Quando ci leggevano le fiabe, da piccoli, sapevamo che l'happy ending sarebbe arrivato con l'ultima pagina del libro, a rasserenare gli animi e a farci sognare un futuro radioso per i protagonisti, dopo una serie di vicissitudini terribili. Questo accade in regni lontani lontani, non certo a Hollywood, dove alcune storie si interrompono bruscamente a metà libro. Eppure sempre di fiabe si tratta, ma i protagonisti spesso sono principesse troppo fragili o sfortunate, oppure principi con qualche segreto di troppo o schiavi dei loro stessi eccessi. Nelle fiabe interrotte che leggeremo di seguito, non mancano personaggi secondari e castelli - ville tutte rosa, principi troppo aitanti o diavoli vestiti in modo estroso - ma al posto dei destrieri, troveremo macchine che sfrecciano verso destini terribili, e le pozioni magiche... beh, quelle possono essere davvero pericolose e dare dipendenza.
A sessant'anni dalla morte di James Dean, abbiamo voluto ripercorrere alcune di queste storie, le più clamorose o le più significative, con qualche riflessione a posteriori sui loro protagonisti, da Marilyn a Sharon Tate, da Heath Ledger a Paul Walker.
Rodolfo Valentino (1895 - 1926)
Non bastarono due funerali - uno a New York, l'altro a Hollywood - per contenere la disperazione delle fan dell'attore italiano che fece fortuna in America agli inizi del secolo scorso e si affermò come il primo sex-symbol maschile e divo della storia del cinema. Il fascino e il carisma di Valentino ormai sono storia, così come tutte le sue interpretazioni, volte ad assecondare le fantasie femminili dell'epoca: mentre sullo schermo interpretava un fuorilegge, uno sceicco o un torero, la sua vita privata era al centro di pettegolezzi e la sua virilità messa in discussione (con malcelata invidia, probabilmente) a causa dei matrimoni lampo con Jean Acker e Natacha Rambova, che rappresentarono per il giovane divo del muto un'opportunità in più per la sua carriera e la sua immagine, soprattutto la seconda. Se oggi il fascino di Valentino risulta certamente datato, in esso sono racchiusi quegli stessi elementi ripresi da altri divi ugualmente popolari e iconici: lo sguardo ardente, il magnetismo, la capacità di dare corpo alle fantasie del pubblico, lo stile eccentrico e riconoscibile e l'ambiguità sessuale.
Jean Harlow (1911 - 1937)
L'archetipo della diva bionda, amatissima dal pubblico per la sua sensualità solare e il suo sorriso, ma sfortunata nella vita privata. Probabilmente, senza Jean Harlow, Marilyn avrebbe costruito diversamente la sua immagine, chissà. La donna di platino - per riprendere il titolo di uno dei suoi film più celebri - fu lanciata da Howard Hughes e negli anni Trenta si ritagliò un posto nel firmamento delle dive più amate del cinema con film come Pranzo alle otto e Nemico Pubblico. A mettere fine alla sua carriera non furono il rapporto controverso con sua madre e neanche lo strano suicidio del suo secondo marito, il produttore Paul Bern, ma i gravi problemi di salute che la colpirono durante le riprese di Saratoga, nell'estate del '37, e che la portarono alla morte pochi giorni dopo, a soli 26 anni. La morte di Jean fu accompagnata dalle voci secondo le quali la madre della diva, per via delle sue convinzioni religiose, avesse impedito a chiunque di vederla e di fare qualcosa per aiutarla. Quando Clark Gable e William Powell si presentarono di nuovo a casa sua, stavolta accompagnati dalla polizia, fu troppo tardi. Non potendo contare certo sulle magie del digitale la produzione di Saratoga fu costretta ad ultimare il film ingaggiando tre controfigure per la diva e una doppiatrice in grado di imitare la sua voce. E il pubblico in sala si ritrovò a non avere occhi che per uno spettro di celluloide.
