Glaskupan: La cupola di vetro, recensione: un classico crime scandinavo adatto ad ogni palato

Camilla Läckberg scrive una miniserie recuperando gli stilemi del giallo nordeuropeo, ma coniugati in senso pop, per ribaltare le credenze riguardo ciò che dovrebbe essere accogliente, come casa e famiglia. Godibile, ma scontato. Su Netflix.

Glaskupan: La cupola di vetro, locandina.

Camilla Läckberg ormai è una celebrità nella sua Svezia. Non solo è a tutti gli effetti l'incontrastata regina della letteratura crime nel Nord Europa, ma è anche una personalità molto riconosciuta dall'opinione pubblica per la sua presenza in vari programmi televisivi. Per capire la sua notorietà vi basti sapere che ha avuto anche un cameo in Triangle of Sadness di Ruben Östlund, Palma d'oro a Cannes qualche tempo fa.

Glaskupan La Cupola Di Vetro Protagonista
La coraggiosa protagonista di Glaskupan: La cupola di vetro.

Conquistato il successo grazie alla sua serie di libri "I delitti di Fjällbacka", non ci è voluto molto prima che diversi dei sui scritti successivi venissero adattati per lo schermo, ma la nostra è divenuta sceneggiatrice solamente nel 2020 con Hammarvik - Amori e altri omicidi su Prime Video. Una serie che si discostava dai suoi canoni e che non andò benissimo. Ci riprova, 5 anni dopo, su Netflix con la miniserie Glaskupan - La cupola di vetro.

La cosa ironica è che l'incipit non è granché diverso, così come l'innesco. Infatti anche questa volta una donna che torna nel suo Paese natale deve riaffrontare il suo passato attraverso un'indagine che parte da un supposto suicidio e arriverà a scardinare tutte le sue credenze su se stessa, la sua storia e la sua comunità d'infanzia. Stavolta la struttura è più classica e il mix tra locale e internazionale funziona meglio, soprattutto grazie all'utilizzo intelligente dei vari meccanismi di genere.

Lejla torna a casa

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Lejla e il suo papà / salvatore.

Lejla (Léonie Vincent) è una criminologa con un'infanzia segnata da un evento "leggermente" traumatico come un rapimento avvenuto in seguito al suicidio della madre. Le cose si sono poi risolte per il meglio grazie in primis all'intervento di Valter (Johan Hedenberg), il poliziotto che indagò sul caso e che è poi divenuto suo padre adottivo.

Succede però che la ragazza torna nella città di Granas, in Svezia, dagli Stati Uniti, dove si è più o meno ricostruita una vita, per il funerale della sua madre adottiva e in quei giorni succede qualcosa di terribile e che non può che far tornare nella sua mente i fantasmi del passato: un altro suicido e un altro rapimento. Stavolta a morire è una sua amica d'infanzia e ad essere rapita è la figlia di lei, Alicia.

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La famiglia segnata dalla tragedia.

La nostra sprofonda nuovamente in un incubo che pensava sepolto ormai da tempo e decide di dare una mano alle indagini insieme a Valter per sostenere l'attuale capo della polizia, suo zio adottivo Thomas (Joahn Reberg). Il caso scoperchierà il più classico dei vasi di pandora sulla precarietà degli equilibri nella piccola comunità, sullo stato della sua famiglia e sulla verità dietro la sua stessa vita. La piccola Alicia è infatti tenuta in ostaggio in una cupola di vetro, esattamente come successe a lei.

Glaskupan: La cupola di vetro: non si può crescere sotto una campana di vetro

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Una scena di Glaskupan: La cupola di vetro.

La biografia della protagonista è la classica formula narrativa che segnala la presenza di una contaminazione all'interno di un lavoro, in questo caso tra USA e Svezia, e propone lo schema del figliol prodigo che torna sul luogo delitto (la sua infanzia) per fare pace con il passato. Non è un caso che Glaskupan: La cupola di vetro sia infatti narrato praticamente sempre dal punto di vista di Lejla, uno straniero in casa propria. Formule evergreen, ma sempre funzionali per imbastire una struttura, anche particolare o sorprendente.

La particolarità e soprattutto la sorpresa (questa neanche troppo voluto visto l'incipit così sfacciatamente predittivo) sono però ciò che è meno di casa nella miniserie Netflix, la quale, pur recuperando in modo più che sufficiente tono, ritmo e scrittura da crime nordeuropeo, ne sacrifica le potenzialità tematiche per arrivare al pubblico più ampio possibile. C'è una sortita nella discussione su movimenti estremisti, nella difficoltà ad accettare cambiamenti strutturali nelle comunità esclusive e poco altro. Per tutto ci si affida ai meccanismi rodati del genere così da muovere le indagini e il focus più che altro sul piano familiare e piscologico. Per rappresentare questo aspetto c'è un grande lavoro sui flashback e sul contrasto cromatico tra freddo e caldo.

Glaskupan La Cupola Di Vetro Netflix
Il vetro e Lejla.

L'idea di Glaskupan: La cupola di vetro è utilizzare il crime per creare una storia sul lato oscuro del controllo e sulle colpe di chi ci ha cresciuto. Un trattato sulle deviazioni che nascono dal dolore e dalla disperazione, andando a fondo, in stile scandinavo, alle distorsioni primordiali della natura umana e, ça va sans dire, del maschile e del femminile. Quei luoghi sotterranei dove non è più possibile trovare una redenzione. Dove vivono dei mostri che corrodono il piano superiore, in attesa di uscire.

Conclusioni

Glaskupan: La cupola di vetro imbastisce una classica struttura narrativa per creare un crime dai toni e dagli stilemi tipici del genere nord europeo, ma dalle ambizioni e dagli sviluppi estremamente pop per riuscire a parlare a tutti. Ne esce fuori un lavoro godibile e che si dimostra in grado anche ad esplorare tematiche importanti, sebbene gli esiti siano poco originali e in parte piuttosto prevedibili.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.2/5

Perché ci piace

  • Il cast funziona.
  • I toni e i meccanismi del crime scandinavo sono ben realizzati.
  • Il genere è utilizzato in modo funzionale.

Cosa non va

  • La struttura e il suo sviluppo sono piuttosto telefonati.
  • La commistione smorza la forza del titolo.