Era mio padre
Road movie a metà tra documentario e fiction, Chi l'ha visto è un'opera interessante che fa della contaminazione tra codici linguistici diversi un punto di forza in grado di sospingere una storia familiare gravida di pathos. Diretto dalla fotografa berlinese Claudia Rorarius e interpretato dall'attore di musical tedesco Gianni Meurer, nel ruolo di se stesso, Chi l'ha visto ci scaraventa nel dramma di un figlio alla ricerca del proprio padre e ci conduce negli abissi della sua disperazione.
Finzione e realtà si mescolano e s'intrecciano sorprendentemente come in una matrioska: l'attore protagonista interpreta se stesso e ri-vive sul set la propria storia, quella di un giovane di madre tedesca che è stato abbandonato dal padre italiano e vorrebbe ritrovarlo a distanza di anni. La biografia di Gianni viene dipanata a partire dal suo profilo psicologico: un ragazzo omosessuale intorno ai trent'anni appassionato di musica, specie quella leggera italiana, che si gode i piaceri fugaci della vita in locali notturni dell'underground berlinese, tra gli avanzi della società e la magica polverina bianca. Gianni decide di partire in auto, solo con la propria determinazione e con l'aspirazione a un'identità tricolore che sente viva e cerca di esprimere come può, indossando t-shirt delle squadre locali o appiccicando sul cruscotto un adesivo patriottico. Prova allora, dietro consiglio di un uomo cui aveva mostrato la foto del papà da giovane, un ex giocatore professionista di palla a mano che tutti trovano somigliante ad Alain Delon, a rivolgersi alla trasmissione Chi l'ha visto? Le sue ricerche però saranno molto più difficili di quanto immaginava.
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