"Lawrence, perché sei ancora vivo? Ti ammirerei di più se ti fossi ucciso. Un buon ufficiale come te! Come puoi sopportare la vergogna?" "Noi non la chiamiamo vergogna. Essere prigionieri è una delle vicende della guerra."
Dal dialogo fra il sergente Gengo Hara, ufficiale dell'esercito giapponese, e il tenente colonnello britannico John Lawrence emerge il contrasto fra due opposte visioni dell'onore e della guerra, e di riflesso la distanza fra due mondi e due culture che appaiono inconciliabili. Lo scenario del confronto fra i due uomini è l'isola di Giava, in Indonesia, sede di un campo di prigionia giapponese durante la Seconda Guerra Mondiale: il circoscritto palcoscenico in cui si consumano i conflitti fra i personaggi del film Furyo (in giapponese "prigioniero di guerra"), trasposizione cinematografica di due racconti contenuti in un libro dello scrittore sudafricano Laurens van der Post, Il seme e il seminatore, adattati dal regista Nagisa Oshima con il suo co-sceneggiatore Paul Mayersberg.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 1983, il film debutta nelle sale giapponesi il 28 maggio, per poi approdare il 25 agosto in Gran Bretagna - e un giorno più tardi negli Stati Uniti - con il titolo Merry Christmas, Mr. Lawrence. Se in America l'accoglienza si rivela piuttosto tiepida, in compenso in Europa e in Asia il film riscuote un successo ben più ampio, che contribuirà ad avviarlo allo statuto di cult, e si farà ricordare anche per la suggestiva colonna sonora composta da Ryuichi Sakamoto; in particolare per la celeberrima Forbidden Colors, tema musicale affidato da Sakamoto alla voce e ai versi di David Sylvian. A catalizzare l'interesse sulla pellicola di Oshima è inoltre la presenza di un cast molto variegato, che comprende Takeshi Kitano, già popolarissimo comico della TV giapponese con lo pseudonimo Beat Takeshi, e la rockstar inglese David Bowie, appena tornata sulla cresta dell'onda grazie al tormentone Let's Dance.
Prigionieri e carcerieri
Dal canto suo, nel 1983 Nagisa Oshima è ormai un nome di riferimento della scena internazionale: i suoi due film precedenti, Ecco l'impero dei sensi e L'impero della passione, avevano valicato i confini del Giappone conquistando pure le platee occidentali, tanto da diventare due pietre miliari del genere erotico. Furyo, tuttavia, è un'opera assai diversa: è un dramma bellico in cui le armi restano in silenzio e in cui la tensione è tutta imperniata sulla dimensione morale e psicologica. Il racconto si svolge nel 1942: il recente ingresso in guerra degli Stati Uniti ha reso ancor più infuocato il fronte del Pacifico e il capitano Yonoi, ufficiale in comando del campo giapponese, ha l'obiettivo di estorcere la collaborazione di prigionieri che possano rivelare segreti militari. Il ruolo di Yonoi, uomo dalla personalità dura e inflessibile, segna l'esordio come attore di Ryuichi Sakamoto, star della musica elettronica e qui impegnato a tratteggiare una figura gravida di contraddizioni.
Ossessionato dal senso del dovere e dell'onore, sue assolute ragioni di vita, il capitano Yonoi sviluppa una morbosa curiosità per uno dei prigionieri, il maggiore Jack Celliers, che ha il fascino enigmatico e sottilmente ambiguo di David Bowie. I rapporti fra i personaggi, contraddistinti al contempo da esplicite rivalità e misteriose sintonie, costituiscono del resto il nucleo drammaturgico di Furyo, in cui i tradizionali paradigmi fra vittime e carnefici vengono ribaltati e ridefiniti di continuo. La supremazia di Yonoi, che ostenta una severità ai limiti del sadismo, viene incrinata dall'inconfessabile attrazione per Celliers, il quale arriverà a 'sfidarlo' con uno scandaloso bacio in uno dei momenti più intensi del film. A sua volta Cellier porta con sé il peso del rimorso per essersi rifiutato, ai tempi del collegio, di aiutare il fratello minore, abbandonato a un crudele rituale d'iniziazione che riecheggia la brutalità di codici di comportamento basati sulla sopraffazione e la violenza.
Addio a Ryūichi Sakamoto, l'ultimo imperatore
L'onore, la guerra e il felice Natale di Mr. Lawrence
Se il Jack Celliers di David Bowie è la "variabile impazzita" in grado di mettere in crisi l'autorità incarnata dal capitano Yonoi, un'analoga dicotomia è espressa dalla relazione fra il sergente Gengo Hara di Takeshi Kitano e il tenente John Lawrence, interpretato da Tom Conti. Lawrence conosce la lingua giapponese, e pertanto funge da mediatore non solo tra due fazioni, ma tra due sistemi di pensiero, nell'intento di raggiungere un precario punto d'incontro. "Io devo morire in omaggio al suo culto dell'ordine", osserva con amarezza Lawrence, che rigetta i principi del bushido e, di conseguenza, l'atto del suicidio quale espiazione per il disonore ("Noi non ci uccideremo, è la via d'uscita dei codardi"). È lui, un europeo capace di comunicare in maniera diretta con i giapponesi, a farsi portavoce della critica di Oshima contro un modello etico fondato sul culto della guerra e su un'idea arcaica di onore; e sarà ancora lui, nella coda del film, ad esprimere una sincera empatia per le sorti dell'avversario sconfitto.
"Che c'è che non funziona in questa gente?", viene chiesto a Lawrence a proposito dei loro carcerieri; "Non lo so. Erano una nazione di individui bramosi. Individualmente non hanno possibilità: sono diventati pazzi in massa". Se l'antimilitarismo di Furyo punta anche e soprattutto a una demistificazione dell'imperialismo giapponese a cavallo fra la Restaurazione Meiji e la fine della Seconda Guerra Mondiale, l'opera si chiude nel segno di un umanesimo che va al di là dei nazionalismi e delle bandiere, a prescindere dalle ragioni della Storia. E infatti nel commovente epilogo, ambientato a quattro anni di distanza (e a guerra ormai conclusa), sarà John Lawrence a riconoscere la dignità di Gengo Hara, mentre rievocano con tenerezza il Natale trascorso insieme: "Lei è vittima di uomini convinti di essere nel giusto, come una volta lei e il capitano Yonoi eravate convintissimi di essere nel giusto. In realtà poi nessuno è nel giusto".