Everybody loves zombies! Oggi i morti viventi spopolano sul piccolo e grande schermo, contagiano il period movie e la letteratura classica con PPZ - Pride and Prejudice and Zombies, la fanno da padroni in librerie e fumetterie e le guide per sopravvivere a un'apocalisse zombie sono diventate la nuova bibbia degli amanti dell'horror. Eppure non è stato sempre così. In passato al corpo putrefatto e maleodorante, alla pelle a brandelli e al colorito grigiastro del morto vivente si preferiva l'intrigante sensualità del vampiro, la voluttà del lupo mannaro o il mistero che si cela dietro gli spettri, anello di congiunzione tra il regno dei vivi e quello dei morti.
Sarà l'origine religiosa, sarà la componente terrena, fortemente realistica, sarà l'assenza di particolari abilità a rendere questi esseri barcollanti che si aggirano con la mente vuota a caccia di cibo particolarmente vicini a noi, ma anche nei momenti in cui la sua fama si affievoliva, lo zombie è sempre stato una presenza su cui contare. In fondo gli zombie siamo noi. Di fronte a un'improvvisa epidemia provocata da misteriose comete, virus sintetizzati in laboratorio o trasmessi da rare specie animali non possiamo difenderci. A nulla servono pallottole d'argento, paletti di frassino, corone d'aglio o esorcismi perché gli zombie sono tanti, si muovono in massa e fatto fuori uno ne spunta un altro. Sarà la loro duttilità, la loro natura neutra (essendo azzerate le loro facoltà mentali, anche la personalità tende a scarseggiare) a rendere gli zombie strumenti metaforici d'eccezione per i grandi narratori. Sta di fatto che negli anni la figura dell'uomo morto che cammina ha assunto valenze politiche, sociali, storiche, simboliche. Il morto vivente ha cambiato volto e anche le sue caratteristiche comportamentali sono mutate a seconda dell'epoca. Proveremo a esplorare in un excursus questa evoluzione identificando dieci tappe fondamentali della storia degli zombie al cinema e in TV.
1 - Voodoo Child
I primi zombie mai apparsi sul grande schermo, in origine, erano schiavi. A esercitare il controllo sulle loro menti svuotate da ogni pensiero umano erano stregoni e altri loschi figuri esperti di pratiche voodoo. Negli anni '30, con l'ondata di nuovi horror low budget prodotti da Universal Pictures, tutti i miti legati a creature mostruose vengono setacciati per trarne materiale narrativo. Non fa eccezione il voodoo haitiano che subisce, però, qualche modifica radicale. Il termine creolo zombi deriva dalla divinità africana Nzambi. Tecnicamente gli zombie, in origine, non erano neppure morti, ma erano esseri umani vivi storditi dalla tetrodotossina, sostanza letale contenuta nel veleno del pesce palla che, in piccolissime dosi, provoca uno stato di trance. Tesi, questa, contenuta nel celebre libro Il serpente e l'arcobaleno dell'etnologo Wade Davis (che nel 1988 ispirerà l'omonimo Il serpente e l'arcobaleno di Wes Craven) e mai confermata del tutto.
Proprio ad Haiti è ambientato il film in cui fanno la loro comparsa i primi zombie della storia del cinema. Si tratta de L'isola degli zombies di Victor Halperin, del 1932. Il magnetico Bela Lugosi interpreta 'Murder' Legendre, uno stregone in grado di resuscitare i morti attraverso l'uso della magia nera che ha alle sue dipendenze un esercito di zombie. A richiedere i suoi servigi è un potente proprietario terriero che si è invaghito di una giovane. Su consiglio di Legendre, l'uomo deciderà di farla zombificare per possederla. Il film è infestato da zombie che si muovono in trance sulla cupa isola caraibica mugolando una cantilena che ricorda i cori degli schiavi nelle piantagioni di cotone.
