Uno, nessuno e centomila James McAvoy: se in Split, in cui è Kevin Wendell Crumb, serial killer dalla forza fisica prodigiosa in cui convivono più di venti personalità diverse, l'attore scozzese ha dato una prova superba, in Glass, sequel anche di Unbrekable, è semplicemente sbalorditivo: la fluidità con cui riesce a cambiare personaggio, sia tramite mimica del volto e postura del corpo, che con la voce, lascia senza parole, al punto che ci vorrebbe una categoria di premi a parte per celebrarne la bravura. Dal 17 gennaio nelle sale italiane, esce dunque il capitolo conclusivo (forse) della trilogia di M. Night Shyamalan sui supereroi e James McAvoy è il piatto forte in mezzo a nomi del calibro di Bruce Willis, Samuel L. Jackson e Sarah Paulson.
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Ritroviamo Kevin Wendell Crumb di nuovo chiuso in quattro mura, ma questa volta non sono quelle del suo scantinato, bensì di un istituto psichiatrico, in cui è prigioniero insieme a David Dunn (Bruce Willis), anche lui dotato di forza fisica fuori dal comune ma votato al bene, e Elijah Price, alias Mr. Glass (Samuel L. Jackson), dalle ossa fragili come il vetro ma con un'intelligenza sviluppatissima. Studiati dalla dottoressa Ellie Staple (Sarah Paulson), che li crede tutti in preda a un delirio psicotico, i tre presunti supereroi cominciano a interrogarsi su se stessi, le loro convinzioni vacillano e si ritrovano faccia a faccia in uno specchio che rimanda un'immagine non esattamente piacevole.
Abbiamo incontrato James McAvoy a Londra, all'anteprima europea di Glass, dove per prima cosa gli abbiamo chiesto chi era in quel momento, per sentirci rispondere: "James McAvoy, anche se non ne sono più così sicuro." Come si fa a rimanere sicuri di se stessi quando il mondo intorno ci dice che siamo qualcosa di completamente diverso? Secondo l'attore: "Beh, visto che sono un guru dell'auto-aiuto... Non ne ho idea! Non ne ho idea. Ma, oltre a farci credere in noi stessi, il film esplora i motivi per cui è difficile credere in noi stessi: la società è strutturata in modo da tenere basso il nostro sentimento di riscatto, perché così siamo più facili da controllare, facendoci lavorare come api operaie. Il film credo mostri come tutti siamo in grado di cambiare il mondo e usare il nostro potere per migliorare le cose intorno a noi, ma dobbiamo comunque confrontarci con la società per misurarci, o comunque con il governo. Nel film c'è anche un po' di teoria della cospirazione, ma è anche un messaggio divertente."
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La Bestia: un eroe-villain dal costume particolare
Per i protagonisti dei fumetti, che siano eroi o villain, il costume è molto importante: James McAvoy ne ha uno insolito, una tuta. Almeno sul set era più comodo di altri colleghi con mantello e stivaloni: "Era molto comodo, anche se avevo un freddo fottuto! Avevo davvero molto freddo. In realtà non sono un fan del colore giallo su di me: mi piace su altre persone ma non su di me, credo che mi faccia sembrare un po' malato, sembro affaticato. Ma Night era determinato a farmi indossare il giallo, ci ha provato anche in Split, mi ha anche dipinto di giallo a un certo punto, mi hanno coperto di vernice e non capivo perché lo stessimo facendo, quindi l'abbiamo tagliato. In Glass ci è finalmente riuscito: fondamentalmente corro in giro con un pigiama giallo e non lo indosso per metà film. Sì è un film sui supereroi diverso, non ci sono i costumi da eroe. Forse solo Mr. Glass: verso la fine è più ricercato."
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Tra le nuove personalità di Kevin c'è anche un professore di cinema giapponese
Tra le personalità più importanti di Kevin, oltre ovviamente a La Bestia, che tutte le altre temono e seguono, c'è la glaciale Patricia e il piccolo Hedwig, che ha nove anni per sempre. In Glass li ritroviamo insieme a una manciata di voci nuove, tra cui quella di un professore di cinema giapponese: una scelta molto precisa e particolare. "Un professore di cinema giapponese sì" ci ha detto l'attore, proseguendo: "È stata una scelta di Night, perché ama il cinema giapponese. Ho pensato che fosse un po' snob, credo che sia una cosa un po' altezzosa da mettere nel film: ho immaginato che dicesse: "Oh amo il cinema giapponese, in particolare quello dagli anni '50 ai '70". Ah sì eh? Buon per te! Ma non vantartene, amico! Quindi ho pensato di farne uno snob. Un po' coglione."