Rimasta recentemente vedova e oppressa dai debiti, Brenda si trova costretta a trasferirsi insieme alla sua famiglia in Texas, nella speranza di poter ricominciare da zero. Si mette così in viaggio a bordo della sua auto in compagnia dei figli Kelly e Cam - adolescente la prima, ancora un bambino il secondo - e del fratello Reggie, un perditempo dipendente dalle droghe leggere. Come vi raccontiamo nella recensione di End of the Road il tragitto fin da subito è costellato di insidie, anche per via del crescente razzismo che i protagonisti si trovano ad affrontare spingendosi sempre più a sud. Dopo essere rimasti vittima delle angherie di due giovani redneck, i quattro sostano in un piccolo motel ma il loro sonno è interrotto da uno sparo nella stanza adiacente. Brenda, infermiera, decide di andare a controllare ed è lei la prima a soccorrere il morente, un corriere della droga che aveva rubato una borsa piena di soldi di un potente boss locale. Borsa che Reggie, unico ad averla vista, decide di portare via con sé, ignaro dei pericoli che questa appropriazione indebita comporterà per lui e i suoi cari. Da quel momento infatti la famiglia di Brenda viene perseguitata dal gangster, pronto a tutto pur di rimettere le mani su quei soldi sporchi.
Una storia superficiale
Un thriller ad alta tensione capace di riflettere sulla situazione sociale negli Stati Uniti, con la tematica del razzismo quale mezzo per scardinare le dinamiche di genere. Questo era sulla carta l'obiettivo di End of the Road, obiettivo poi infrantosi con l'effettiva riuscita del film Netflix, diventato minuto dopo minuto un b-movie della peggiore specie che, nel suo continuo rifarsi a topoi e nelle marcate esagerazioni narrative, finisce per risultare involontariamente ridicolo. Una famiglia sui generis quella di Brenda, con ognuno dei personaggi caratterizzato su determinati stereotipi che poi rimangono tali, senza che la sceneggiatura cerchi di approfondire almeno un minimo le motivazioni dei personaggi e giustifiche le diverse reazioni e decisioni, alquanto improbabili e forzate.
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Niente di nuovo sotto il sole del Sud
Ma nell'ora e mezzo di visione tutto risulta eccessivamente caricaturale, con un sud da cartolina infernale (oltre ai protagonisti, il New Mexico sembra popolato esclusivamente da bianchi xenofobi) che diventa una sorta di percorso ad ostacoli, dove chiunque, anche le persone apparentemente più tranquille, guarda storto quel nucleo familiare all-black. Se in un certo senso End of the Road rischia di suscitare un effetto quasi contrario rispetto a quanto voluto nel suo marcato manicheismo, non eccelle nemmeno nelle pure dinamiche tensive, con sequenze action raffazzonate e spesso coadiuvate da effetti speciali e soluzioni visive di bassa lega che depotenziano sul nascere qualsiasi ipotetica suspense, trasformando l'odissea della sfortunata protagonista in una sorta di "lei contro tutti" dalle conseguenze paradossali.
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Una regina senza corona
Non aiuta in questo la scelta di una protagonista come Queen Latifah, la quale non fa altro che divorarsi la scena e il resto del cast non appena ne ha l'occasione, con l'attenzione della macchina da presa che si rivolge su di lei in maniera quasi esclusiva, memore dell'iconografia televisiva e musicale che l'attrice si porta dietro da sempre. A tal proposito non manca una prevedibile colonna sonora di stampo hip-hop/r'n'b, e un compagno di set d'eccezione quale il rapper Ludacris, interprete dello "sballato" fratello Reggie. Ennesimo scivolone sui luoghi comuni che conferma la povertà di idee e stile dell'intera operazione: ormai lo sanno tutti che rubare denaro sporco non può che causare altro che guai. Tutti tranne i protagonisti di End of the Road.
Conclusioni
Il villaggio divertimenti che ricostruisce una cittadina del vecchio West e che fa da palcoscenico ad un evento chiave del film è la perfetta metafora di una messa in scena artificiosa e improbabile, che ricicla gli stereotipi del genere in un'involontaria caricatura. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di End of the Road, ci troviamo davanti ad un'operazione narrativamente povera e scontata, che esaspera gli stereotipi e depotenzia progressivamente la carica tensiva di un racconto che sembra soltanto un mero palcoscenico per lo slancio divistico della protagonista Queen Latifah, finendo per scivolare progressivamente su improbabili derive da b-movie.
Perché ci piace
- Un paio di risate involontarie.
Cosa non va
- Un cast non all'altezza guidato da un'invadente Queen Latifah.
- Regia e sceneggiatura ricche di forzature e situazioni paradossali.