Negli anni '40 il genere zombie ci regala il primo capolavoro, Ho camminato con uno zombie di Jacques Tourneur (1943). Prodotto da Val Lewton per RKO, il film racconta la storia di un'infermiera canadese chiamata a prendersi una cura di una donna malata di mente che vive sull'isola di San Sebastian, nelle Indie Occidentali. Influenzata dagli abitanti del luogo che credono la malata una zombie, l'infermiera deciderà di curarla attraverso un rito voodoo. Il film, acclamato dalla critica, avrà un successo tale da guadagnarsi addirittura una parodia, la commedia degli equivoci Zombies on Broadway.
2 - La rivoluzione di George Romero
Dopo l'abbuffata di horror giovanilistici anni '50 culminata nello scult Plan 9 from Outer Space di Ed Wood, sgangherata pellicola in cui gli alieni decidono di resuscitare i morti per conquistare la Terra, le varianti dello zombie tradizionale sono ormai state tutte declinate attraverso la commistione di generi. Ma una rivoluzione sta per scuotere dalle fondamenta l'immagine tradizionale delle catatoniche creature generate dal folclore esotico.
L'anno della svolta è il 1968. George A. Romero, giovane regista di cortometraggi, decide di esordire nel lungo con un horror low budget, genere popolare e commercialmente appetibile, e sforna La notte dei morti viventi. In un primo tempo il regista non ha in mente un film "politico" eppure i suoi zombie assetati di sangue, non più schiavi manipolati dagli uomini bensì minaccia misteriosa e incontrollabile che si nutre di carne umana, verranno letti come metafora di una forza eversiva pronta a scardinare la società. In La notte dei morti viventi il termine "zombie" non viene mai pronunciato, eppure Romero ne enuncia le regole: gli zombie sono morti resuscitati, si nutrono della carne dei vivi, si muovono con estrema lentezza e non pensano. Eppure l'unico modo per ucciderli è distruggere il loro cervello. Da questo momento in poi il modello romeriano genera uno spartiacque tra i film di zombie intesi in senso tradizionale e le pellicole che si discostano dal canone apportandovi modifiche e innovazioni. Al di là della cupezza (come spiega Romero "il film inizia con una situazione che è già quasi senza speranza e degenera progressivamente verso l'assoluta disperazione e la tragedia finale") e della violenza esplicita contenuta nella pellicola, l'epoca storica in cui La notte dei morti viventi approda nelle sale spinge i critici a leggere nei morti viventi una metafora della guerra fredda (con gli zombie che rappresenterebbero i russi), del Vietnam o addirittura una critica al capitalismo americano.
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Ci vorranno dieci anni prima che Romero torni a occuparsi di morti viventi, ma stavolta sarà ben preparato. Il suo Zombi (1978) è un'opera consapevole, intrisa di satira sociale, che cavalca l'onda della critica al consumismo portandola agli estremi, visto che si svolge in gran parte all'interno di un centro commerciale. Il film rappresenta il battesimo di fuoco per il mago degli effetti speciali Tom Savini, che compare anche in un paio di piccoli ruoli e, grazie alla mediazione di Dario Argento, comprende le musiche dei Goblin. Romero tornerà a occuparsi di zombie altre quattro volte: Il giorno degli zombi (1985) conclude la trilogia originale; seguono La terra dei morti viventi (2005), Diary of the Dead - Le cronache dei morti viventi (2007) e Survival of the Dead (2009).
