L'ottava stagione de Il Trono di Spade si è appena conclusa e, che abbiate o meno amato il finale, non c'è dubbio che la serie creata da David Benioff e D.B.Weiss abbia fatto la storia della televisione. Dopo quasi un decennio ecco che ci ritroviamo a non dover più attendere il ritorno a Westeros come appuntamento annuale, eccoci a salutare definitivamente tutti quei personaggi che, dal 2011 ad oggi, abbiamo imparato ad amare. La visione del film documentario di Jeanie Finlay Game of Thrones: The Last Watch, in onda in Italia il 3 giugno su Sky Atlantic, è forse tutto ciò che ci resta per accomiatarci al meglio dalla serie tv. In questa recensione di Game of Thrones: The Last Watch proveremo (anche se sarà molto difficile) a distaccarci dal nostro ruolo di irriducibili fan della serie, cercando di valutarne le caratteristiche tecniche senza farci trasportare troppo delle emozioni che ci ha suscitato poter finalmente dare un'occhiata al dietro le quinte di una produzione così colossale e articolata. Una cosa è certa però, per chiunque abbia amato Il Trono di Spade questo documentario è il modo perfetto per concludere il lungo viaggio nei suoi mondi e nelle sue storie, per dire finalmente addio ai suoi personaggi, sia ai suoi protagonisti che a quelli che, lontani dai riflettori, hanno comunque contribuito a fare di questa serie l'incredibile prodotto televisivo che è diventata.
Jeanie Finley sceglie infatti un duplice approccio: per raccontare la produzione de Il Trono di Spade 8 decide di mettere in luce da una parte il tipo di preparazione che c'è dietro ad una serie così mastodontica, dalla creazione dei set alla preparazione del trucco e dei costumi, dall'altra segue addetti ai lavori e comparse, vedendo attraverso i loro diversi sguardi il procedere delle riprese. Il carattere distintivo di questo documentario è proprio la diversità di prospettive con cui ci viene raccontato Game of Thrones: dai registi ai costumisti, dai truccatori agli stuntman, dagli attori principali come Kit Harington ed Emilia Clarke alle comparse che fin dalla prima stagione hanno lavorato alla serie, scopriamo quanto Il trono di spade abbia cambiato le loro vite (oltre alle nostre).
Il Trono di Spade 8: i nostri voti ai protagonisti di Game of Thrones
Il dietro le quinte della serie
In Game of Thrones: The Last Watch viaggiamo parecchio: da Belfast alla Croazia e alla Spagna visitiamo i più importanti set de Il Trono di Spade insieme agli addetti ai lavori. Insieme a produttori, truccatori, costumisti, addetti alla neve e stuntman che coreografano le scene di battaglia scopriamo quanto lavoro c'è dietro ad ogni singolo dettaglio, quanti imprevisti (soprattutto climatici in una serie girata così tanto in esterni) possano ritardare e compromettere intere giornate di riprese. Da spettatori è estremamente interessante seguire, dalla progettazione alla messa in atto, la creazione delle scene più iconiche di questa ottava stagione, facendoci finalmente un idea dell'enorme sforzo che è stato necessario.
Il cuore del documentario di Finley, che conosciamo come voce fuori campo, sono senza dubbio due momenti fondamentali della serie: la Battaglia di Grande Inverno nel terzo episodio e la distruzione di Approdo del Re nel quinto, entrambi diretti da Miguel Sapochnik. In particolare, il dietro le quinte della smisurata battaglia contro i non morti, che ha richiesto ben 55 notti di riprese, è forse il passaggio del documentario che più ci aiuta a capire quanto sia difficile realizzare scene così articolate ed eterogenee. Dal trucco prostetico realizzato per i non morti (tra cui quelli mummificati che si rianimano nelle cripte) alla coreografie dei combattimenti, per esempio quello tra Arya e il Re della Notte che seppur breve scopriamo essere estremamente complicato da realizzare, ogni elemento diviene un ingranaggio in una complessa struttura, richiedendo da solo ore e ore di lavoro. Tra i registi degli episodi quello che seguiamo più lungo è David Nutter, che per questa stagione si è occupato dei primi due episodi e del quarto (meno d'azione ma comunque decisamente emozionanti), e ci racconta nel dettaglio i passaggi del suo processo creativo, spiegandoci come immagina e crea le diverse scene e come aiuta gli attori ad interpretare al meglio i loro personaggi.
