Il dicembre 2022 potrebbe essere ricordato, almeno in Italia, come il mese dedicato a Steven Spielberg e al suo universo. Qualche giorno fa, per l'esattezza era lunedì 12, John Williams si è esibito per la prima volta al teatro Alla Scala di Milano; il 22 invece uscirà nelle sale italiane l'ultimo lavoro del regista dopo le anteprime del 17 e 18 (ne potete leggere nella nostra recensione di The Fabelmans); mentre, come ogni anno ovviamente, il 18 dicembre Spielberg compie gli anni. Proprio in vista di questa ricorrenza abbiamo pensato di porgere i nostri personalissimi auguri al cineasta di Cincinnati provando ad analizzare, sotto la nostra lente d'ingrandimento, una sequenza tratta da uno dei suoi film più iconici che quest'anno celebra il quarantesimo anniversario: E.T. l'extra-terrestre.
Un alieno molto terrestre
A detta della maggior parte del pubblico, E.T. l'extra-terrestre è uno dei film più emozionanti firmati da Steven Spielberg. In effetti è difficile restare impassibili di fronte alle fantasmagoriche avventure di Elliott e del celebre mostriciattolo creato dalla fantasia artigianale di Carlo Rambaldi. Spielberg realizza un lungometraggio ad altezza bambino, lasciando spesso e volentieri fuori campo gli adulti (i veri antagonisti del racconto) per lavorare completamente sullo stupore e sulla meraviglia impressi in maniera indelebile sui volti dei ragazzini protagonisti e quelli dei giovanissimi spettatori che si relazionano con la pellicola da generazioni e generazioni.
Le scene antologiche non si contano: dall'arrivo in casa dell'alieno sino al magico bacio durante la lezione di biologia; dalla sfilata di Halloween sino all'immancabile sequenza del volo in bicicletta. E.T. l'extra-terrestre ha segnato l'immaginario collettivo e giustamente ancora oggi continua a incantare e a non risentire del peso degli anni. Questo grazie alla sua componente emotiva che lo rende, appunto, uno dei film più commoventi e riusciti, sotto questo punto di vista, nella carriera di Spielberg. Se infatti è vero che il racconto è prettamente fantascientifico, è altrettanto vero che la drammaturgia che fa da ossatura al progetto e la scansione delle sequenze ha permesso al cineasta di realizzare un film che racconta dell'importanza dell'amicizia e della famiglia prima ancora che stupire per gli effetti speciali e i momenti più concitati. Basti pensare alla nomenclatura dei due personaggi principali: il nome E.T. è composto dalla prima e dall'ultima lettera del nome Elliott, come a dire che il legame tra i due sia già indissolubile a cominciare già dalla loro identità. Eppure, proprio il fatto che le emozioni siano state recepite in maniera così corposa dal pubblico "terrestre" (seppur il protagonista sia un alieno venuto dallo spazio più profondo) deve farci riflettere su quelle che probabilmente furono le intenzioni di Spielberg nel cimentarsi con questa materia. Così, analizzando con attenzione il celeberrimo finale del film, possiamo trovare un indizio davvero interessante, una sorta di manifesto poetico di ciò che interessa al regista da sempre e che, come dimostra anche il recente The Fabelmans, è il vero motore pulsante del suo cinema.
E.T. - L'extraterrestre: Perché ancora oggi è il miglior amico immaginario che si possa avere
Un cuore rosso al centro di tutto
Ci troviamo nei minuti finali della pellicola. I due amici Elliott ed E.T. stanno per dirsi addio per sempre. Il clima è decisamente caldo e la partitura di John Williams contribuisce eccome a fomentare le lacrime di ognuno di noi. Tutti ricordano le loro ultime battute. Il piccolo umano implora l'alieno di restare, E.T. invece lo invita a partire con lui. La soluzione ovviamente non può che essere una: reclinare tutta la loro amicizia a un indelebile ricordo. "Io sarò sempre qui". Con queste parole l'extra-terrestre si congeda dalla sua famiglia adottiva. Spielberg abbonda di retorica, sia per quanto riguarda la musica che per quanto riguarda la componente visiva piena di luci fortissime che inondano le sagome e i volti dei personaggi. È un momento di grandissima finzione scenica. La macchina cinematografica organizzata dal regista è finalizzata esclusivamente a suscitare emozione nel pubblico e l'obiettivo è più che centrato. E.T. sale sulla nave spaziale e si volta per scorgere fino alla fine i suoi amici terrestri.
Mentre è solo sull'uscio dell'ufo, il portellone inizia a chiudersi, ed è proprio in questo istante che Spielberg decide di urlare a gran voce ciò che più gli interessa e gli preme quando dirige un film. Se infatti facciamo attenzione, la forma della porta dell'astronave si chiude seguendo una forma ben precisa. Sembrano infatti gli ingranaggi di un otturatore. L'otturatore è una componente meccanica presente nelle macchine fotografiche e nelle cineprese. È lo strumento che blocca l'ingresso della luce dentro l'obiettivo per permettere che questa venga impressa poi sulla celluloide. Bene, se quindi il portellone dell'ufo ha la forma dell'ingranaggio interno di una cinepresa, possiamo simbolicamente pensare che rappresenti proprio la macchina da presa di Spielberg, il suo occhio cinematografico. Poco alla volta il tutto si chiude, sempre di più, inesorabilmente.
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L'ultima porzione di corpo che ci viene mostrata però, l'ultima sacca di resistenza che resta visibile fino alla chiusura totale dell'otturatore, è il cuore rosso pulsante dell'alieno, simbolo, chiaramente, delle emozioni. Ecco allora che con un solo frame, Steven Spielberg sta urlando a tutto il mondo che ciò che maggiormente interessa alle sue cineprese (e di conseguenza al suo occhio) non sono gli effetti speciali, le esplosioni ritmate, le sequenze action o i mondi immaginifici in cui spesso il suo cinema ci conduce. Il cuore rosso è il centro nevralgico del cinema di Spielberg, la base fondamentale delle sue storie, dei suoi racconti: il primo interesse e l'ultimo pensiero di ogni suo progetto. E.T. l'extra-terrestre è quindi ricordato come il suo film più emozionante proprio perché è il film in cui questa ossessione per le emozioni emerge nella maniera più netta, centrale e manifesta possibile.