3 - I morti si risvegliano in Italia e in Spagna
Sulla scia del successo dei film di George Romero, nel 1979 in Italia si prepara Zombi 2. Al di là del titolo, il film ha ben poco in comune con gli zombie politicizzati romeriani e guarda al passato rifacendosi a modelli come L'isola degli zombie e Ho camminato con uno zombie. Focus del film è una terribile epidemia che colpisce New York. L'origine del morbo è localizzata in un misterioso battello alla deriva che proviene dall'isola caraibica di Matul. Poco originale nel plot, il film si distingue per un elevato tasso di gore e per l'estremo realismo negli effetti speciali, a tratti raccapriccianti. Celebre è la sequenza in cui l'occhio di Olga Karlatos viene trafitto da una scheggia di legno dopo che la donna si è avvicinata a una porta da cui provengono dei colpi. A dirigere Zombi 2, in un primo tempo, dovevano essere Joe D'Amato e Enzo G. Castellari. Lucio Fulci, fino ad allora regista di commedie e western, viene chiamato per caso a sostituirli e con questo film inaugura una fortunata carriera nell'horror che gli frutterà l'appellativo di "poeta del macabro". Zombi 2 gli frutta, però, anche una violenta polemica con George Romero e Dario Argento che lo accusano di aver copiato il film di Romero bloccando la produzione de Il giorno degli zombi (che slitterà al 1985). Fulci si difenderà ribadendo il suo legame con gli zombie delle origini anche se in realtà la sua pellicola rappresenta una perfetta sintesi tra passato e presente.
I morti viventi trovano terreno fertile anche in Spagna dove, negli anni '70, si contano ben 14 titoli di genere, alcuni co-prodotti con Italia, Francia e Inghilterra. Tra questi troviamo una vera e propria saga, firmata da Armando de Ossorio, che vede protagonisti Templari zombie e annovera quattro film: Le tombe dei resuscitati ciechi (1971), La cavalcata dei resuscitati ciechi (1973), La nave maledetta (1974) e La notte dei resuscitati ciechi (1975). Gli europei non disdegnano, inoltre, la declinazione dello zombie movie in chiave erotica. E' francese il primo mix tra horror e pornografia, I pornozombi, del 1977 dove i morti che si risvegliano non hanno solo l'impulso di mangiare, ma anche quello di soddisfare bisogni di ben altro tipo. Tre anni dopo l'italiano Joe D'Amato dirige Le notti erotiche dei morti viventi. Nato come horror, il film viene girato a Santo Domingo e contiene sequenze celebri come un'evirazione a morsi che segue una scena di sesso orale e una bottiglia stappata "senza l'uso delle mani".
4 - A volte ritornano, ma non sempre è un bene
La zombie-mania contagia solo marginalmente Stephen King. Il re dell'horror ha rivisitato molte figure classiche della tradizione. Dai vampiri ai lupi mannari, dai clown alla magia nera, King ha riproposto in chiave moderna i protagonisti dell'immaginario nero dedicandosi ai morti viventi solo marginalmente. Nel 1983 King dà alle stampe Cimitero vivente, che sei anni dopo diverrà un film diretto da Mary Lambert. Nella storia la vicinanza con un antico cimitero indiano, in cui - si narra - qualsiasi creatura seppellita al suo interno faccia ritorno, da il là alla vicenda quando l'amato gattino di una bambina viene travolto da un camion. Per evitarle un dolore, il padre seppellisce il gatto nel cimitero indiano. In effetti il felino fa ritorno, ma non è più quello di prima. La situazione si complicherà quando a essere seppellito nel cimitero maledetto sarà il figlio minore dell'uomo. Anche il bambino farà ritorno, ma non avrà più niente di umano e farà fuori chi gli capita a tiro, madre compresa. Niente più voodoo né zombie metaforici comparsi a causa di misteriosi virus. Lo zombie diventa un affetto perduto da riportare in vita per non dirgli dovergli dire addio e anche se l'origine è ancora legata ai riti funebri religiosi (ad Haiti si sostituiscono, qui, i nativi americani), la relazione tra vivi e defunti è personale e familiare. L'uomo sfida la natura sostituendosi a Dio per amore, per preservare i propri cari, ma viene inevitabilmente punito.
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Visione, questa, che anticipa quella di Survival of the Dead (2009) di Romero in cui, nella speranza di trovare una cura, ogni famiglia si tiene in casa i propri "cari" zombie. Nota a margine: quasi in concomitanza con l'uscita di Cimitero vivente, in Zeder anche Pupi Avati teorizza l'esistenza di misteriosi luoghi, definiti terreni K, che costituiscono una porta tra il mondo reale e l'aldilà consentendo ai morti in essi seppelliti di tornare in vita. La distanza tra l'Emilia e il Maine non è poi così grande.
