L'11 marzo del 2011 il Giappone è stato colpito da un devastante terremoto di magnitudo 9.1, con il conseguente tsunami che ha provocato migliaia di vittime e ha colpito anche la centrale nucleare di Fukushima. È stato chiaro fin da subito come l'impatto delle onde abbia causato danni alla struttura, portando in una situazione di emergenza i reattori allo spegnimento automatico.
Come vi raccontiamo nella recensione di Fukushima, un guasto di questo tipo porta al limite le pompe di raffreddamento, costringendo gli operai e i dipendenti della centrale ad agire in prima persona - mettendo a rischio la propria vita e salute - per evitare una vera e propria catastrofe. La situazione infatti rischia di degenerare all'insegna delle peggiori aspettative e l'intero Paese asiatico è ora sotto la minaccia del pericolo nucleare: sarà grazie alla perseveranza e al sacrificio di individui coraggiosi che il peggio verrà evitato.
Memorie di un Paese
Si tratta del primo film giapponese realizzato sulla tragedia che nello scorso decennio ha sconvolto il mondo intero, provocando migliaia di vittime e generando un sentimento di vicinanza pressoché unanime da ogni angolo del globo. Fukushima 50, in italiano privato del suffisso numerico - con il quale veniva indicato un gruppo di dipendenti della centrale - tenta di approfondire la questione in forma cinematografica senza cedere ad un'eccessiva retorica. La forma più rispettosa per rendere omaggio a chi sacrificò la propria vita e salute per salvare le vite di molti, con un aplomb tipicamente nipponico che ha preferito ignorare un approccio inutilmente spettacolare per concentrarsi sulla forza dei personaggi, tutti facenti parte di una comunità che esce più vivida che mai dalle molteplici sottotrame, la maggior parte delle quali appena accennate.
Alla scoperta del cinema giapponese contemporaneo
Tutti per uno, uno per tutti
Se è infatti vero che vi è un nucleo di figure principali, la forma è quella di un racconto corale atto ad indagare tutte le varie anime di un Paese profondamente ferito da uno degli eventi più catastrofici mai registrati nella storia dell'umanità. Ecco perciò che oltre ai quartier generali di comando dove vengono gestite le operazione e alle zone "clou" dove ha luogo l'effettiva azione risolutiva da parte dei più coraggiosi, si respira l'incertezza e la paura della gente comune, reduce da una rapida evacuazione di massa e rifugiata in centri di accoglienza nell'attesa che le cose si mettano per il meglio. Amici, parenti, figli e amanti alle prese con momenti di angoscia, ignari della salute dei loro cari - siano questi direttamente impegnati nella disperata missione nella centrale o dispersi altrove - che fanno da contraltare a una classe politica spaesata, alla ricerca del modo migliore di rispondere a un qualcosa di totalmente inaspettato.
Questione di stile
Pochi anni fa la scena cinematografica coreana aveva detto la sua sul tema con il blockbuster Pandora (2016), che seguiva per l'appunto tutte le regole dell'entertainment a prova di grande pubblico. Ebbene, Fukushima ne è l'esatto opposto, schivando qualsiasi trionfalismo e slancio enfatico in favore di un didascalismo più sobrio e ragionato, forse meno coinvolgente dal punto di vista prettamente emotivo ma non per questo meno avvincente nel suo preciso scavo narrativo. La maggior parte delle sequenze ha luogo in ambienti chiusi, in interni progressivamente più claustrofobici a seconda della situazione in quella che ben presto diventa una forsennata corsa contro il tempo, dominata da una tensione silente ma dalla salda presa sullo spettatore, che per quanto sappia già l'esito della vicenda ha comunque buoni motivi per rimanere con il fiato sospeso. Merito anche di un cast eterogeneo e popolato da volti pressoché conosciuti solo dagli appassionati, con l'eccezione in uno dei ruoli chiave della star Ken Watanabe.
Conclusioni
La tragedia che nel marzo del 2011 ha colpito e devastato il Giappone, lasciando il mondo intero con il fiato sospeso, è al centro di un film sobrio e ragionato, che si affida a un solido e lucido didascalismo per raccontare quanto avvenne, in quelle ore cruciali, in uno dei luoghi simbolo della catastrofe. Come vi raccontiamo nella recensione di Fukushima, questa produzione autoctona evita lo spettacolo fine a se stesso in favore di una costruzione acuta dei numerosi personaggi in gioco, pronti a sacrificare la propria vita per una causa maggiore. E in questa emozionalità trattenuta ma sentita, sullo sfondo di una costruzione corale ed eterogenea, trova i propri punti di forza per mantenere alta l'attenzione fino ai titoli di coda.
Perché ci piace
- Una messa in scena sobria e rispettosa, che emoziona senza ricorrere a gratuiti sensazionalismi.
- Tensione su buoni livelli grazie anche a personaggi ottimamente caratterizzati.
Cosa non va
- Qualche tempo morto potrebbe scoraggiare un certo tipo di pubblico.