Faccio film per essere dietro la macchina da presa, non davanti. Sono sicuro di aver detto cose molto intime riguardo me stesso in tutti i miei film, ma è meglio dirle in maniera non troppo diretta, restare nascosto dietro una donna.
Quando venticinque anni fa, con Sitcom, firmava il suo lungometraggio d'esordio, François Ozon iniziava già a reclamare il proprio posto fra le voci più originali del cinema francese contemporaneo. Parigino, classe 1967, Ozon muoveva i primi passi da regista seguendo le orme di autori quali Pedro Almodóvar e Rainer Werner Fassbinder, suo grande modello d'ispirazione; e tuttavia, fra suggestioni postmoderne e istinti di trasgressione, Ozon non ha tardato a dimostrare di essere tutt'altro che un semplice epigono di maestri del passato o di colleghi più noti ed esperti. E che non fosse facile incasellarlo in una singola categoria è evidente dall'indiscutibile varietà dei progetti da lui realizzati fino ad oggi: film sfrenati o rigorosi, surreali o iperrealistici, divertenti o dolorosi... talvolta anche combinando insieme pulsioni opposte e in apparente contraddizione.
La versatilità di François Ozon, contrassegnata comunque da "marchi di fabbrica" ben identificabili, si è accompagnata a un ritmo di lavoro decisamente prolifico: ventidue pellicole scritte e dirette in appena un quarto di secolo, l'ultima delle quali, in ordine di tempo, è la commedia Mon crime - La colpevole sono io, ispirata a un testo teatrale del 1934 e ambientata nella Parigi di quegli anni, palcoscenico dello scandalo giudiziario che travolge la giovane starlette Madeleine Verdier (Nadia Tereszkiewicz), presunta assassina affamata di notorietà. Afferente al filone più smaccatamente farsesco della sua produzione e corredato di grandi nomi del cinema d'oltralpe, fra cui Isabelle Huppert, Fabrice Luchini e André Dussollier, Mon crime ha oltrepassato il milione di spettatori in patria, attestandosi fra i maggiori successi commerciali di Ozon.
A Mon crime, uscito nelle sale italiane lo scorso 25 aprile, va ora ad aggiungersi (con un anno di ritardo rispetto al debutto in patria) Peter von Kant: un "dramma da camera" in cui Ozon ha riadattato una delle pietre miliari della filmografia del suo amatissimo Rainer Werner Fassbinder, ovvero Le lacrime amare di Petra von Kant, declinando al maschile l'intreccio omoerotico di passioni e gelosie fra il regista eponimo, a cui dà volto Denis Ménochet, e il giovane Amir (Khalil Gharbia), che ne diventerà il feticcio. Insomma, una doppia occasione per ripercorrere la carriera del regista attraverso le sue "punte di diamante", illustrate di seguito in ordine cronologico: non soltanto i migliori film di François Ozon, ma cinque titoli che, nella loro diversità di stili e di generi, costituiscono un saggio piuttosto rappresentativo dei molteplici aspetti del cinema ozoniano, ma pure dei suoi elementi ricorrenti e dei suoi temi-chiave. Insomma, un vademecum per scoprire o approfondire uno degli autori più interessanti della scena europea.
1. Sotto la sabbia
Dopo un terzetto di opere provocatorie e sopra le righe, Sitcom, Amanti criminali e Gocce d'acqua su pietre roventi (quest'ultima tratta da una pièce dell'amato Fassbinder), nel 2000 ecco arrivare la prima metamorfosi inaspettata di François Ozon: Sotto la sabbia, immersione negli abissi emotivi di una docente di mezza età, Marie Drillon, costretta a confrontarsi con l'improvvisa sparizione del marito Jean. Su uno spunto narrativo che richiama L'avventura di Michelangelo Antonioni, Ozon costruisce un dramma in sottrazione attorno alla sua dolente protagonista, incarnata da una magnetica Charlotte Rampling in una delle sue migliori prove d'attrice. Film che avrebbe imposto Ozon all'attenzione delle platee internazionali, Sotto la sabbia esplora l'elaborazione del lutto e la convivenza con il passato, anticipando titoli quali Il tempo che resta, Il rifugio e il recentissimo È andato tutto bene.
