Dopo avervi raccontato i nostri 10 film più sottovalutati degli ultimi 10 anni, eccoci davanti all'altro lato della medaglia. Quello più ingiustamente splendente e scintillante. Eccoci davanti a film elevati da premi ingiusti, amati ciecamente oppure baciati dalla Dea Fortuna. Non parleremo solo di Oscar immeritati, ma anche di coincidenze, tormentoni, assieme alla capacità di vivere persino di luce riflessa. Sì, vi parleremo dei 10 film più sopravvalutati degli ultimi 10 anni, e ve lo diciamo: saremo impopolari. Per cui vi chiediamo solo un po' di pazienza nel provare a capire le nostre motivazioni. Perché ridimensioneremo molto amati non certo sminuirli, ma per riflettere insieme sui motivi del loro successo forse un po' immeritato. Ecco quali sono in rigoroso ordine cronologico.
1. Frozen (2013)
Un antagonista che non sembra cattivo come gli altri e per questo sconvolge ancora di più i più piccoli, un rapporto sincero tra sorelle al centro della storia e una principessa che non ha bisogno di un principe per esprimere se stessa. Frozen ha avuto il merito di aggiornare la formula dei classici disney, e questo gli va riconosciuto, ma andando oltre il tormentone (o forse dovremmo dire tormenta) di ghiaccio, forse il film ha avuto davvero un successo spropositato. Soprattutto se lo mettiamo a confronto con l'effettiva qualità del film. Partiamo dalle canzoni, sì orecchiabili, ma davvero lontane anni luce dalla complessità e dai raffinati arrangiamenti sentiti in Pocahontas, Mulan, Aladdin o Il gobbo di Notre Dame.
Infatti la tanto amata Let it go sembra davvero una buona canzoncina melodica "da Sanremo anni Novanta". Senza dimenticare la spalla comica più insopportabile di sempre (Olaf) e un comparto artistico davvero poco ispirato sia nelle scenografie (ripetitive e spoglie) che nel character design, troppo simile a quello di Rapunzel (film che gli è nettamente superiore per scrittura, ritmo e originalità). Dopo aver scalzato Il re leone dalla vetta, Frozen è stato il classico Disney con più incassi nella storia del cinema sino all'arrivo del suo sequel, ma secondo noi resta una buona fiaba per bambini molto più modesta del suo clamoroso successo.
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2. Revenant (2015)
È da sette anni che abbiamo un dubbio: e se in Revenant DiCaprio non stesse dando la caccia ai suoi aguzzini, ma stesse solo implorando e strisciando pur di avere il suo stramaledetto Oscar? Diciamolo senza messe misure: il film di Iñárritu sembra costruito soprattutto per spezzare la maledizione di DiCaprio, che prima di questa fatica estrema era stato nominato cinque volte senza vincere mai la statuetta. Revenant - Redivivo è un film girato benissimo, con un'eleganza formale nella messa in scena davvero straordinaria, tanto da rendere la Natura quasi un personaggio severo a sé stante-Però va anche detto che nel complesso il film si specchia troppo nella sua estetica, frenato anche da tante sequenze oniriche troppo ridondanti. Per noi l'Oscar vinto da DiCaprio con questo film è quasi un Oscar alla carriera, perché lo avrebbe meritato molto di più per altri ruoli.
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3. The Imitation Game (2015)
Otto nomination agli Oscar per buon film che non fa nulla di più del suo compitino per raccontare la vera storia del geniale Alan Turing. The Imitation Game è il classico biopic girato col pilota automatico, senza guizzi o idee particolarmente innovative. Un ritratto canonico che si affida alla sua storia straordinario attraverso cinema ordinario. Fosse uscito nel 2000, forse, sarebbe stato da lodare, ma tutto assomiglia ad un dejà vù. Cumberbatch è alle prese con la sua ennesima maschera di genio superiore tormentato e glaciale, mentre Keira Knightley non riesce proprio a farci capacitare di una delle più assurde nomination all'Oscar degli ultimi anni. Sarà per il ritmo compassato oppure per il suo stile patinato da film su Rai Uno, ma The Imitation Game per noi è stato un grande abbaglio.
