Che qualcosa di importante stesse per accadere era ormai evidente da qualche tempo. Lo sconvolgimento politico avvenuto negli Stati Uniti durante il 2020 e all'inizio di quest'anno, e le proteste che hanno interessato la comunità afroamericana, non potevano non coinvolgere anche il mondo dello spettacolo, in particolare quello del cinema. L'Academy of Picture Arts and Sciences ha immediatamente recepito la richiesta di riforme. Già durante lo scorso anno, l'Academy aveva annunciato una profonda revisione delle regole per concorrere agli Oscar e garantito una maggiore inclusione nelle personalità presenti al proprio interno, sia nei ruoli direttivi che tra i membri (ad oggi oltre ottomila), i quali prendono parte alla votazione dei premi annuali. Tali iniziative sono state accolte con favore sia dall'opinione pubblica che dai protagonisti dell'industria cinematografica: dalle grosse major alle case di produzioni minori, fino a registi, attrici e attori, ovvero i volti più rappresentativi del cinema americano e internazionale. I premi rappresentano, infatti, una componente molto importante per la popolarità delle opere del grande e del piccolo schermo, e contraddistinguono non solo un'annata cinematografica, ma spesso raccontano la contemporaneità e sottolineano l'attenzione che viene posta su determinate tematiche affrontate attraverso i film e le serie TV.
Nonostante il forte impulso dato dall'Academy, non tutte le organizzazioni attive a Hollywood sembrano aver colto il necessario messaggio di cambiamento, secondo il quale l'equità tra persone (a qualunque sesso, razza e religione appartengano) e l'abbattimento di ogni barriera sociale devono diventare concreti e irrinunciabili obiettivi da raggiungere. Tra queste, purtroppo, si è contraddistinta negativamente la Hollywood Foreign Press Association (HFPA), formata attualmente da circa novanta giornalisti che rappresentano il cinema hollywoodiano al di fuori degli Stati Uniti, e che dal 1944 assegna i Golden Globe: originariamente solo ai film, e in seguito anche alle produzioni televisive (dal 1956).
Le proteste contro l'HFPA
Già prima dell'edizione 2021, celebrata lo scorso 28 febbraio, il coro di proteste contro l'HFPA si era sollevato con veemenza. Tra i giurati che la compongono, infatti, non vi sono giornalisti neri, un'assenza inaccettabile che toglie inevitabilmente ogni credibilità a un premio che dovrebbe rappresentare tutte le sensibilità presenti negli Stati Uniti, per così dare uno sguardo d'insieme - quanto più vicino alla realtà quotidiana - attraverso lo sguardo di ogni comunità del Paese, senza distinzioni di estrazione sociale. Solo una settimana fa, a distanza di oltre due mesi dalla cerimonia, l'HFPA ha presentato un piano nel quale si parlava di possibili introduzioni di giornalisti appartenenti alla comunità afroamericana, e di un allargamento del numero dei membri iscritti, senza però mostrare un deciso cambio di rotta come altre organizzazioni avevano già fatto. Oltre questo punto, vi erano altri risvolti poco chiari che hanno interessato l'associazione nell'ultimo periodo. Diverse fonti hanno infatti denunciato come l'HFPA avesse ricevuto puntualmente dei "regali" da parte di alcuni studi, affinché molti dei suoi giurati potessero favorire alcuni titoli rispetto ad altri, con tanto di viaggi intercontinentali pagati ed esclusivi eventi in alberghi di lusso ai quali essi avrebbero preso parte. A tuonare contro l'HFPA è stato soprattutto il Los Angeles Times, che aveva parlato di "cultura della corruzione".
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Come se non bastasse, i meccanismi che regolano le scelte di assegnazione delle statuette non hanno una codificazione trasparente, il che li rende parecchio discutibili (e inspiegabili, come spesso si è scritto) diminuendone ulteriormente il peso specifico: da tempo, ormai, non si guarda più ai Golden Globe come all'indicatore più plausibile in vista degli Oscar, ma si rivolge l'attenzione verso i SAG Awards, i Critics' Choice e i BAFTA britannici. A completare il quadro era stato un ulteriore, agghiacciante avvenimento: lo scorso aprile, la HFPA aveva espulso l'ex presidente Philip Berk, il quale in una mail indirizzata ad altri membri aveva citato un articolo in cui il Black Lives Matter veniva definito come "un movimento d'odio razzista". Lo stesso Berk già in passato si era reso, suo malgrado, protagonista di ambigue vicende mai del tutto chiarite.
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La presa di posizione contro i Golden Globe
Ma ad irrompere pesantemente (e forse tardivamente...) sulla questione in questi giorni sono stati alcuni dei protagonisti di Hollywood, e in particolare i pluricandidati agli Oscar Scarlett Johansson, Mark Ruffalo e Tom Cruise.