Il tema del 'ritorno dei cari morti' viene ripreso nella serie francese Les Revenants, hit del piccolo schermo. In un piccolo villaggio dell'Alta Savoia alcuni defunti fanno ritorno a casa. Hanno lo stesso aspetto ed età che avevano in vita e non ricordano nulla della dipartita. Toccherà ai vivi farsi carico dello shock, gestire il dolore e la sorpresa, ma anche aiutare i morti viventi a reinserirsi nel tessuto sociale e familiare e conciliare passato e presente visto che, dopo la morte dei cari, le loro vite sono andate avanti.
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5 - Thriller: i morti risorgono e hanno voglia di ballare
Leggenda che vuole che nel corso di un soggiorno a Londra, Michael Jackson si sia recato al cinema a vedere Un Lupo mannaro americano a Londra di John Landis, innamorandosi del film. Così quando nell'estate del 1993 le vendite dell'LP Triller cominciano a calare, nasce l'idea di realizzare il terzo video di un singolo, dopo Billie Jean e Beat It, puntando proprio sulla title track. Thriller, però, è uscito da un anno e la casa discografica reputa uno spreco di denaro investire su un videoclip così costoso, perciò Michael Jackson decide di produrre il video con i propri soldi ingaggiando John Landis per dirigerlo.
Primo video narrativo contenente un inizio, uno svolgimento e una fine, Thriller è un appassionato omaggio metacinematografico al genere horror che si apre con un film nel film, una parodia degli horror anni '50 in cui Michael, in una bella notte di luna piena, si trasforma in licantropo dopo essersi dichiarato alla sua innamorata (la modella Ola Ray). La scena si rivela essere un film proiettato nel cinema in cui un divertito Michael Jackson sgranocchia popcorn mentre la sua ragazza (sempre Ola) si allontana spaventata e indispettita. Michael la raggiunge e sulla via di casa la coppia passa davanti a un cimitero. In un leggendario cameo vocale, il grande Vincent Price pronuncia una formula che fa uscire gli zombie dalle tombe. I morti viventi iniziano a ballare. Quando Ola si gira verso Michael, anche lui è diventato uno zombie e guida le danze istigando gli altri a imitarlo nel suo celebre passo strisciato. La ragazza cerca riparo in una casa abbandonata, ma gli zombie la rincorrono e la accerchiano. Mentre gli artigli di Michael stanno per ghermirla lei chiude gli occhi. Quando li riapre lui è di nuovo normale e, con fare rassicurante, si propone di accompagnarla a casa. Solo un sogno? L'inquadratura finale lascerebbe intendere ben altro.
Il video, nella versione integrale, dura oltre 13 minuti ed è preceduto da un disclaimer voluto da Michael Jackson ("A causa delle mie solide convinzioni personali, vorrei sottolineare che questo film in nessun modo rispecchia una mia credenza nell'occulto"), dovuto alla sua adesione ai Testimoni di Geova. Inutile dire che Thriller si trasformò in un successo incredibile facendo balzare l'LP di nuovo in testa alle vendite, inoltre fu il primo video di un artista di colore trasmesso da MTV. Il videoclip ha avuto una profonda influenza sulla cultura pop grazie anche agli straordinari trucchi prostetici del make up artist Rick Baker. Una curiosità: la giacca rossa indossata da Michael Jackson è stata disegnata dalla moglie di John Landis, Deborah Landis, per farlo sembrare più virile.
