Lo abbiamo visto e amato alla Mostra del Cinema di Venezia, più lungo di venti minuti. Lo abbiamo rivisto e amato cinque mesi dopo, più corto di quei fatidici venti minuti. Come lo giri o lo rigiri, Finalmente l'alba di Saverio Costanzo è un film bello, bellissimo (qui la nostra recensione). Con una domanda, che risuona ora come risuonava durante Venezia 80: cosa si può voler di più dal cinema italiano? Ciononostante, il film di Costanzo, che al Lido era in concorso, venne recepito in modo abbastanza freddo, creando una spaccatura notevole, tanto nella critica quanto nel pubblico. Così, puntualmente, (ri)presentando il film alla stampa, il regista, è andato dritto al punto, spiegando che il nuovo montaggio di Finalmente l'alba (una sorta di final cut) è stato influenzato dalla sua esperienza in sala, a contatto con la platea. "Ho visto il film con tante persone, e ho sentito la necessità di alleggerirlo, aiutando sia il pubblico che il film stesso", confida l'autore "La sua forma reale è arrivata dopo, e sono felice che si accaduto in questo modo".
Effettivamente, Finalmente l'alba, alleggerito di venti minuti, è sicuramente più vicino alla necessità degli esercenti (che mal tollerano le durate mastodontiche) ed è più vicino all'attenzione del pubblico, che si ritrova nelle "suggestioni felliniane di un viaggio che lavora sulla memoria di un'epoca che ci aiuta a capire cosa siamo oggi". Ma non è un film nostalgico,Finalmente l'alba, bensì è un film sulle aspettative, che lavora legandosi a figure femminili estremamente contemporanee: da una parte Mimosa, interpretata dalla rivelazione Rebecca Antonaci, e dall'altra la star Josephine Esperanto, con il volto glaciale di Lily James. "Da regista era elettrizzante raccontare una storia attraverso altre storie", continua Saverio Costanzo, a proposito del film, e di una storia che si allunga in una notte di rivelazioni, in cui il cammino di Mimosa, scoprendo le suggestioni e i pericoli di un sogno, si mischia al delitto irrisolto di Wilma Montesi.
Finalmente l'alba, la final cut e l'umiltà di Saverio Costanzo
Un cammino, quello di Mimosa, che a Venezia durava due ore e venti. L'uscita al cinema, rivista nella sala di montaggio di Francesca Calvelli, dura invece due ore secche. Il senso è lo stesso? Il paragone potrebbe essere superfluo, in quanto sì, ci sono diverse sottrazioni, ma l'architettura resta fedele alla visione del regista. Certo, è emblematico che un film importante come Finalmente l'alba sia stato influenzato da un festival cinematografico come quello di Venezia. Che vuol dire? Che i festival non sono solo red carpet o flash, ma sono delle vere e proprie cartine al tornasole per gli autori. Soprattutto, se il titolo presentato ha una release da futuro anteriore.
Grazie ai feedback e grazie agli umori raccolti, un regista ha il tempo di tornare sul film, montandolo e smontandolo, addrizzandolo se necessario. Quello di Saverio Costanzo, in questo caso, è un atto di profonda umiltà (e solo i grandi registi sanno essere umili nei confronti dei compromessi), considerando poi lo sforzo produttivo dietro Finalmente l'alba. Non è facile far cambiare idea ai registi, che spesso si dimenticano di essere prima di tutto degli spettatori, e dimenticando poi che i film sono fatti per la platea. Secondo Costanzo, Finalmente l'alba doveva essere sfoltito, così da poterlo avvicinare ulteriormente al pubblico, e di conseguenza sacrificando per il bene del film stesso le tanto amate versioni estese (che possono trovare spazio nella versione digitale o home-video).
Finalmente l'alba, la recensione: il compimento autoriale di Saverio Costanzo
Da Saverio Costanzo a Iñárritu: quando la Mostra del Cinema di Venezia (ri)monta i film
Non è certo la prima volta che un film viene rimontato a seguito dei feeback ricevuti durante le anteprime, gli screening test o a seguito di un festival. Tra l'altro, ultimamente, sta succedendo spesso (a dimostrazione di quanto l'opinione del pubblico sia oggi più che mai essenziale). Sempre a Venezia, nel 2022, Alejandro González Iñárritu presentava Bardo, la cronaca falsa di alcune verità che durava ben 174 minuti. Un timing definito "eccessivo" dalla critica, spingendo il regista messicano a rivedere le tempistiche, arrivando ai 159 minuti finali disponibili in streaming su Netflix. Celebri poi le sette versioni di Blade Runner di Ridley Scott, plasmate nel corso degli anni, seguendo l'umore delle proiezioni in anteprima. Sulla stessa linea le versioni di Apocalypse Now di Francis Ford Coppola. Durate diverse, montaggi diversi, necessità diverse da parte del regista, che dalla versione Redux del 2001 muterà nella Final Cut presentata nel 2019.
Tre esempi significativi, che si legano al discorso contestuale di Finalmente l'alba. Senza storcere il film, Saverio Costanzo, delineando una film comunque lineare nella sua potente narrazione, aumentando il ritmo di una storia animata dagli occhi della sua straordinaria protagonista "Stare con un personaggio semplice aiuta molto", diceva il regista a Venezia 2023. "In fondo, il mio è un film complesso, ma anche semplice". La semplicità cercata, allora, si sposa con il piano d'ascolto del regista, che dopo Venezia ha preso la decisione (non facile) di rimettere mani nella storia di Mimosa, in una Roma suadente che aspetta le prime luci del mattino per rivelare tutta la sua accecante e rinnovata bellezza. Una lettura che arriva dopo aver visto la final cut, in cui le parole del regista non fanno altro che confermare le nostre impressioni: "Finalmente l'alba è un film in movimento. E poi il film lo completano gli spettatori, riflettendo la loro luce. L'esperienza veneziana da spettatore è stata istruttiva, ecco".