4. Moonlight (2017)
Anche in questo caso è l'Oscar a fare la differenza. Perché Moonlight resta un buon film drammatico, esaltato da un Oscar al Miglior Film secondo noi alquanto generoso. Barry Jenkins confeziona una storia struggente, forse a tratti sin troppo compiaciuto del suo stesso dramma messo in scena in modo insistente, impreziosito da un'ottima fotografia e da un buona messa in scena. Però diciamo la verità: molti Moonlight l'hanno già dimenticato. Quell'anno l'Oscar doveva lo meritava l'agrodolce realismo magico di La La Land. Per molti sopravvalutato anch'esso, ma secondo noi rimasto nell'immaginario collettivo molto più del film che lo ha beffato agli Oscar durante una premiazione a dir poco tragicomica.
5. Bohemian Rhapsody (2018)
Forse la nota stonata della nostra classifica. Perché, dopotutto, nessuno dei film citati è un'opera modesta, ma in questo caso Bohemian Rhapsody lo è eccome. Un successo clamoroso, incassi alle stelle e persino quattro Premi Oscar a condire un plebiscito per noi inspiegabile. Cosa sarebbe stato di Bohemian Rhapsody senza il mito dei Queen e senza l'eco di un'icona assoluta come Freddy Mercury? Forse le briciole. Il film è un biopic classico, che più classico non si può, che tra siparietti da soap opera, dialoghi superficiali e quella ricostruzione finale che non fa altro che riempire i 20 minuti finali del film con un clamoroso copia e incolla del celebre concerto dei Queen. Il vero problema di Bohemian Rhapsody è l'interpretazione di Rami Malek, incapace di restituire quella grande contraddizione che era la mascolinità effeminata di Freddy Mercury. Impedito da quei dentoni enormi e ridotto a macchietta, Malek ha provato goffamente a imitare Mercury manco fosse in una puntata ad alto budget di Tale e Quale Show. Il suo forse è uno degli Oscar più immeritati di sempre, visto che quell'anno ha battuto gente come Viggo Mortensen (eccezionale in Green Book) e Christian Bale (eccelso in Vice). Per informazioni su un biopic musicale davvero bello e innovativo, rivolgersi
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6. Black Panther (2018)
Qui siamo davanti al tipico esempio di film esaltato per quello che rappresenta, non per quello che effettivamente è o vale a livello puramente artistico. Il motivo è presto detto. Negli Stati Uniti il buon film di Ryan Coogler ha infiammato gli animi del pubblico afro-americano che ha finalmente trovato in Black Panther un eroe popolare in cui identificarsi (visto che ai tempi Blade, che a dire il vero era più un antieroe che un eroe vero e proprio, non ebbe c'erto l'eco mediatica del film targato MCU). Questa legittimo entusiasmo sociale per una rappresentazione agognata per decenni interi ha in parte alterato la percezione di un onesto cinecomic da 7 in pagella, capace di riproporre gli archetipo de Il re leone in un film di supereroi. Elevato anche da 7 nomination e 3 Oscar vinti, Black Panther ha avuto il merito di regalarci uno dei migliori antagonisti del franchise (il carismatico Killmonger di Michael B. Jordan) e raccontare il dilemma morale di un popolo intero. Peccato per le sequenze action davvero troppo posticce e per una resa tecnica non proprio eccezionale.
