Quanto è importante il titolo di un film per descrivere i suoi contenuti e presentarsi allo spettatore? Potrebbe sembrare un thriller ambientato in una stazione spaziale, ma, come si leggerà presto in questa nostra recensione di Estraneo a bordo, il film di Joe Penna sceglie una via più insolita. Poco interessato a costruire una tensione o a scendere a patti con il cinema di genere, come si potrebbe pensare dal primo atto, questo nuovo titolo presente sul catalogo di Netflix basa il proprio racconto su un ritmo incessante e rilassato, decidendo di abbracciare il dramma esistenziale senza mezzi termini. I film ambientati nello spazio spesso hanno a che fare con una dimensione metaforica che riguarda la solitudine, lo smarrimento che precede il ritrovarsi, il sentirsi di nuovo appartenere a un luogo. Proprio nell'assenza di luce e nel rimanere chiusi in un luogo perso nell'infinito, i personaggi di questi film compiono un'evoluzione. Succederà così anche ai protagonisti di Estraneo a bordo, anche se in maniera del tutto inusuale rispetto a quello che ci aspetteremmo.
Tre personaggi verso Marte
È il racconto di una missione verso Marte, un progetto a lungo ambito e desiderato da parte della squadra capitanata da Marina Barnett (Toni Collette). Con lei ci sono un biologo di nome Kim (Daniel Dae Kim) e una ricercatrice medica di nome Zoe (Anna Kendrick). I tre stanno per compiere un viaggio che li vedrà occupati per due anni: per alcuni di loro è il compimento di una vita di studi, un'occasione più unica che rara (e per questo si giustifica l'allontanamento dalla propria famiglia per tutto questo tempo), per altri è un'esperienza totalmente nuova e incredibile. Zoe è la più giovane del gruppo, quella che più si meraviglia di trovarsi nello spazio profondo. È la ragazza entusiasta con la voce da bambina, tutto il contrario di Barnett, donna algida e perfetta per trattenere le emozioni e usare poche precise parole per dare ordini. Kim è l'uomo che sta in mezzo tra questi due poli, tra l'umano e lo scienziato. Nella stazione spaziale, però, accade l'imprevisto. Come facilmente lascia intuire il titolo, insieme a loro c'è un estraneo di nome Michael Adams (Shamier Anderson), un ingegnere che è rimasto, in maniera imprevedibile, all'interno della navetta al momento del lancio. Ora i quattro sono troppo distanti dalla Terra per poter tornare indietro e sono troppi per l'ossigeno rimasto disponibile. Uno di loro dovrà, per forza di cose, lasciarsi morire per salvare tutti gli altri.
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Un cast d'eccezione per un ritmo rilassato
Le premesse sono intriganti e, complice un inizio che cerca di evitare eccessive lungaggini, il film sembra decollare ad alta velocità come la navetta spaziale, unico ambiente presente. Successivamente, proprio con l'arrivo della figura estranea nel cast dei personaggi, il film potrebbe trasformarsi in un thriller colmo di tensione, ma così non fa. Sceglie invece una via più rischiosa, ovvero un ritmo rilassato e abbastanza disteso, composto da chiacchierate e piccole rivelazioni ben dosate, ma costante. La sensazione di pericolo e la tragedia in corso vengono così espresse attraverso la percezione di inesorabilità, di destino incombente. Questo prediligere lo scandire del tempo e non relegare all'azione e al movimento questo conto alla rovescia è anche il difetto maggiore di Estraneo a bordo, incapace di coinvolgere davvero lo spettatore con una storia che possa colpirlo. Va meglio nel terzo atto in cui il film non rinuncia alle caratteristiche che fin lì ha mantenuto, ma sa gestire al meglio il ritmo del racconto attraverso una lunga sequenza che non ha nulla fuori posto. A reggere il film sono i quattro attori, perfetti per la parte che devono interpretare. Certo, le emozioni sono trattenute per gran parte del tempo e solo raramente i personaggi si lasciano trasportare esprimendo quello che provano. Ma è proprio in questa capacità, tra detto e non detto, che si ritrovano la bravura e il talento degli attori. Il vero punto di forza di Estraneo a bordo.
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Ciò che un film lascia
Arrivati ai titoli di coda, il titolo del film acquista un nuovo significato, forse arrivando pure a riflettere sul senso di "straniero" all'interno della storia. È proprio in questo momento, in un finale che non può lasciare l'amaro in bocca (e dove gli effetti speciali sono perfettamente inseriti), che lo spazio in cui i personaggi sono inseriti, di cui uno in particolare, sembrano definire al meglio il senso del titolo e del film. Forse l'estraneo non è il quarto uomo inizialmente non previsto nell'equipaggio, ma ne descrive un modo di vivere, di ragionare, di agire. Osservando il cielo e la vastità dell'infinito il film vorrebbe lasciare allo spettatore uno spunto di riflessione, legato ovviamente alla natura umana: vuole compiere un lungo salto senza averne prima preso la giusta rincorsa. E così, se è vero che il finale lascia abbastanza soddisfatti, è altrettanto forte la sensazione che ci sia un messaggio importante nascosto. Troppo nascosto, perduto nello spazio.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di Estraneo a bordo non possiamo ritenere il film un insuccesso. Grazie a un quartetto davvero convincente, il film si lascia guardare fino alla fine con un terzo atto che regala qualche momento di tensione in più. Perché per gran parte del film, il ritmo è sin troppo disteso, seppur costante, e nonostante l’impegno di voler trasformare un dramma in un qualcosa di più profondo, arrivati ai titoli di coda si ha il sentore che non tutto sia stato raccontato al meglio.
Perché ci piace
- I quattro attori protagonisti reggono l’intero film sulle loro spalle dimostrando un ottimo talento.
- Il terzo atto del film sa coinvolgere.
- Buoni gli effetti speciali.
Cosa non va
- Il ritmo dilatato e costante non appassiona così tanto come previsto.
- Il risultato nel finale è che non si percepisce il significato forte che il film vorrebbe avere.