6 - Gli zombie ipercinetici di Resident Evil e Danny Boyle
Dopo un decennio privo di particolari novità, l'anno 2002 regala due pellicole seminali per la modernizzazione della figura degli zombie: Resident Evil e 28 giorni dopo. Resident Evil è un action diretto da Paul W.S. Anderson ispirato all'omonimo videogame Biohazard. La storia è ambientata in una metropoli fictional, Raccoon City, in cui si trova la sede della Umbrella Corporation, potente casa farmaceutica che sperimenta una sostanza in grado di rianimare i morti trasformandoli in creature fameliche. Ispirata alla lontana alla saga di Romero che, in origine avrebbe dovuto occuparsi del primo film, Resident Evil vede l'eroina Alice (Milla Jovovich) impegnata a combattere su un duplice fronte, quello degli zombie e quello degli umani responsabili della catastrofe biologica. Nei sei film che vanno a comporre la saga (l'ultimo uscirà nel 2017) vediamo svariate creature zombie, da quelli più classici (interpretati per lo più da ballerini) ai rapidissimi cani-zombie, dai mostruosi mutanti ai superzombie, zombie intelligenti e lickers. A introdurre gli zombie che corrono era stato, in realtà, Lucio Fulci in Zombi 3, pellicola che, purtroppo, si ricorda per poco altro.
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Con 28 giorni dopo, Danny Boyle va ancora oltre operando un rinnovamento formale e tecnico. Il regista riprende la sua Londra post-apocalittica girando quasi interamente in digitale, novità assoluta per l'epoca. La tecnologia leggera permette a Boyle di riprende il lungo Tamigi e altre strade della capitale all'alba o al tramonto. Il risultato è quello di rendere ancor più straniante il mondo semideserto in cui si muove Cillian Murphy, uno dei pochi sopravvissuti alla pandemia che ha avuto origine nei laboratori di ricerca di Cambridge. Pandemia che si espande attraverso contatti di sangue e saliva trasformando gli infettati in creature rabbiose, virulente e sanguinarie che si muovono in branchi. Niente a che vedere con gli zombie catatonici di un tempo. Gli attacchi improvvisi ai danni dei non infetti fanno fare dei bei salti sulla sedia al pubblico, anche perché i malati, che non sono affatto morti - specifichiamolo - sono velocissimi. Trucco, questo, realizzato da Boyle filmando le loro scene a velocità rallentata, col risultato di ottenere un effetto ipercinetico una volta mandate le sequenze a velocità normale.
Di questo risultato se ne ricorderà Marc Forster per il blockbuster World War Z, soprattutto per le spettacoli scene di massa in cui gli zombie oggetto delle indagini di Brad Pitt sono una moltitudine brulicante e fulminea. Frenesia ai massimi livelli in Rec, primo capitolo di una quadrilogia found footage firmata dagli spagnoli Jaume Balagueró e Paco Plaza. L'ambientazione del film - un condominio di Barcellona messo in quarantena dall'esercito per far fronte a un'improvviso contagio - amplifica l'orrore mettendo a stretto contatto sani e infetti. L'espediente della troupe televisiva bloccata nel condominio filtra l'orrore attraverso la lente indifferente della macchina a mano che, concitata, riprende scoppi di violenza brutale e insensata amplificando il senso di mistero che pervade la pellicola.
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7 - Chi ha paura del diverso?
Ne L'alba degli zombie Giuliano Santoro scrive: "Il non-morto incrocia la figura del migrante, di colui cioè che muore nella società tradizionale da cui proviene per approdare all'altro mondo. Il migrante si aggira, secondo la rappresentazione corrente, smagrito, con gli occhi allampanati e muto (se non altro perché non conosce la lingua). Tuttavia, il migrante non si limita a varcare il confine, a passare da un luogo all'altro, da una cultura all'altra, da un tempo storico all'altro. Innanzitutto sconvolge il luogo di arrivo. I residenti che accolgono chi arriva spesso hanno paura di essere divorati da quegli esseri emaciati e indecifrabili. La paura dell'invasione genera mostri". Metaforicamente gli zombie rappresentano da sempre un elemento estraneo alla società civile, perturbante. I primi zombie di Haiti erano schiavi, braccianti agricoli, derelitti sottomessi alla volontà dei loro padroni. Romero democraticizza gli zombie estendendo la zombificazione a ogni strato sociale, ma i morti viventi de Il giorno degli zombi, tenuti a bada da soldati e filo spinato, anticipano le immagini dei migranti che, al di là della rete che delimita i campi profughi, attendono la possibilità di uscire sotto l'occhio vigile dell'esercito. Nel frenetico The Horde, zombie movie francese del 2009, i morti viventi non solo si muovono con impressionante rapidità, ma si diffondono nella banlieue. Sono reietti della società, avanzi di galera, sono sporchi, brutti e famelici proprio come gli altri criminali, quelli vivi che, per restare tali, saranno costretti a collaborare con la polizia.
