Je suis Charlie
Abbiamo ancora nitide nei nostri occhi le immagini dell'attentato alla sede parigina del periodico satirico Charlie Hebdo, quando, lo scorso sette gennaio, due terroristi hanno fatto irruzione nella redazione francese uccidendo dodici persone. Tra queste il Direttore Stéphane "Charb" Charbonnier e diverse matite storiche della rivista, spesso al centro di polemiche per le irriverenti vignette su Maometto.
Nelle ore successive, tra carta stampata, TV e social network, imperversavano immagini e slogan, su tutti l'ormai celebre "Je suis Charlie", atte a testimoniare la vicinanza alle vittime e la difesa verso la libertà di stampa e di opinione. Matite e penne più potenti di una pistola o di una bomba, più incisive di un'intimidazione, hanno però spesso lasciato dietro di loro vittime e sangue da parte di chi vedeva in articoli o disegni delle minacce concrete. Dai casi più recenti, come l'uccisione della scomoda Anna Politkovskaja, giornalista russa che con i suoi reportage si è battuta per i diritti umani, scagliandosi contro la presidenza di Putin, fino ai casi nostrani che ci riportano alla Sicilia del 1978, quando Peppino Impastato, giovane attivista capace di denunciare sulle frequenze di Radio Aut gli intrighi mafiosi della sua Terra, veniva ucciso in un attentato vigliacco come chi l'aveva commissionato.
Nomi e cognomi si muove su questo terreno. Lo fa raccontando una realtà di provincia, radicata nel territorio pugliese, dove, dietro la luce del sole che fa risplendere le architetture barocche, si nascondono, in realtà, trame oscure, fatte di una corruzione tentacolare che, dal basso, arriva fino ai vertici più alti. Lo sa bene Domenico "Mimmo" Riva, giornalista e direttore di una testata locale, padre di famiglia amorevole ma spesso assente proprio perchè immerso nel suo lavoro che considera una missione, dove il sacrificio e la dedizione sono i valori fondanti che trasmette alla giovane redazione che dirige. "Volevamo partire dalla storia di Pippo Fava, poi, abbiamo cambiato la sceneggiatura in corso d'opera, staccandoci dalla sua figura per generalizzare ed inserire elementi che rimandassero a figure come Peppino Impastato e Giancarlo Siani.". Un personaggio di finzione dunque che prende spunto però da attivisti e giornalisti, su tutti Pippo Fava, reporter catanese ucciso dalla mafia nel 1984, che hanno fatto della legalità il loro credo, come puntualizza il regista Sebastiano Rizzo.
Un giornalista-giornalista
Guardando Nomi e Cognomi è impossibile non pensare infatti a Giancarlo Siani, giovane "giornalista-giornalista" che da un piccolo quotidiano di Torre Annunziata dove lavorava in nero arrivò a lavorare al Mattino di Napoli denunciando, con le sue inchieste, la camorra e le sue infiltrazioni nella politica locale, tanto da essere ucciso a colpi di pistola la sera del 23 settembre 1985, a bordo della sua inconfondibile Citröen Méhari. A differenza di Fortapàsc, pellicola diretta da Marco Risi nel 2009 e arricchita dalla potente interpretazione di Libero De Rienzo, Nomi e Cognomi, nonostante la valida base e l'obiettivo di raccontare una storia che elogia e al tempo stesso denuncia il buono e il cattivo della medesima terra, manca di quella forza vibrante che contraddistingueva il film su Siani dalla prima all'ultima immagine, dando l'impressione di assistere ad un prodotto più televisivo che cinematografico, forse dovuto proprio dalla storia lavorativa del regista, spesso presente, nel ruolo di attore, in produzioni TV.
Tutto il merito del film sta nelle intenzioni, nella volontà di ricordare giornalisti incorruttibili che hanno perso la vita per raccontare e denunciare ai cittadini quello che accadeva sotto i loro occhi e che magari fingevano di non vedere, proprio come precisa Enrico Lo Verso. "È stata un'esperienza bellissima, una sorta di restituzione a chi, tra giornalisti e forze dell'ordine, ha pagato un prezzo troppo alto. Misurandosi con un personaggio così non si poteva che essere puliti e chiari, evitando caricature. Siamo stati aiutati dalla sceneggiatura che ha mostrato sia il suo lato pubblico che privato di Mimmo, fatto di minacce e proiettili. Mi sono ritrovato a fare questo film anche perché avevo già fatto un corto su Pippo Fava, di Siracusa come me. Inoltre quando stavo preparando il mio primo spettacolo teatrale il testo ed il mio personaggio erano stati scritti proprio da lui. Ecco perché per me si tratta di una restituzione."
Sebbene Nomi e Cognomi si rifaccia alle tragiche storie che hanno visto protagonisti firme del nostro giornalismo, Lo Verso, ha affermato che il suo Mimmo Riva non si rifà a nessuno in particolare. "Non ho avuto bisogno di documentarmi ulteriormente per interpretare Mimmo perchè, purtroppo, ci sono cresciuto con quelle storie. Oggi mi informo, seguo due o tre giornalisti, dei quali non faccio i nomi per evitare di puntare ancora di più luce verso di loro. Ho seguito con orrore quello che è successo a Felina, reporter messicana, rapita e uccisa o il caso della Politkovskaja. Volendo possiamo nascondere tutti la testa sotto la sabbia ma cerco di seguire le parole che mi sono state dette tanti anni fa quando iniziavo questo mestiere. Se vuoi fare l'attore devi sapere quello che capita intorno a te."
Nessun compromesso
Mimmo viene descritto come un uomo incorruttibile, fermo nei suoi principi e punto di riferimento per i giovani giornalisti della sua redazione. Non ha paura delle minacce che gli arrivano copiose e non si fa comprare con la promessa di denaro. Quello che racconta con i suoi articoli è uno spaccato del nostro Paese e del Meridione in particolare. "Torno a lavorare con Enrico dopo venti anni e l'ho fatto perché mi sono innamorata della storia. Chi viene dal Sud come noi, cresce e conosce queste realtà. È un film con un messaggio ben diretto, dove i cattivi restano cattivi e i buoni sono buoni perchè la realtà purtroppo ci fa vivere un'esperienza diversa, dove i cattivi sono prepotenti e vincono sempre e i buoni sono costretti a pagare per la loro natura. Se continuiamo tutti quanti a tifare per la giustizia piano piano questa separazione diventerà la realtà per tutti." ha dichiarato Maria Grazia Cucinotta che nel film interpreta la moglie di Mimmo, una donna innamorata ma decisa a difendere e proteggere le sue figlie. "Il mio personaggio va via nel tentativo di costringere Mimmo ad una scelta. Lui non sceglie il lavoro ma la verità e lei come madre non può permettere che questo metta in pericolo le sue figlie", ha aggiunto l'attrice messinese, qui alla sua ultima partecipazione ad una pellicola italiana fino al 2016 perchè impegnata con sui set di produzioni cinesi.