Chissà se con questa recensione di Finché morte non ci separi riusciremo a trasmettervi la sensazione di grande divertimento che è stato in grado di regalarci questo film diretto da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett. Si tratta di una vera e propria horror comedy a tutti gli effetti, dove non mancano sangue e colpi di scena, ma che prova anche ad essere anche una arguta e graffiante satira sociale. E, per gran parte della sua durata, ci riesce; senza per questo mai rinunciare a quel sano e un po' folle intrattenimento garantito dalla premessa bizzarra e sufficientemente originale di questo Finché morte non ci separi.
Una trama che inizia come un gioco e finisce in un bagno di sangue
La giovane e bellissima Grace si è appena sposata con Daniel, rampollo della ricchissima dinastia Le Domas, da generazioni produttrice di giochi da tavolo di ogni tipo. La prima notte di nozze, trascorsa nella imponente magione di famiglia, la ragazza scopre suo malgrado di una terribile e shockante tradizione che va avanti da molto tempo: il nuovo membro della famiglia deve pescare una carta e giocare al gioco prescelto. Negli ultimi decenni il caso ha voluto che il gioco fosse qualcosa di completamente innocuo, ma questa volta quell'innocente nascondino (richiamato dal bel titolo originale Ready or Not) è in realtà una letale caccia alla sposa in cui tutto è permesso.
È così che la povera e ignara Grace si ritrova costretta a cercare di sopravvivere fino all'alba in una enorme dimora che non conosce, mentre tutti quanti attorno a lei sono armati e pronti a farla fuori alla prima occasione. Solo orgoglio e tradizione familiare? O forse qualcosa di più misterioso si nasconde dietro a questa terribile e sanguinolenta caccia all'uomo? Finché morte non ci separi ha il merito di provare a trasformare una premessa tanto semplice e funzionale in un qualcosa di più completo, con alle spalle una vera e propria mitologia. Magari, chissà, sfruttabile anche per eventuali prequel/spinoff/sequel se il film dovesse veramente diventare un piccolo cult come chiaramente auspicano i realizzatori.
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Se le potenzialità cult ci sono, il merito va in parte condiviso con la sua strepitosa protagonista. La Grace di Samara Weaving (che avevamo già visto nell'altra divertente dark comedy La Babysitter di Netflix) è un personaggio dall'evoluzione esilarante: inizia come la più classica delle vittime degli horror, abbandonata da tutti coloro che credeva "amici" e costretta a nascondersi e a tentare la fuga ad ogni occasione; rappresenta, insomma, il più famoso e classico degli stereotipi horror, la final girl. Più la trama del film va avanti e più Grace acquista consapevolezza e forza, ribaltando il suo ruolo iniziale. E l'australiana Weaving è perfetta proprio perché unisce ad un'apparente fragilità, tipica della donna dalla bellezza quasi angelica, una vera e propria strafottenza che è perfetta nel contrapporsi alla nobiltà della sua famiglia acquisita: è proprio la "volgarità" di Grace - intesa nel suo significato più antico, ovvero in quanto proprio del volgo, della popolazione socialmente inferiore - a permetterle di rimanere viva il più possibile, in barba alla tradizione.
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In tutto questo, la cosa realmente interessante non è tanto nell'originalità di questo ribaltamento che, in verità, abbiamo visto più volte nel corso dei decenni, ma nel modo in cui il personaggio di Grace viene percepita dai suoi antagonisti/familiari: se nella maggior parte degli horror abbiamo un mostro/serial killer che cerca di uccidere la bella di turno, qui parliamo di persone (più o meno) normali, con sentimenti e interessi (più o meno) umani, "costrette" ad agire da mostri. L'evoluzione di Grace in questo caso non diventa importante solo per gli spettatori o per la trama, ma anche per la psicologia di coloro che la stanno cacciando.
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Come sempre più spesso accade, dietro l'orrore e dietro anche la risata, c'è un messaggio ben preciso. In questo caso specifico, una vera e propria satira sociale sul mondo dei ricchi, sulla loro depravazione e sull'assoluto disinteresse verso chiunque altro non faccia parte della loro cerchia più ristretta. Una commedia horror sulla "casta", qualcuno la potrebbe forse definire. Ma ridurre il film a questo, vorrebbe dire perdersi tutto il divertimento, perché Finché morte non ci separi è innanzitutto in grado di intrattenere per un'ora mezza e a offrire agli spettatori un discreto grado di tensione. E quindi essere molto più spudoratamente divertente e di genere rispetto ad altre operazioni concettualmente simili (ma, nel complesso, più ambiziose e migliori, anche solo cinematograficamente) quali Scappa - Get Out e Noi di Jordan Peele.
Per chi ama le contaminazioni di genere nonché il sottogenere horror che non si prende troppo sul serio, c'è davvero da divertirsi. Gli spettatori più cinefili e attenti non faticheranno a trovare alcune somiglianze, se non veri e propri omaggi, ad un capostipite quale il celebre Pericolosa partita del 1932 ma anche al più recente, ma quasi altrettanto rivoluzionario, Quella casa nel bosco di Drew Goddard. Il film di Bettinelli-Olpin e Gillett non punta così in alto, ma si limita a voler intrattenere, e magari anche entusiasmare, chi è stufo del solito horror/thriller e va in cerca in qualcosa di diverso, qualcosa che sia in grado di farsi notare all'interno di un mercato fatto di sequel e remake tutti uguali. Finché morte non ci separi, insomma, al giocare a nascondino con zombie o spettri di molti film horror contemporanei, preferisce della sane risate. Magari causate da sangue a secchiate.
Conclusioni
Per rimanere in tema di matrimoni, potremmo chiudere questa nostra recensione di Finché morte non ci separi con un semplice sì. Perché ci siamo divertiti, non ci siamo annoiati nemmeno per un secondo e abbiamo apprezzato sia l'ambientazione che tutti i personaggi presenti, a partire da quello interpretato dalla brava e affascinante Samara Weaving. Non sappiamo se il film tra qualche anno sarà considerato addirittura un cult, ma di sicuro ha tutte le caratteristiche giuste per diventarlo.
Perché ci piace
- Il film intrattiene e diverte nel migliore senso del termine: si ride, si sta in tensione, si gioisce per quanto avviene sullo schermo. Per tutta la sua durata non c'è un attimo di pausa.
- Ogni personaggio del film è sufficientemente curato e caratterizzato, ma su tutti ovviamente brilla la fantastica Grace.
- La sceneggiatura parte da una premessa abbastanza originale e riesce anche a veicolare dei messaggi attraverso una vera e propria satira sociale piuttosto graffiante...
Cosa non va
- ... peccato che lo sforzo di cercare di creare una vera e propria mitologia dietro a questa premessa risulti forzata e poco coerente con il resto del film.
- Gli amanti dell'horror puro potrebbero non amare il tono fin troppo leggero; chi cerca soltanto una commedia brillante potrebbe rimanere shockato dalla quantità di sangue e violenza. Per tutti gli altri si prospetta tanto divertimento.