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Concetto ribadito anche nella miniserie inglese In the Flesh. Lo show BBC compie un passo avanti immaginando la scoperta di un antidoto contro la morte cerebrale degli zombie. Il cervello di coloro che sono 'affetti da sindrome del parzialmente morto' viene riattivato con una medicina, ma il loro reinserimento nella società è più arduo del previsto perché gli zombie si sono macchiati, seppur inconsapevolmente, di crimini orribili. Perciò non solo non vengono perdonati, ma gli viene tolta anche la cittadinanza, che potranno riacquistare solo dopo sei mesi di lavoro non retribuito e un esame. Eccoli i nuovi schiavi impossibilitati a muoversi, afflitti da un peccato "originale" da cui sembra quasi impossibile liberarsi.
8 - Risate all'ultimo brandello di pelle
Degli zombie si può ridere, anche se con una certa prudenza. Ce lo dimostra la succitata parodia anni '50 Zombies on Broadway. Ma a regalarci uno dei lavori più esilaranti sul tema è l'inglese Edgar Wright con l'irresistibile Shaun of the Dead, tradotto con l'infelice L'alba dei morti dementi. La pellicola inaugura la celebre Cornetto Trilogy, in cui il regista prende come riferimento uno dei generi cinematografici tradizionali scardinandolo dall'interno e rovesciandone stilemi e linguaggio. Un'operazione postmoderna che, con L'alba dei morti dementi, riesce alla perfezione. Il film non ha niente da invidiare a uno zombie movie canonico - critica sociale compresa - ed è sufficientemente splatter e ricco di colpi di scena da incollare lo spettatore alla sedia. Protagonista della storia è Shaun (Simon Pegg, attore feticcio di Wright), impiegato trentenne che vive nei sobborghi di Londra, passa le giornate facendo un lavoro che lo annoia e trascorre le serate al solito pub, motivo questo di liti furiose con la fidanzata. Edgar Wright punta il dito sulla grigia esistenza dei colletti bianchi british: il vivo Shaun è talmente catatonico da non rendersi conto che intorno a lui è scoppiata un'apocalisse zombie. Quando, dopo divertenti peripezie e incontri nonsense, l'esercito riporterà l'ordine, la democratica Inghilterra assorbirà gli zombie assegnando loro varie mansioni, tra cui quella di ospiti nei reality show, e i Coldplay annunceranno un concerto per sostenere i loro diritti civili.
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Dal Regno Unito il contagio si espande approdando nella lontana Cuba. Nel 2010 arriva nelle sale l'irriverente Il cacciatore di zombie, primo zombie movie cubano. Affondando le radici in un contesto storico-sociale peculiare, il film è incentrato su Juan, un perdigiorno che vive di espedienti e va in cerca di sesso facile il quale, all'improvviso, si ritrova faccia a faccia con i morti viventi. L'uomo e i suoi confusi compari non hanno ben compreso la situazione tanto da ritenere gli zombie 'dissidenti pagati dal governo americano' per sconvolgere l'equilibrio dell'isola cubana. Decidono perciò di sfruttare la situazione mettendo su una task force per eliminare le fastidiose creature anti-castriste. Nel film, tra una risata e l'altra, scopriamo che gli zombie sott'acqua se la cavano piuttosto bene. E se Benvenuti a Zombieland, scatenata commedia action di foggia più classica, è uno dei principali incassi zombie di sempre, ogni paese ci tiene a ironizzare sul tema. L'americano Redneck Zombies si prende gioco della stupidità deli sudisti, per non essere da meno il Giappone ribatte con l'horror comedy Tokyo Zombie, mentre la Norvegia sforna l'oltraggioso Dead Snow, che vede un gruppo di amici asserragliati in una baita e assediati da vendicativi zombie nazisti che rivolgono il loro tesoro. E dopo il britannico London Zombies è in arrivo un titolo che è già tutto un programma: Scouts Guide to the Zombie Apocalypse.