L'attrice di Storia di un matrimonio e Jojo Rabbit ha dichiarato: "Come attore, quando promuovi un film, ti chiedono di partecipare alla stagione dei premi andando a conferenze stampa e cerimonie. In passato, questo comportava spesso avere a che fare con domande sessiste e commenti di certi membri della HFPA, che erano al limite della molestia sessuale. È il motivo per cui, per anni, ho rifiutato di partecipare alle loro conferenze (Scarlett è stata candidata in cinque occasioni, ndr). È un'organizzazione a cui individui come Harvey Weinstein davano legittimità per ambire all'Oscar e il resto dell'industria si adeguava". Ha poi concluso: "Finché non ci saranno cambiamenti necessari e fondamentali all'interno dell'organizzazione, credo sia arrivato il momento di fare un passo indietro rispetto alla HFPA e concentrarci sull'importanza e la forza dell'unione all'interno dei nostri sindacati e dell'industria in generale".
Alle accuse della Johansson si è poi aggiunto l'amico e collega Ruffalo, che si è detto deluso e scoraggiato per la poca convinzione con la quale l'HFPA aveva annunciato delle riforme, chiudendo con una frase che non lascia spazio a interpretazioni: "Onestamente, come recente vincitore di un Golden Globe (per la mini-serie Un volto, due destini - I Know This Much Is True, ndr) non posso sentirmi orgoglioso o felice di essere destinatario di questo premio".
Ha infine rincarato ulteriormente la dose Cruise, che ha restituito al mittente i tre Golden Globe vinti in carriera (nel 1990 per Nato il quattro luglio, nel 1997 per Jerry Maguire e nel 2000 per Magnolia,): come riportato da Deadline, la decisione dell'attore - già concretizzatasi - ha ulteriormente affondato la HFPA tanto che "il castello di carte dei Golden Globe continua a sgretolarsi".
A chiudere il cerchio è arrivata la decisione del network NBC, che attraverso un comunicato ufficiale ha annunciato come non intenda trasmettere la cerimonia dei prossimi Golden Globe: "Continuiamo a credere che l'HFPA si stia impegnando per compiere una riforma significativa. Tuttavia, un cambiamento di questa portata richiede del notevole lavoro, e pertanto siamo certi che l'HFPA abbia bisogno di tempo per farlo nel modo giusto. Per questo motivo, NBC non trasmetterà i Golden Globes 2022. Supponendo che l'organizzazione metta in pratica il suo piano, speriamo di trovarci in una situazione che ci permetta di mandare in onda lo show successivamente". A questo si sono aggiunte le posizioni in merito di WarnerMedia, Amazon e Netflix, che hanno fatto sapere di aver preso le distanze dall'HFPA dopo le critiche riguardanti la sua etica professionale e la sua composizione.
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La stagione dei premi potrebbe cambiare per sempre
Un terremoto di tali proporzioni sarebbe stato inimmaginabile solo fino a un paio d'anni fa. La stagione dei premi sembrava l'unico momento nel quale la condivisione della passione per il cinema e le serie tv riusciva a toccare il suo apice: le statuette portano la firma di chi le assegna, ma sono indirizzate verso il pubblico, poiché suggellano le migliori opere di un determinato periodo e vengono consegnate alla storia. Ma le logiche che spesso sono nascoste dietro l'assegnazione di un riconoscimento da sempre appaiono sfuggevoli, perché troppo complesse o addirittura sorpassate, e molte scelte spesso hanno lasciato dubbi e perplessità nell'opinione pubblica.
Le denunce che hanno di fatto congelato i Golden Globe, i quali rischiano una cancellazione definitiva dopo aver visto distrutta la propria credibilità, suonano come un tradimento nei confronti del pubblico, che resta la vera anima dell'intrattenimento e il perno sul quale l'industria cinematografica si appoggia sin dai suoi albori. Premi che non si adeguano ai tempi e non colgono il vento del cambiamento - che da anni spira fortemente negli Stati Uniti e nel resto del pianeta - sono destinati a sparire, poiché privi di significato in un mondo che si trasforma e rivendica giustizia, uguaglianza e diritti fondamentali. Movimenti di protesta come il Black Lives Matter o la lotta per la parificazione tra donne e uomini in ogni ambito della società, hanno come fine di regalare alle giovani generazioni un mondo migliore, dove non ci si debba sentire esclusi se si ha un colore della pelle che non sia quello bianco o dove le donne debbano essere sistematicamente sfavorite rispetto agli uomini, e magari relegate a un ruolo di secondo piano. È inaccettabile che un'organizzazione come l'HFPA si sia macchiata di tali comportamenti, e che sia rimasta immobile mentre il dibattito pubblico degli ultimi tempi sta finalmente apportando cambiamenti fondamentali sul fronte sociale, politico e culturale.
Al di là del destino che attende la HFPA, è importante preoccuparsi di come dalle parole si passi finalmente ai fatti, e questo monito deve valere tanto per i Golden Globe quanto per tutti gli altri premi annualmente protagonisti. Perché il cinema è di tutti, nessuno escluso, così come gli Oscar e le altre statuette storicamente apprezzate dagli appassionati di tutto il mondo che, speriamo, possano presto tornare a brillare.
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