La vita delle star del cinema è sotto gli occhi di tutti: set sontuosi, alberghi di lusso, club esclusivi, fan adoranti, milioni come se piovessero e tanto sesso facile. I segreti, a Hollywood, praticamente non esistono; ma ci sono aspetti poco noti o poco discussi del dietro le quinte sociale e professionale di attori, cineasti, agenti, manager e pubblicisti che nessuno, prima di Doug Ellin con il suo Entourage, aveva saputo raccontare con tanto brio e dispiego di talento. Ellin ha preso spunto dalla carriera e dall'entourage di un attore che ha vissuto una parabola piuttosto significativa, dai trascorsi da piccolo criminale all'expoit come modello di Calvin Klein fino alla nomination all'Oscar per The Departed - Il bene e il male di Martin Scorsese: parliamo naturalmente di Mark Wahlberg, che di Entourage è anche produttore esecutivo ed occasionale guest star nei panni di sé stesso.
Come Wahlberg, il giovane protagonista di Entourage Vincent Chase ha origini umili (viene dal quartiere di Queens, mente Wahlberg è nato in un sobborgo di Boston) e grandi ambizioni. E' arrivato a Los Angeles con la sua "famiglia": l'amico di una vita Eric Murphy, l'"autista" e compare Turtle, e il fratello, attore fallito in cerca di rilancio, Johnny "Drama" Chase. Ma rispetto all'ex Marky Mark sembra avere qualche vantaggio: è bello come un Adone, e nessuno dubita delle sue potenzialità. A curare i suoi interessi c'è Ari Gold, uno degli agenti più in vista dell'ambiente (ispirato al vero agente di Wahlberg, il potente Ari Emanuel), mentre Eric, l'amico sveglio, mette il suo ingegno al servizio della sua carriera e gli altri amici sono pronti a soddisfare qualsiasi desiderio in cambio della sua compagnia e delle opportunità che essa garantisce - soprattutto con il gentil sesso.
Ma Entourage non è solo svettanti ragazze, ville incantevoli, champagne, televisori al plasma e celebrità (anche se di tutto ciò ce n'è in abbondanza). La giovane promessa che sembra avere la strada verso la gloria spianata davanti a sé non avrà sempre vita facile: dovrà vederselà con l'avidità e la vendicatività degli studios, con frustrazioni e conflitti pofessionali, con rapporti finiti male e brucianti voltafaccia. Lo show esplora tutto questo attraverso i cinque personaggi principali - i quattro amici e Ari Gold, che diventa sempre più prominente con l'avanzare delle stagioni - spaziando tra vicende professionali e personali senza mai tirarsi indietro (si tratta, giova ricordarlo, di una produzione HBO) di fronte alla volgarità, all durezza, alla misoginia, alla superficialità del mondo che racconta. Sono all'ordine del giorno ritratti feroci e parodie sferzanti, e non mancano le star che accettano di comparire nello show per offrire versioni da tabloid di sé stesse.
In barba alla fatuità e alla crudeltà del jet set che inevitabilmente emerge, Entourage ha avuto un'eccellente presa su pubblico e critica, come dimostra la sua longevità (la HBO sta per trasmettere la quinta stagione) e la quantità di premi che conquista anno dopo anno.
In un certo senso, il serial di Ellin ha inaugurato un trend: sono diversi gli show che hanno seguito le sue orme nel ritrarre il backstage del mondo dell'intrattenimento, che sia cinematografico o televisivo - pensiamo a 30 Rock e a Studio 60 della NBC, o al britannico Extras. Questo indica che il pubblico, quello americano in particolare, ama confrontarsi con questo ambiente tanto distante dalla sua quotidianità e di cui sono sempre bene in vista le luci, meno le ombre.
Ma il successo di Entourage non si deve soltanto a questa forma di innocente voyerismo, perché la sua arma vincente sono i personaggi, a volte caricaturali, ma sempre misteriosamente amabili e decisamente divertenti. Tutti si comportanno spesso in maniera poco etica, e ci si aspetterebbe che suscitassero invidia o disprezzo per il loro stile di vita e le loro eccessive fortuna, ma avviene esattamente il contrario.
Vince (Adrian Grenier) non è solo un bel paio di occhi blu, è un personaggio credibile e con i suoi capricci si riesce a simpatizzare; Eric (Kevin Connolly), la "mente" dell'entourage, è abbastanza "normale" e umano perché possiamo condividere il suo punto di vista; Drama è forse la macchietta del gruppo, ma col tempo Kevin Dillon - che un attore messo in ombra dal frattello (un certo Matt) lo è davvero - è riuscito a renderlo tanto vulnerabile da intenerire anche i cuori di pietra, e la sua chimica con Jerry Ferrara è davvero sensazionale: la coppia Drama e Turtle regale interludi impagabili.
Ma la forza propulsiva di Entourage è Ari Gold aka Jeremy Piven; un veterano, rispetto ai suoi co-protagonisti, e un talento autentico, Piven ha messo tutto sé stesso nel ritratto di un uomo potente, arrogante, borioso, omofobo e razzista, eppure infinitamente accattivante. Per questo miracolo Piven è stato giustamente ricoperto di premi, e proprio in queste settimane concorre ancora una volta per l'Emmy. Se l'angioletto d'oro dovesse arrivare, sarebbe il terzo di seguito, un risultato storico, che il cinico Ari Gold saprebbe senz'altro quantificare in termini di offerte e cachet. Jeremy Piven, speriamo, ne godrebbe semplicemente come riconoscimento per un lavoro formidabile, per il quale anche noi siamo pronti ad applaudirlo.