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2. 8 donne e un mistero
A poco più di un anno da Sotto la sabbia, al Festival di Berlino 2002 François Ozon presenta quello che rimarrà il suo film più famoso, nonché il suo più strepitoso successo di pubblico: otto milioni di spettatori in tutto il mondo, di cui oltre tre milioni e mezzo solo in Francia. Tratto da una commedia teatrale del 1958 di Robert Thomas, 8 donne e un mistero recupera il meccanismo narrativo del giallo classico per rivisitarlo in chiave postmoderna: una villa di campagna immersa nella neve funge da cornice di un murder mystery sotto forma di musical, in cui al registro ironico fa da contraltare l'effetto di straniamento delle esibizioni canore affidate a ciascuna interprete. Con un sontuoso cast corale capitanato da Catherine Deneuve, Isabelle Huppert, Fanny Ardant ed Emmanuelle Béart, 8 donne e un mistero anticipa altre giocose farse ozoniane quali Potiche - La bella statuina e l'ultimo Mon crime.
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3. Nella casa
Altra trasposizione di un testo teatrale, in questo caso El chico de la ultima fila di Juan Mayorga, Nella casa è uscito nel 2012, riscuotendo un ottimo responso di critica e di pubblico. Fabrice Luchini presta il volto al professor Germain, insegnante di letteratura con un cinico senso di disillusione per il proprio lavoro; a suscitare il suo repentino entusiasmo, tuttavia, sarà Claude Garcia (Ernst Umhauer), uno studente sedicenne il cui talento per la scrittura colpisce il professor Germain. Fra i due personaggi si sviluppa così un gioco metaletterario in cui i confini fra realtà e finzione iniziano a sfumare e a confondersi, fino a coinvolgere anche la moglie del professore, Jeanne (Kristin Scott Thomas), il giovane Rapha Artole (Bastian Ughetto), compagno di classe di Claude, e sua madre Esther (Emmanuelle Seigner). Alla letteratura e alla metanarrativa Ozon aveva già dedicato Swimming Pool ed Angel - La vita, il romanzo, ma Nella casa segna un apice grazie alla sua efficace commistione fra dramma e thriller.
4. Grazie a Dio
Nella produzione di François Ozon, un'opera quale Grazie a Dio appare per certi versi insolita: non tanto per il soggetto in sé, basato sulle reali accuse di pedofilia all'indirizzo di un sacerdote francese, Bernard Preynat, quanto per l'asciuttezza e il rigore con cui il regista ha messo in scena questo film di denuncia sugli scandali degli abusi sessuali all'interno della Chiesa cattolica. Premiato con l'Orso d'Argento al Festival di Berlino 2019, Grazie a Dio rievoca questa torbida vicenda adottando la prospettiva di tre personaggi, ciascuno vittima di abusi in età infantile: Alexandre Guérin (Melvil Poupaud), padre di famiglia e cristiano devoto, François Debord (Denis Ménochet), che decide di impegnarsi nell'attivismo per ottenere giustizia, ed Emmanuel Thomassin (Swann Arlaud), ancora oppresso dal peso del proprio passato.
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5. Estate '85
Uscito in patria nel 2020, nel pieno del periodo della pandemia, Estate '85 è il coronamento di un progetto coltivato da François Ozon fin da giovane: portare sullo schermo il romanzo Danza sulla mia tomba, pubblicato nel 1982 da Aidan Chambers. Il risultato è, a nostro avviso, il capolavoro del regista parigino: un racconto di formazione ambientato sulle spiagge della Normandia e incentrato sull'educazione sentimentale e sessuale di Alexis Robin (Félix Lefebvre), sedicenne gay che rimane folgorato dall'incontro con un ragazzo di poco più grande, il fascinoso David Gorman (Benjamin Voisin). In Estate '85, la scoperta del desiderio viene rappresentata da Ozon anche mediante il linguaggio e le atmosfere tipici del noir, in netto contrasto con la solarità del contesto balneare, dando vita a un film ibrido ed estremamente intrigante proprio per la sua abilità nel fondere e alterare i generi, i piani narrativi e, di rimando, la prospettiva di noi spettatori.