70 milioni di dollari in USA, già quasi 100 nel mondo. Con questo significativo biglietto da visita arriva nelle nostre sale Everything Everywhere All at Once, il fenomenale progetto targato A24 e diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert (noti come The Daniels), che già dal poster viene definito "Il film definitivo sul multiverso". Parole forti, dopo che i Marvel Studios hanno ormai introdotto, sdoganato e reso remunerativo il concetto di universi multipli su schermo. Parole forti delle quali non possiamo che confermare la veridicità in questa recensione di Everything Everywhere All at Once: il film distribuito da I Wonder non si limita a sfruttare il multiverso come espediente narrativo, lo rende esplosione creativa, fantasia che corre a briglie sciolte, pluralità di intuizioni, trovate e idee in grado di rendere unica e irripetibile l'esperienza cinematografica proposta. Quello che il cinema dovrebbe essere, soprattutto in questo periodo difficile.
Persa in infiniti mondi
Si parte dal piccolo, dall'ordinario, dal quotidiano. Da Evelyn Wang, che gestisce una piccola lavanderia a gettoni con il marito Waymond, che ha una figlia adolescente con la quale non riesce più a comunicare e un padre anziano che non ci sta più con la testa. Una vita fatta di piccole lotte quotidiane che poco per volta sta minando anche il rapporto tra Evelyn e Waymond, che vivono con lo spettro di un divorzio all'orizzonte, fino a un ordinario controllo di routine all'Agenzia delle Entrate che diventa un punto di svolta per le loro esistenze... e per il mondo intero: Evelyn viene catapultata in un'avventura che mai avrebbe immaginato, pericolosa, avvincente e senza regole attraverso tutte le possibili dimensioni dello spazio e del tempo. Il fardello che ricade sulle sue spalle è importante quanto impossibile: affidarsi alle proprie capacità, e al suo coraggio, per affrontare e sconfiggere un nemico che sembra invincibile, per salvare il destino di tutti gli universi e parallelamente rimettere insieme la propria famiglia.
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Tutte le possibile Evelyn
Tanti universi, tante versioni diverse degli stessi personaggi. Non è uno spoiler, è il funzionamento stesso del concetto di multiverso, ma anche la difficilissima prova che ha dovuto affrontare Michelle Yeoh per portare su schermo la sua Evelyn e tutte le sue varianti. Non è un caso se abbiamo inserito Everything Everywhere All at Once nella nostra lista di film da tener d'occhio per i prossimi Oscar, perché il film di Daniel Kwan e Daniel Scheinert si candida a ritagliarsi uno spazio nella stagione dei premi, a cominciare dalla sua straordinaria protagonista: Michelle Yeoh cambia attitudini e presenza scenica della sua Evelyn all'occorrenza, muta registro e scivola da una suggestione all'altra con la repentina fluidità con cui il suo personaggio precipita da un universo all'altro. Una prova straordinaria che vi consigliamo, laddove possibile, di apprezzare in originale.
Non è sola in questa impresa impossibile, perché perfettamente coadiuvata da un cast ugualmente in forma: accanto a lei nel ruolo di Waymond troviamo Ke Huy Quan, l'interprete che abbiamo conosciuto negli anni '80 come il Data de I Goonies o compagno d'avventura di Indiana Jones nel secondo film dedicato al personaggio, mentre è impagabile la prova autoironica di Jamie Lee Curtis nei panni della spietata impiegata dell'Agenzia delle Entrate con cui Evelyn e Waymond devono vedersela, splendida intuizione di un film che sembra avere sempre una nuova cartuccia da giocarsi.
Un instant cult... in ogni universo
Divertente ed emozionante. Folle, brillante e spiazzante. Everything Everywhere All at Once sembra ricalcare nel suo sviluppo le suggestioni del suo titolo: tutto, ovunque e tutto insieme. Un fuoco di fila di idee che tengono costantemente alta l'attenzione, sovvertono le aspettative, ma allo stesso tempo non risultano macchinose o complesse da seguire. Il motivo è una scrittura pulita pur nella sua esplosiva creatività, credibile e verosimile anche quando sfocia in follie surreali, che non perde di vista i protagonisti, le loro pulsioni e dinamiche interpersonali: che siano il rapporto moglie/marito o madre/figlia, il film riesce a indagare i rapporti e raccontare di Evelyn e Waymond così come del complesso rapporto tra la donna e Joy (un'altrettanto brava Stefani Hsu), senza che questi siano cannibalizzati dalle esigenze di un plot pirotecnico e travolgente dal primo all'ultimo minuto.
Un Instant Cult insomma che arriva nelle nostre sale con questo status già acquisito e consolidato, che si impone come punto di riferimento per le storie che vorranno usare l'espediente dei mondi paralleli da qui in avanti. Un'ulteriore conferma del valore di A24 in termini produttivi, un vero e proprio brand capace di donare a ogni progetto che segue il proprio valore aggiunto.
Conclusioni
Nella recensione di Everything Everywhere All at Once vi abbiamo parlato di un film da non perdere, di un’esplosione di creatività, un vortice di idee capace di travolgere lo spettatore e trascinarlo da una sensazione all’altra: stupore, emozione, divertimento, tutto e tutto insieme è presente nel film dei The Daniels, valorizzato dall’incredibile prova di Michelle Yeoh e dall’impagabile partecipazione di Jamie Lee Curtis. Un Instant Cult con cui tutti i futuri film sul multiverso dovranno fare i conti.
Perché ci piace
- Il fuoco di fila di idee e spunti, il vortice di creatività (apparentemente) senza controllo.
- Michelle Yeoh, straordinaria nel rendere tutte le possibili Evelyn.
- Una impagabile Jamie Lee Curtis.
- La capacità di indagare emozioni e rapporti umani pur nei momenti più folli.
Cosa non va
- Non sarà più possibile vedere altri film sul concetto di multiverso.