Recensione Friedkin Uncut: in viaggio nel cinema di William Friedkin

La recensione di Friedkin Uncut: a Venezia è stato presentato il documentario sul regista William Friedkin e la sua lunga carriera, da L'esorcista a Killer Joe.

L'esorcista: William Friedkin sul set con Linda Blair
L'esorcista: William Friedkin sul set con Linda Blair

Con il suo stile caratterizzato da un crudo realismo, il suo approccio modernissimo a generi quali il thriller e il poliziesco e il dinamismo incandescente delle storie dei suoi film, William Friedkin si è affermato, fin dall'inizio degli anni Settanta, come uno dei nomi di punta nel movimento della New Hollywood. La carriera del regista di Chicago, che ha appena festeggiato ottantatré anni, è stata gloriosa ma discontinua, fra opere dall'importanza riconosciuta a livello mondiale e titoli assai meno fortunati.

Una produzione densissima a cui è dedicato Friedkin Uncut, il documentario realizzato dal giovane regista italiano Francesco Zippel e presentato alla settantacinquesima edizione della Mostra del Cinema, nella sezione Venezia Classici: un'opera che, nell'arco di poco meno di due ore, punta ad offrire una panoramica ad ampio raggio della filmografia di Fredkin, commentata direttamente dal grande regista americano e da altre personalità del mondo del cinema, intervistate per l'occasione da Zippel.

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William Friedkin, un diavolo di regista

L'esorcista - Linda Blair in una scena
L'esorcista - Linda Blair in una scena

È sotto il segno dell'esorcismo che si apre e si chiude Friedkin Uncut, e forse non avrebbe potuto essere altrimenti. Si parte con L'esorcista, pietra miliare del genere horror firmata da William Friedkin nel 1973, tra i film più popolari e di maggior successo di tutti i tempi, e si chiude con il più recente lavoro diretto da Friedkin, The Devil and Father Amorth, il documentario proiettato proprio a Venezia nel 2017 (e accolto, a onor di cronaca, senza particolare favore). Nel mezzo, oltre quattro decenni di un itinerario professionale che Zippel sceglie di ripercorrere in ordine cronologico, limitandosi a una breve parentesi incentrata sul debutto di Friedkin nel lontano 1962: The People vs. Paul Crump, documentario su un giovane afroamericano condannato a morte.

Venezia 2013 - William Friedkin sul red carpet con il Leone d'Oro
Venezia 2013 - William Friedkin sul red carpet con il Leone d'Oro

Da lì in poi, Friedkin Uncut si sofferma sui capitoli principali nella filmografia del regista, in primis L'esorcista e Il braccio violento della legge, raccogliendo sia aneddoti dal set, sia le opinioni cariche d'ammirazione di 'fan' illustri quali Francis Ford Coppola, Quentin Tarantino e Wes Anderson, che contribuiscono ad analizzare alcuni degli aspetti più coraggiosi e innovativi delle opere di Friedkin. A mancare, invece, sono i riferimenti ai titoli minori, quelli su cui magari sarebbe stato perfino più interessante ascoltare la voce dell'autore: dal lungometraggio d'esordio Good Times, con Sonny e Cher, al controverso Festa per il compleanno del caro amico Harold, passando per tanti altri film poco noti o addirittura semi-dimenticati degli anni Ottanta e Novanta.

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Alla ricerca della spontaneità

Gene Hackman in una scena di IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE
Gene Hackman in una scena di IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE

Francesco Zippel preferisce invece focalizzarsi sulle pietre miliari di William Friedkin: e così abbiamo un resoconto delle riprese del celeberrimo inseguimento de Il braccio violento della legge, i ricordi di Ellen Burstyn dal set de L'esorcista, e poi ancora le polemiche infuocate all'indirizzo di Cruising e la rievocazione del progetto più ambizioso e fallimentare di Friedkin, Il salario della paura. "Il successo ha molti padri e il fallimento è un orfano", dichiara in merito il regista, che in oltre mezzo secolo di attività non si è mai tenuto lontano dai rischi. "Non ho mai cercato la perfezione, ma la spontaneità", aggiunge Friedkin, con la schiettezza e la vivacità che lo hanno sempre contraddistinto; confessa di non curarsi delle piccole 'smagliature', come il riflesso della troupe sui vetri di un'auto, di non amare le prove e di prediligere il primo ciak; afferma di considerare Kathryn Bigelow la più grande regista americana vivente e di riporre un'enorme fiducia in Damien Chazelle ("Lo deluderò inevitabilmente" è la replica dell'interessato).

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Friedkin Uncut

Con un approccio sostanzialmente classico, ma comunque funzionale all'obiettivo, Friedkin Uncut alterna le parole di Friedkin a quelle di attori come William Petersen e Willem Dafoe, comprimari sul set di Vivere e morire a Los Angeles, e di Matthew McConaughey, il quale rivela come il suo ruolo in Killer Joe gli abbia permesso di ottenere la parte di Rust Cohle in True Detective. E poi ci sono le sequenze di repertorio dell'incontro con uno dei suoi idoli, Fritz Lang, e i filmati di Friedkin che, in varie occasioni pubbliche, sfodera il proprio carisma, intona Singin' in the Rain e non lesina ironia e battute; o arriva perfino a 'sbottonarsi' più del solito, lanciandosi nel finale in un'invettiva contro le giurie, i festival e l'abitudine di mettere un film contro l'altro, al suon di un reiterato "Fuck them all" in cui è difficile distinguere il confine fra sincerità e istrionismo.

Movieplayer.it

3.0/5