Mostrare o non mostrare? Fare vedere tutto, o giocare sull'attesa? Cos'è che fa più paura? Pascal Laugier, regista francese noto soprattutto per l'incredibile Martyrs, che nel 2008 aveva scioccato tutti, o meglio, tutti quelli che avevano avuto il coraggio di vederlo, non ha dubbi. Mostra tutto, senza sconti, impietosamente.
Il suo non è un cinema horror d'atmosfera, che gioca sull'attesa. Il suo è un cinema horror da pugno dello stomaco. Che spaventa, certo, un film dell'orrore deve fare questo. Ma è soprattutto qualcosa che disturba e scuote. Ma provoca emozioni forti, inconfondibili. Pascal Laugier è probabilmente un regista unico nel suo genere. E finalmente è tornato sul grande schermo, a ben sei anni dalla sua ultima fatica, I bambini di Cold Rock del 2012, con La casa delle bambole - Ghostland, in uscita nelle nostre sale dal 6 dicembre.
Leggi anche: La casa delle bambole - Ghostland, clip esclusiva del film horror di Pascal Laugier
L'amore per Dario Argento, Mario Bava, Lucio Fulci
Ma chi è Pascal Laugier? Di lui, in fondo, si hanno poche informazioni, c'è una biografia stringata. È stato notato, grazie a un cortometraggio, dal regista francese Christophe Gans e ha lavorato molto come suo aiuto regista. Gans ha deciso di affidargli la regia di un documentario sul making of de Il patto dei lupi. Sappiamo che ama Dario Argento, Mario Bava, Lucio Fulci, probabilmente anche Tobe Hooper, ma i suoi film non somigliano a quelli di nessun altro. Il suo film d'esordio è Saint Ange del 2004 (con Virginie Ledoyen), che mescola horror e fantastico. Laugier non è un regista prolifico, soprattutto se pensiamo al fatto che giri film di genere, e anche all'iperattività di certi suoi colleghi francesi. Dal 2004 ad oggi ha girato solo quattro film, praticamente uno ogni quattro anni.
Dopo Saint Ange ci sono stati Martyrs (2008), I bambini di Cold Rock (2012), e La casa delle bambole - Ghostland (2018). Stavolta sono passati addirittura sei anni tra un film e l'altro. Non sappiamo perché sia così. È certo che Laugier ha un'idea di cinema che non fa sconti, non accetta compromessi, un cinema non facile da inserire nelle caselle dell'industria di oggi. Anche il suo film più mainstream, I bambini di Cold Rock, il suo primo progetto americano, è solo apparentemente il classico thriller hollywoodiano con la star (Jessica Biel). In realtà gioca con tutti gli stereotipi e le atmosfere del genere, per poi colpire duro, e usare una violenza superiore a quella che siamo abituati a vedere.
Leggi anche: Dario Argento: da Profondo Rosso a Opera, dieci scene per dieci film da incubo
Martyrs: essere il cattivo della situazione
E poi probabilmente è un regista che ha bisogno di riprendersi tra un progetto e l'altro. Come certi attori, alla Daniel Day Lewis, che fanno fatica a uscire da un personaggio, crediamo che Laugier fatichi a uscire dai suoi mondi, dagli anfratti claustrofobici dove si è andato a ficcare, e ha trascinato anche noi. Quello che sappiamo è che la lavorazione di Martyrs, ad esempio, è stata davvero travagliata. Detto che nasceva da una sua forte depressione, e che girare il film è stato allo stesso tempo uno sfogo e una catarsi da quel male oscuro, Martyrs è stato un salto nel buio. La sceneggiatura prendeva forma man mano che il film veniva girato, e la cosa non deve essere facile. Inoltre il regista ha spinto le due attrici oltre i loro limiti, in situazioni a cui non erano preparate.
È stata una lavorazione che ha messo a dura prova tutti. La protagonista si è rotta tre ossa. "Le attrici a un certo punto della lavorazione mi vedevano come il cattivo della situazione, con la troupe che non condivideva ciò che si materializzava sotto i loro occhi e che finiva sulla pellicola, sono anche stato accusato di misoginia" aveva raccontato a Movieplayer in occasione del lancio di Martyrs, che oggi è considerato uno dei migliori horror di sempre. "Per superare tutto questo e mantenere saldi i nervi senza mai dare l'impressione di accusare il colpo mi sono sforzato e concentrato unicamente sul mio ruolo da cattivo pensando al pubblico e alla voglia di realizzare un prodotto di alta qualità capace di farsi apprezzare".