James Dean (1931 - 1955)
Quando un divo resta coinvolto in un incidente d'auto mortale, il collegamento con James Dean è inevitabile. La velocità vista come simbolo dell'ebbrezza della fama e delle insidie della stessa, viene da sempre associata al divo che perse la vita nel 1955, lo stesso anno in cui riuscì ad imporsi con tre film da protagonista, tra cui Gioventù bruciata, che sembrava cucito addosso al suo personaggio e ad un'intera generazione e dal titolo tristemente premonitore, che segnò anche i destini degli altri interpreti, tra cui Natalie Wood e Sal Mineo. Lo schianto della Porsche 550 Spyder dell'attore contro l'auto di uno studente - che sopravvisse e cercò di evitare l'assedio dei giornalisti per tutta la vita - contribuì a fissare letteralmente l'immagine di Jimmy nell'immaginario collettivo, facendo di lui un'icona straordinariamente moderna, e tutt'oggi presa a modello da tanti giovani divi ribelli. Oggi di lui ci restano solo tre film e la ricostruzione sommaria di quella che può essere stata la sua personalità, così affascinante proprio perché poco conosciuta, e una serie di foto che testimoniano la sua amicizia con il fotografo Dennis Stock, raccontata nel film Life, di Anton Corbijn.
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Marilyn Monroe (1926 - 1962)
Help - I feel life coming closer when all I want is to die.
Così scriveva, con una grafia sottile, quasi invisibile, la diva che nel giro di dieci anni, dopo una morte avvenuta in circostanze mai chiarite, lasciò un segno indelebile nell'immaginario collettivo, nella cultura popolare e nella storia del cinema. Una ragazza sensibile e profonda, ma fragile ed emotivamente indifesa, generosa ma bisognosa di essere amata, andò incontro ad un destino che contribuì a fissare il suo volto nella mitologia hollywoodiana e a renderlo eterno. Non possiamo affermare con certezza se il suo sia stato un suicidio o un omicidio perfetto: quello che è certo, è che la storia di Marilyn è una fiaba che non ha avuto un esito felice. Diva del cinema, icona pop al platino e Chanel n°5, le cui ultime immagini, prima della morte dovuta presumibilmente ad un'overdose di barbiturici, ci restituiscono un'attrice che a 36 anni era persino più bella che agli inizi della sua carriera, e la cui abilità nel flirtare con l'obiettivo certamente non tradiva l'insicurezza e l'inadeguatezza che la spinsero a distruggere quasi tutte le foto che le aveva scattato Bert Stern con un pennarello arancione e con una forcina per capelli.
Jayne Mansfield (1933 - 1967)
La storia di Jayne Mansfield sembra scritta da Ryan Murphy per un episodio di American Horror Story. Una Marilyn di serie B, artista del wardrobe malfunction a vantaggio dei paparazzi e vedette di pellicole come La bionda esplosiva e Gli amori di Ercole, sposata al culturista Mickey Hargitay, che per lei costruì una piscina a forma di cuore nel suo Pink Palace. Su questo personaggio, che fece del kitsch zuccheroso (e delle sue curve esplosive) il suo luccicante biglietto da visita, ad un certo punto iniziarono a girare strane voci di un legame con il Diavolo, che a quei tempi aveva le fattezze del satanista Anton LaVey, che la incontrò a New York, pochi mesi prima che lei morisse in uno spaventoso incidente d'auto. Faceva perdere la testa agli uomini, e la perse lei, in uno scontro frontale con un autocarro che risparmiò miracolosamente i suoi tre figli.
Sharon Tate (1943 - 1969)
Anche Sharon Tate fece un incontro simile a quello di Jayne Mansfield, ma la bella attrice - che allora era la compagna di Roman Polanski ed era incinta all'ottavo mese - certamente non si aspettava che il Diavolo sarebbe venuto a farle visita una notte d'estate, per uccidere lei e gli amici con i quali aveva trascorso una serata nella bella villa al 10050 di Cielo Drive, a Beverly Hills. E in quel caso il Diavolo non aveva il look stravagante di LaVey, ma lo sguardo spiritato di Charles Manson, che al contrario di lei, che era solo una star emergente, sarebbe diventato un'icona americana, la personificazione del male assoluto. Di Sharon ci restano alcune interpretazioni - tra cui quella nel divertente Per favore, non mordermi sul collo - e un ruolo da co-protagonista in una delle pagine più nere e sanguinose della storia di Hollywood.
