emozioni da affrontare; performance convincenti (una su tutte quella di uno spassoso Jon Hamm) e una verosimiglianza che rende plausibile il vivere a stretto contatto con demoni e angeli: tutto in Good Omens 2 prende il proprio posto in un puzzle vivente dal quale è difficile distaccarsi.

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Good Omens 2: un'immagine di David Tennant

La sua unica pecca è il suo co-esistere in funzione di quella prima stagione (senza dimenticarci l'opera letteraria di partenza) a cui inevitabilmente questo secondo capitolo fa riferimento e viene paragonato come un secondogenito costantemente messo a confronto con quel fratello maggiore così perfetto, così riuscito, così pieno di orgoglio. Non sarà ai livelli della prima stagione, ma alla fine non si può non volere bene a Good Omens 2, nonostante i difetti, nonostante le mancanze, nonostante quel demone poco demone, e quell'attesa infinita per una lotta che tarda ad arrivare.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione dei primi cinque episodi di Good Omens 2 sottolineando come il secondo capitolo della saga nata dalla mente di Neil Gaiman e Terry Pratchett riesca a recuperare e reiterare quella potenza visiva che caratterizzava la stagione iniziale. Ciononostante, la mancanza di azione a causa di un'Apocalisse che non può ripetersi, allenta le dinamiche, affidando tutte le responsabilità e le possibilità di successo, ai propri interpreti e a una sceneggiatura piena di sarcasmo e battute al vetriolo.

Movieplayer.it
3.5/5

Perché ci piace

  • La performance degli attori, tutti ineccepibili nei propri ruoli.
  • La presenza di un Jon Hamm mai così in forma.
  • La colonna sonora.
  • La regia dinamica e capace di enfatizzare la portata di ogni singolo momento.

Cosa non va

  • La mancanza di azione.
  • Il troppo avvicinamento sia sentimentale, che caratteriale tra Aziraphale e Crowley.
  • La mancanza di quella lotta tra bene e male.