Cercare le immagini e le parole giuste, parlando di chi le trovava sempre. Perché dentro le canzoni di Fabrizio De Andrè le parole diventano sempre immagini, si sovraccaricano di senso grazie ad un potere evocativo potente, in grado di raccontare persone, momenti decisivi, vite intere nell'arco di una sola canzone. Non dev'essere stato facile gestire una responsabilità simile. Non dev'essere stato facile confrontarsi con un gigante all'apparenza sacro e intoccabile come uno dei cantautori italiani più amati e celebrati di sempre. Però Luca Facchini è riuscito nell'impresa di raccontarci l'uomo celato dentro e dietro l'artista. Lo ha fatto con Fabrizio De André - Principe Libero, un biopic scrupoloso nel sondare l'anima tormentata di un ragazzino nato e cresciuto in una famiglia di cui non ha mai sopportato l'agio e le tante possibilità. De André preferiva vagabondare e non avere un destino segnato, preferiva sporcarsi le mani e gli occhi nei vicoli della sua Genova piuttosto che starsene con la schiena dritta come un bravo borghese.
Pieno di dettagli intimi sul suo vissuto familiare e sentimentale, il film di Facchini riesce a delineare bene una persona complessa e in perenne ricerca di un pezzo mancante, a livello sia umano che artistico. Un omaggio pieno di passione e rispetto che, dopo l'uscita cinematografica dello scorso gennaio, arriva anche su Rai 1 il 13 e il 14 febbraio. Una vita in due atti, sulle note vibranti e malinconiche di un grande poeta prestato alla grande musica.
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Sulle corde di Faber
Per entrare sotto la pelle spessa di Fabrizio De Andrè c'era bisogno di qualcosa che lì sotto ci fosse stato davvero. Per questo la passione, l'entusiasmo e la collaborazione di sua moglie Dori Ghezzi hanno fornito al film un apporto straordinario e fondamentale, un contributo che Facchini ci tiene a precisare: "Per me è stato un orgoglio essere entrato nel mondo di Fabrizio attraverso gli occhi e le esperienze dirette di Dori. Sono sempre stato un fan sfegatato di De André, ma ho sempre pensato di non averlo mai capito davvero come persona. Invece, attraverso il film, mi sono avvicinato molto di più a lui, alla sua autenticità, e per questo abbiamo cercato di non fare qualcosa di artefatto. Così ho chiesto a Luca Marinelli di essere il più naturale possibile, di non interpretare Fabrizio De André, ma di rappresentare Fabrizio De André. Era un atto dovuto nei confronti di un artista che non ha mai trasformato la sua etica in moralismo, che non ha mai usato la conoscenza per asserire qualcosa di diverso dalla libertà. Poter raccontare tutto questo è stato un sogno".
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