Game of Thrones: The Last Watch prende in considerazione tutti i diversi momenti della realizzazione della serie tv, passando dall'uno all'altro in maniere estremamente veloce: la scelta di spostarsi continuamente da un set all'altro, da chi si occupa di un determinato aspetto della pre-produzione a chi fa tutt'altro, se da una parte può darci un idea di quanto siano frenetiche e faticose questo tipo di riprese, dall'altra potrebbe confondere lo spettatore, che deve prestare molta attenzione a tutti i passaggi. La scelta però di far durare Game of Thrones: The Last Watch quasi due ore è davvero ideale, permettendo a chi guarda di imparare a conoscere le diverse location e tutti coloro che danno un contributo raccontando la loro esperienza.
I personaggi che hanno fatto la serie
Come dicevamo i protagonisti di questo documentario sono tutte quelle persone, non solo gli attori nei ruoli principali, che insieme hanno contribuito alla realizzazione de Il Trono di Spade. Finley sceglie di seguire alcuni di loro più degli altri. Oltre alla truccatrice che si occupa dei makeup prostetici (che non vede la figlia per mesi ma poi ha la possibilità di farle fare una particina nell'ultimo episodio) conosciamo gli addetti alla neve e tutte le difficoltà che il loro lavoro comporta, ma anche Vladimìr Furdik, stuntman che interpreta il Re della Notte, e le signore che dal loro camioncino vendono sandwich alle migliaia di comparse che partecipano alla serie. Tra tutti però c'è una comparsa, Andrew McClay, con cui passiamo molto più tempo rispetto agli altri. L'entusiastico attore ha interpretato un soldato, prima dell'esercito di Stannis Baratheon poi degli Stark, fin dalla quinta stagione, partecipando a tutte le battaglie più importanti della serie. Insieme ad Andrew, fan di lunga data dei romanzi di Martin, scopriamo quanto lavorare a Il Trono di Spade possa cambiarti la vita, emozionandoci quanto lui mentre saluta la crew con cui ha collaborato per anni dopo l'ultimo ciak.
I commiati di Kit Harington ed Emilia Clarke
Sono proprio gli addii i momenti più memorabili di Game of Thrones: The Last Watch: da Kit Harington che, dopo aver girato la sua ultima scena (quella della scontro con Verme Grigio tra le macerie Approdo del Re), saluta quelli che per lui sono i membri della sua famiglia allargata a Emilia Clarke che, con la sua truccatrice che le mette per l'ultima volta la parrucca biondo platino di Daenerys, si chiede come sarà la sua vita senza Il Trono di Spade. Questo documentario ha reso la visione della serie un'esperienza ancor più indimenticabile per noi spettatori: solo così abbiamo avuto la possibilità di vedere gli attori leggere il copione per la prima volta (emozionandosi per il destino dei loro personaggi), i non morti prendere vita sotto le mani esperte dei truccatori e l'enorme set di Approdo del Re essere costruito da zero. Ogni fan della serie non potrà quindi che amare Game of Thrones: The Last Watch che, in poco meno di due ore, permette allo spettatore di immergersi nel mondo creato da Weiss e Benioff, con l'aiuto di migliaia di altre persone, come mai prima.
Conclusioni
Terminando questa recensione di Game of Thrones: The Last Watch ribadiamo quanto questo documentario dedicato all’ottava stagione de Il Trono di Spade sia un’esperienza imperdibile per i fan della serie, che scopriranno il mondo creato da Weiss e Benioff da prospettive e punti di vista inaspettati.
Perché ci piace
- Gli addii alla serie dei personaggi principali.
- La pluralità di prospettive con cui scopriamo l’ottava stagione.
- Dare finalmente un’occhiata al dietro le quinte di una produzione così colossale ed articolata.
- L’entusiastico Andrew McClay che ci porta con sé nelle battaglie degli Stark.
Cosa non va
- Un montaggio troppo veloce e a volte confuso.