Leggi anche: La Casa Delle Bambole - Ghostland: Il trailer italiano dell'horror
Pascal Laugier e la spietatezza dello sguardo
La cifra stilistica di Laugier non è un mistero. Martyrs, ma anche La casa delle bambole, sono film che mettono a dura prova lo spettatore. Sono opere fatte di sangue, tagli profondi, escoriazioni. Sono istantanee di corpi indifesi, nudi, martoriati, tumefatti. Sono racconti di ossa rotte, ferite profonde e destinate a restare aperte. A livello fisico, ma anche a livello mentale, come vedremo proprio ne La casa delle bambole.
La cifra stilistica di Laugier è nella spietatezza del suo sguardo, nella sua crudeltà, nel non aver paura di arrivare a mostrare quello che è il vero significato della parola horror, e che cogliamo solo se lo leggiamo nella nostra lingua: orrore. E accanto ad esso c'è la claustrofobia, la paura del luogo chiuso, senza via d'uscita. Come Martyrs, anche La casa delle bambole si svolge in una casa, vecchia, isolata, e su più livelli.
Leggi anche: La casa delle bambole: Lo scherzo terrorizza i passanti nel centro di Roma
Né Grand Guignol né torture porn
E in fondo il cinema di Pascal Laugier è proprio una questione di livelli. Nel senso, più ovvio, che il suo cinema va letto a più livelli. Il regista di Martyrs non è assolutamente solo violenza, e non è per nulla violenza fine a se stessa. Non è un Grand Guignol, non è un torture porn. Sotto il primo livello ce n'è un altro, quello dei meccanismi dello spettacolo. E sotto ancora c'è quello psicologico, mentale. Partendo dal primo, torniamo alla parola livelli. I due film più interessanti di Laugier, Martyrs e La casa delle bambole, vivono appunto su più livelli. Martyrs è una storia incredibile che cambia più volte direzione, come se ci trovassimo in un videogame e, una volta completato uno schema, passassimo a quello successivo, irto di difficoltà sempre maggiori.
Ma non possiamo giocare. Il joystick del gioco è saldamente in mano al regista: è lui a giocare con lo spettatore, spiazzandolo di continuo proprio grazie al suo script sorprendente, che fa ricominciare il film almeno quattro volte quando sembra già finito. "Quando ho scritto la sceneggiatura ho voluto giocare con questa struttura fatta di attese, per stupire lo spettatore" ci aveva raccontato in occasione della presentazione del film. "È stato uno dei piaceri della scrittura: in quanto spettatore detesto sapere con dieci minuti di anticipo quello che accade in un film". Anche La casa delle bambole è un film che vive di passaggi, di scarti. Più che al salto da uno schema all'altro dei videogame, però, ci ricorda un gioco di scatole cinesi, è un film che vive in due mondi che stanno uno dentro l'altro.
Leggi anche: 20 film horror su Netflix da non perdere
Cinema per la brutalità dei nostri tempi
I film di Pascal Laugier non sono solo spaventosi. Sono raccapriccianti e disturbanti. Sono pochi, oggi, sul grande schermo, i film che riescono a provocare sensazioni così forti, preoccupati come sono tutti a costruire i film dell'orrore su formule, salti tripli sulla sedia, equilibri tra belle ragazze e mostri, e tra paura e pubblico più ampio possibile. Sì, Laugier è violento. Ma se si limitasse a un insieme di violenze i suoi sarebbero film come tanti. Il loro pregio è proprio il voler andare al di là, verso concetti filosofici, o psicologici, come quello del martirio o come quello della rimozione. Le sue sono immagini che ci inquietano al di là della violenza, ci turbano nel profondo. Ci raccontano esseri umani presi di forza e spinti al limite di ogni umanità. Ci raccontano la brutalità dei nostri tempi. E forse oggi, per esorcizzarla, abbiamo proprio bisogno di qualcuno che lo faccia.