Bruce Lee (1940 - 1973) e Brandon Lee (1965 - 1993)
Padre e figlio, due destini tragici e simili, due figure leggendarie, ognuno a modo suo. Se il mito di Bruce Lee si deve alle sue prodezze nelle pellicole di arti marziali da lui interpretate sul finire degli anni Sessanta, quello di suo figlio Brandon si deve invece al suo unico ruolo interpretato sullo schermo, quello di Eric Draven nel Il corvo, adattamento del fumetto di James O'Barr intriso di atmosfere dark. Brandon fu ucciso con un colpo d'arma da fuoco sparato per errore, durante le riprese del film, a soli 28 anni. Suo padre Bruce invece, morì vent'anni prima, durante le riprese di Game of Death, e le similitudini con la morte di Brandon hanno contribuito a rendere la loro storia ancora più sinistra e incredibile.
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Natalie Wood (1938 - 1981)
La diva di West Side Story, Gioventù Bruciata e Splendore sull'erba aveva il terrore dell'acqua, tanto che sul set del film di Elia Kazan, non fu facile convincerla a girare la scena in cui il suo personaggio tenta di togliersi la vita annegandosi in acqua e il regista dovette assicurarle che non le sarebbe capitato nulla e che accanto a lei ci sarebbe stato un assistente. Si diceva addirittura che portasse un grosso bracciale al polso per coprire i segni di un misterioso incidente avvenuto proprio in acqua, in passato (o probabilmente un tentativo di stupro, su questo non vi è certezza), ma in ogni caso l'attrice difficilmente si sarebbe gettata in acqua di sua spontanea volontà. E' per questa e altre ragioni, che le circostanze della sua morte, avvenuta a bordo del suo yacht - che per ironia della sorte era stato chiamato The Splendour, in onore del film di Kazan - sono sempre state considerate poco chiare. Durante un weekend al largo dell'isola di Catalina, in California, in barca con lei c'erano suo marito Richard Wagner e la co-star del suo prossimo film, Christopher Walken, oltre al capitano dell'imbarcazione. Nessuno vide l'attrice cadere nell'acqua e si ritenne che potesse essere scivolata dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, anche se le abrasioni che furono notate in sede di autopsia lasciarono pensare ad un possibile alterco - che in seguito Wagner confermò. Solo pochi anni fa, il caso è stato riaperto con la speranza di arrivare ad una soluzione, invano.
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John Belushi (1949 - 1982)
Più rockstar che comico, anche nell'indole autodistruttiva che lo porterà alla morte, John Belushi è uno dei pochi attori comici che può vantarsi di essere ricordato come un divo. Belushi con il borsalino nero e gli occhiali scuri in The Blues Brothers, o con la toga in Animal House, sono due immagini che ci restituiscono un comico geniale e spontaneo al tempo stesso, con il quale però si rivelò difficile lavorare, soprattutto nell'ultimo periodo della sua vita, a causa della sua dipendenza da alcool e droghe. Ad ucciderlo fu proprio un'overdose da speedball, iniettatagli incautamente da Cathy Smith, una cantante che quella notte era al Chateau Marmont con lui, e che in seguito scappò all'estero per evitare guai con la legge, salvo poi tornare negli States qualche anno dopo. John avrebbe dovuto far parte del cast di Ghostbusters, ma la sua morte ritardò il progetto del film. A garantire quel tocco di follia che John avrebbe dato al suo personaggio, ci pensò Bill Murray, ma lo spirito di John aleggiò in qualche modo sul progetto, tanto che qualcuno sul set si riferiva al piccolo Slimer - fuori controllo, casinista, svitato e simpatico - come il suo fantasma.
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River Phoenix (1970 - 1993)
Un giovane divo, bellissimo e lanciato, che aveva già interpretato (con successo) qualche film importante, sia da adolescente che a vent'anni. Ci aveva conquistato in Stand by me così come in Belli e dannati di Gus van Sant e stava girando un altro film, Dark Blood, che sarebbe stato distribuito molti anni dopo. River Phoenix è stato considerato anche per il ruolo da protagonista ne Il corvo, che poi era andato a Brandon Lee, e guardacaso trovò la morte proprio ad Halloween, davanti all'ingresso del Viper Room, celebre nightclub di Hollywood, che allora apparteneva a Johnny Depp. Quando River collassò per overdose davanti al locale, Depp era dentro a suonare, la scena si svolse sotto gli occhi dei fratelli dell'attore, Rain e Joaquin Phoenix, che resterà segnato per sempre da questo episodio. Il Viper chiuse per una settimana, e fece altrettanto negli anni successivi, ogni 31 ottobre. Ci immaginiamo l'aria pungente di ottobre, il silenzio davanti al locale e le luci spente, in una notte in cui si dice che i confini tra il nostro mondo e l'aldilà si facciano più sottili, come pareti di carta. River fu paragonato a James Dean, con il quale condivideva lo spirito ribelle, una certa ambiguità sessuale (messa in risalto anche dal ruolo in My Own Private Idaho) e d'altronde, come Dean, è stato un simbolo della sua generazione, con i suoi ideali e la fragilità.