9 - The Walking Dead: focus sui vivi... e sull'audience
Tra tanti morti viventi portatori di valori metaforici e sociopolitici, ad avere la meglio tra il grande pubblico sono gli zombie classici di The Walking Dead. La serie AMC ispirata al fumetto di Robert Kirkman è priva di quegli elementi di modernità che si riscontrano nell'evoluzione dello zombie, eppure queste creature basiche, ferine, selvagge, che si aggirano barcollanti per gli Stati Uniti in cerca di vittime, hanno conquistato il cuore del pubblico tanto da lanciare lo show nell'olimpo. Eppure, rispetto a tante altre produzioni televisive che hanno rinnovato nel profondo il linguaggio narrativo audiovisivo, The Walking Dead non presenta elementi peculiari e si caratterizza come una solida produzione horror/avventurosa interessata soprattutto a seguire le gesta dell'elemento umano alle prese coi morti viventi. Peraltro lo show, che racconta le vicende di un gruppo di sopravvissuti a un'apocalisse zombie che tentano di schivare gli assalti dei mostruosi cadaveri ambulanti, ha raccolto a più riprese feroci critiche dal pubblico per gli sviluppi narrativi non sempre brillanti e per il plot che spesso tende a stagnare. Eppure più aumentano le critiche più aumentano gli ascolti. Numeri da capogiro tanto che la serie ha già generato uno spinoff, Fear the Walking Dead, in cui si racconta in dettaglio l'origine dell'epidemia.
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10 - Quando lo zombie vuole essere umano
Nella romcom Warm Bodies, R (Nicholas Hoult) si imbatte nella vivente Julie (Teresa Palmer) e se ne invaghisce. Lo shock sentimentale riattiva le cellule del cervello dello zombie, o di ciò che ne rimane, facendogli progressivamente recuperare la sua umanità. Nella commedia di Jonathan Levine i morti viventi sono ancora legati al loro passato e anche se si esprimono a grugniti e gemiti, il loro desiderio di nutrirsi di cervelli è dovuto al desiderio di rivivere ricordi ed emozioni provate in vita anche se solo per poco. Si va così a creare una cesura tra gli zombie veri e propri, qui definiti 'ossuti', e i morti viventi che tornano a dare segni di umanità. Dopo essere stato ferito, R arriverà perfino a sanguinare dimostrandosi più umano di tanti umani.
Una situazione analoga si verifica nella serie tv iZombie. Rose McIver interpreta Liv Moore, studentessa modello di medicina dalla vita quasi perfetta che a una festa viene infettata da uno zombie. Rose, però, non ha nessuna intenzione di rinunciare a tutto ciò che si è costruita e continua, perciò, a fingersi umana. Giustifica il cambiamento di aspetto adottando un look dark/goth e si fa assumere in un centro di medicina legale così da avere a disposizione nuovi cervelli con cui nutrirsi senza dover uccidere nessuno. Cervelli che, una volta mangiati, le permettono di entrare in sintonia coi loro proprietari. Liv si finge, così, medium collaborando con la polizia per risolvere casi di omicidio. Ancora una serie tratta da un fumetto che ci mostra come talvolta perfino gli zombie amino conservare il loro lato sentimentale. Non sempre la morte è così definitiva.
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