7. A star is born (2018)
Luce riflessa. Ecco di cosa vivono alcuni film. A Star Is Born è un remake, per cui è normale che non brillasse certo per originalità, ma senza il gossip sul probabile flirt tra Bradley Copper e Lady Gaga anche fuori dal set, forse se ne sarebbe parlato molto meno. Non è un caso che l'immagine più emblematica di A Stat is Born sia l'esibizione degli Oscar, con l'attore e la cantante affiatati e credibilissimi insieme sul palco. Il film resta la classica storia di amore piena di contrasti con il successo a inquinare gli equilibri di coppia. Anche se va detto che Bradley Cooper, anche regista del film, a un certo punto sembra più interessarsi al suo personaggio che a quello di Lady Gaga. Tanto clamore e persino 8 nomination agli Oscar per un film tutt'altro che memorabile.
8. Avengers: Endgame (2019)
La sala che esulta in coro come se fossimo allo stadio, i nostri eroi finalmente riuniti contro quel maledetto Thanos e la sensazione di vivere insieme agli altri grande emozione collettiva. L'impagabile emozione davanti a quel "Avengers Uniti" rimarrà per sempre nei nostri cuori. E per questo saremo sempre grati ad Avengers: Endgame, ma cosa resta al di là di quell'apice emotivo? Secondo noi Endgame vive parecchio di rendita, basandosi tantissimo su tutto quello che Infinity War aveva ben seminato prima di lui. Rispetto al suo predecessore, secondo noi molto più compatto, riuscito ed equilibrato, Endgame non riesce a far convivere bene l'alternanza di toni, passando dell'epico all'ironico in modo più brusco. Non ha aiutato nemmeno la dinamica dei viaggi nel tempo, non solo già vista e rivista altrove, ma non proprio gestita alla grande. Senza dimenticare il momento peggiore del film: la reunion di personaggi femminili, che rappresenta uno dei momenti più forzati e ruffiani di girl power visto in un film pop. Scena poi giustamente derisa da The Boys. Insomma, il film con più incassi nella storia del cinema ha fatto il suo dovere, ma a livello qualitativo non è assolutamente il miglior cinecomic di sempre. Per rimanere in casa Marvel, Avengers: Infinty War, Guardiani della Galassia e Captain America: The Winter Soldier hanno fatto sicuramente meglio.
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9. Il re leone (2019)
Il cerchio della vita va avanti. La gabbia della nostalgia guarda solo indietro, al bambino che non sei più, alla spensieratezza che ti rievoca quella canzone. Puro illusionismo senza sostanza alla base. Il Re Leone è solo questo: un ruggito nostalgico. Niente di più. Al di là di un paio di battute e qualche sequenza inedita, non c'è un'idea in tutto il film. Semplice copia e incolla di inquadrature e dialoghi. Il tutto messo in scena con un realismo impressionante, degno di un documentario strabiliante, ma in cui il meraviglioso character design del cartone animato originale, così espressivo e raffinato, viene azzerato in favore del verosimile. Peccato che quegli animali verosimili poi parlino. E cantino. Con un risultato a dir poco straniante. Nota di demerito anche per il doppiaggio italiano, con Elisa e Marco Mengoni parecchio in difficoltà.
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10. Il potere del cane (2021)
C'è un divario abissale tra le recensioni europee e quelle americane de Il potere del cane. Il dubbio è uno: forse c'è un sottofondo culturale che qui da noi non ci fa apprezzare appieno il film di Jane Campion. Perché nonostante il western in questo caso sia solo un genere di facciata, l'immaginario di frontiera abitato da cowboy riluttanti e proprietari terrieri fa parte di un tessuto culturale molto più vicino agli stati uniti che a noi. Forse per questo non ci siamo entusiasmato davanti a Il poter del cane, che nonostante una meravigliosa confezione estetica, ci è sembrato parecchio zoppicante nel ritmo e soprattutto difettoso a livello drammaturgico. È come se il film abbozzasse tanti conflitti tra i personaggi senza approfondirli mai. Tutto rimane inespresso, a tratti incompiuto, proprio come il personaggio di Benedict Cumberbatch che non è riuscito a farci entrare sotto la sua corazza. Per questo le sue 12 nomination agli Oscar sono un generoso regalo.
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