Heath Ledger (1979 - 2008)
Subito dopo la notizia della morte di Heath Ledger, che arrivò in modo del tutto inaspettato, i media diedero per scontata la teoria dell'autodistruzione, che sarà smentita dal responso dell'autopsia. Ledger è morto per un'intossicazione dovuta a farmaci che stava assumendo dietro regolare prescrizione. A quel punto sulla scomparsa dell'attore - il cui corpo fu trovato privo di vita in un appartamento di proprietà delle sorelle Olsen - prendono corpo altre teorie che parlano di depressione, probabilmente dovuta alla fine della sua storia con Michelle Williams, che gli aveva dato da poco una figlia, Matilda, ma soprattutto si parla dell'influenza negativa che potrebbe aver avuto l'interpretazione del Joker ne Il cavaliere oscuro in un periodo di fragilità. Subito dopo la morte di Ledger, qualcuno chiese a Jack Nicholson cosa ne pensava dell'accaduto, e lui disse semplicemente "Io lo avevo avvisato", lasciando intendere che sapeva benissimo a cosa si poteva andare incontro nell'interpretare un ruolo del genere, per un attore di metodo (lui stesso lo aveva interpretato nel Batman di Tim Burton). A rendere ancora più inquietante e tangibile l'affermazione di Nicholson, sono i contenuti del diario che Ledger aveva tenuto durante la lavorazione del film e soprattutto il raggelante saluto con cui si chiudeva l'ultima pagina.
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Brittany Murphy (1977 - 2009)
Anche la biondina di Ragazze Interrotte morì improvvisamente a causa di un abuso di farmaci, prescritti per curare un'infezione respiratoria (ai tempi si parlò di polmonite). Quando queste cose succedono ad Hollywood è scontato pensare che si tratti di un'overdose di stupefacenti o chissà quali altre sostanze, anche perché nei primi anni Zero i tabloid avevano indicato nella causa di un drastico dimagrimento dell'attrice proprio la dipendenza da cocaina, che lei smentì. Il caso di Brittany in realtà si fece ancora più sconcertante quando alcuni mesi dopo la sua scomparsa, morì anche suo marito, lo sceneggiatore Simon Monjack, e per le stesse cause che ufficialmente avevano ucciso l'attrice: polmonite e anemia.
Si è parlato di muffe tossiche presenti nell'abitazione che condividevano i due e che potrebbero aver aggravato il loro stato di salute, mentre il padre dell'attrice si era detto convinto - grazie anche all'esito di alcuni test commissionati da lui - che Brittany e suo marito sono stati avvelenati con la somministrazione di alcune sostanze, tra cui metalli pesanti. Al momento in cui scriviamo, il giallo non ha ancora avuto una soluzione ufficiale.
Paul Walker (1973 - 2013)
Nonostante avesse una lunga carriera cinematografica alle spalle, Paul Walker sarà sempre associato al franchise di Fast & Furious e soprattutto alla sua "famiglia" cinematografica, quella formata da Vin Diesel e dagli altri membri del cast e della troupe. E considerato che anche negli ultimi film della saga il concetto di famiglia ha un ruolo centrale, la partecipazione dei fratelli di Paul appare scontata ma al tempo stesso anche straniante, perché Caleb e Cody in realtà si sono soltanto prestati a sostituire fisicamente Paul nelle poche scene che gli restavano da girare prima che restasse ucciso in un incidente stradale. Paul sorride sullo schermo, lo sguardo rivolto al pubblico per l'ultima volta - questo grazie all'aiuto digitale - ma in realtà sappiamo che non ha girato davvero quella scena, perché già non c'era più. E' qualcosa al quale non siamo ancora del tutto abituati, e fa una certa impressione, ma soprattutto accende riflessioni sul futuro del mestiere d'attore e soprattutto sul concetto di divismo, destinato inevitabilmente ad evolversi.