Genio sardonico
Il film d'esordio del rinomato binomio Joel Coen e Ethan Coen si apre su una vena di cemento battuta dalla pioggia: la strada, così amata dai cineasti americani, simbolo di libertà, di mistero, di scoperta, ma simbolo anche della tragicità del destino. Un destino che vuole che in una notte piovosa del Texas una donna decida di sottrarsi al marito mentalmente instabile, trovando conforto tra le braccia di uno dei dipendenti del locale di lui, e che questo scateni la violenza, l'angoscia e l'orrore.
La storia di un triangolo passionale e di un killer senza scrupoli: a sentire le linee principali del plot, sembra che Sangue facile abbia poco di originale da dire. E invece, anche visto a vent'anni dall'uscita, è un film che conserva una carica esplosiva e disturbante che ha davvero pochi rivali nella cinematografia di ogni tempo.
Se i Coen ricorrono ai rodati cliché del noir, lo fanno con ironia e con uno stile sempre sorprendente e spiazzante. In Sangue facile non c'è forzata e pedante rappresentazione psicologica di caratteri preconfezionati, ma solo il ritratto credibile delle reazioni umane in situazioni atroci e paradossali.
La regia di Joel Coen è una delizia costante, ma non è mai mero virtuosismo: anche i movimenti di macchina più arditi e bizzarri sono funzionali alla descrizione degli stati d'animo dei personaggi, e con ritmo lento ed ipnotico ci conducono nel terrificante labirinto dell'intreccio. Un plot convincente nella sua inverosimiglianza, che non manipola lo spettatore ma gli mostra le cose precisamente come avvengono e non è finalizzato al colpo di scena finale, come tanti epigoni di questa pellicola.
Il quartetto di attori principali è parimenti superbo. L'esordiente futura Mrs. Joel Coen, Frances McDormand, offre una performance da ricordare nel ruolo della fragile Abby, che riscopre l'amore con timidezza e tenerezza, mentre si sforza di scrollarsi di dosso un matrimonio con un uomo meschino, sgradevole e vendicativo, ottimamente ritratto da Dan Hedaya. Ma il cuore del film è l'interpretazione del detective di M. Emmet Walsh, che sin dalla prima scena in cui compare instilla nello spettatore un senso di guardinga e nervosa diffidenza, che finisce per rivelarsi molto fondata.
Non sempre le dosi giuste e gli ingredienti prelibati, come sono qui sceneggiatura, regia e recitazione, garantiscono il successo della ricetta, ma Sangue facile è uno di quei casi felici in cui la sinergia di questi elementi dà vita ad un film coinvolgente ed esaltante, che riesce in ciò cui per lo più invano aspira il genere noir: farci sperimentare, sulla nostra pelle, lo humour nero del destino.
Movieplayer.it
4.0/5