Qualcosa nel Messico mi sciocca profondamente (...). Ci sono intere regioni dove non si può andare perché sono pericolose, e il declino della democrazia mi è insopportabile. Volevo fare un musical, volevo che la gente cantasse e ballasse: dunque, perché non sullo sfondo di una tragedia?
Il pericolo e la tragedia: lo sfondo ricorrente, quasi inesorabile, di gran parte del cinema di Jacques Audiard. Il crimine e la violenza costituiscono, del resto, due coordinate fondamentali delle storie raccontate nei film del regista francese: da Regarde les hommes tomber, il revenge movie che, nel 1994, sancì il suo fortunato esordio dietro la macchina da presa e gli valse il premio César per la miglior opera prima, per approdare, trent'anni dopo, al regolamento di conti nel sottobosco di corruzione e narcotraffico in Messico che fa da cornice all'atipico melodramma Emilia Pérez, l'ultimo, apprezzatissimo lavoro di Audiard, ispirato a un singolo capitolo del romanzo Ecoute di Boris Razon.
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2024, dove era stato insignito del Premio della Giuria e del riconoscimento per la miglior interpretazione femminile ex aequo alle quattro interpreti principali, Emilia Pérez approda questa settimana nei cinema italiani, nel bel mezzo di una stagione dei premi che lo vede schierato in primissima fila: nelle scorse settimane, la pellicola di Jacques Audiard ha ricevuto infatti cinque European Film Award, tra cui miglior film e regia, e quattro Golden Globe: miglior commedia/musical, miglior film straniero, miglior attrice supporter per Zoe Saldaña e miglior canzone per El Mal. Un successo destinato a proseguire anche nell'imminente corsa agli Oscar, con l'opera di Audiard in predicato di aggiudicarsi all'incirca una decina di candidature per la prossima edizione degli Academy Award.
Non solo Emilia Pérez: sopravvivenza, lotta e cambiamento nel cinema di Jacques Audiard
Scandito dalle musiche di Clément Ducol e dai brani composti dalla cantante francese Camille, Emilia Pérez è un film assolutamente coerente con la poetica di Jacques Audiard, al di là del genere primario di appartenenza (per l'appunto, il musical). Al cuore della narrazione ci sono due protagoniste afferenti a due tipologie canoniche nei film del cineasta parigino: Rita Mora Castro, impersonata da Zoe Saldaña, è un'avvocata costretta a destreggiarsi in un ambiente spietato e a sostenere difficili scelte morali; la Emilia Pérez di Karla Sofía Gascón è invece un'ex criminale desiderosa di ricominciare una nuova esistenza, mediante una ridefinizione sessuale - l'operazione per il cambio di genere - che è al contempo l'inizio di un percorso di redenzione.
Si tratta di temi ed elementi che, con rare eccezioni, attraversano quasi per intero la filmografia di Jacques Audiard: una filmografia popolata da personaggi impegnati a muoversi al confine fra il bene e il male, fra la legalità e il crimine; a lottare per ritagliarsi il proprio posto in un mondo spesso ostile e, talvolta, addirittura per la propria sopravvivenza, fisica e/o psicologica; e da personaggi, altro dato essenziale, per i quali il cambiamento rappresenta un percorso obbligato o un obiettivo da perseguire con tutte le forze. Proprio come accade a Emilia Pérez e agli altri protagonisti dei migliori film di Jacques Audiard, che ripercorriamo di seguito in ordine d'uscita.
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Sulle mie labbra
Rientra nella categoria degli outsider la Carla Behm di Emmanuelle Devos, protagonista nel 2001 di Sulle mie labbra, terzo lungometraggio diretto da Audiard dopo Regarde les hommes tomber e Un héros très discret: una segretaria con problemi d'udito, e quindi la capacità di leggere le labbra, resa costante oggetto di derisione dai colleghi nella compagnia edile in cui lavora. L'assunzione dello stagista Paul Angeli (Vincent Cassel), che si rivela un insospettabile alleato, spinge Carla a mettere alla prova i suoi presunti limiti, ma la porterà anche a cimentarsi in un'impresa pericolosa. Vincitore di tre premi César, tra cui miglior attrice per Emmanuelle Devos, Sulle mie labbra è imperniato su quell'amalgama fra dramma psicologico e thriller al centro di diverse pellicole del regista.
Tutti i battiti del mio cuore
Un amalgama che ritroviamo, nel 2005, anche in Tutti i battiti del mio cuore, remake del film americano Rapsodia per un killer di James Toback, del 1978. Romain Duris presta il volto a Thomas Seyr, un giovane che svolge lavori 'sporchi' per una ditta immobiliare e subisce la sinistra influenza del padre Robert (Niels Arestrup), coinvolto in attività losche. Ad offrire uno spiraglio di cambiamento e di riscatto, nella vita di Thomas, è la passione per il pianoforte, che il ragazzo deciderà di riprendere a coltivare con l'aiuto di un'insegnante vietnamita, Miao Lin (Linh Dan Pham). Caratterizzato dall'iperrealismo e dalla crudezza diventati dei tratti distintivi dello stile di Audiard, Tutti i battiti del mio cuore si è rivelato un enorme successo in patria e ha conquistato otto premi César, tra cui miglior film e regia, oltre al BAFTA Award come miglior film straniero.
Il profeta
Il successo di Tutti i battiti del mio cuore viene replicato e accresciuto nel 2009 dal dramma carcerario Il profeta: il nerissimo romanzo di formazione di Malik El Djebena (Tahar Rahim), diciannovenne di origine maghrebina che, dopo una condanna penale, viene coinvolto suo malgrado nella brutale lotta tra le diverse fazioni di prigionieri, finendo sotto l'ala protettrice di un boss della Mafia corsa, César Luciani (Niels Arestrup). Superbo esempio di cinema di genere volto ad esplorare ambiguità e lati oscuri dei suoi personaggi, Il profeta è lo spietato racconto di sopravvivenza di un outsider deciso a farsi strada nel microcosmo del carcere. L'opera di Audiard è stata ricompensata in patria con nove premi César, tra cui miglior film, regia e attore per Tahar Rahim, e ha ottenuto inoltre il Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes, il BAFTA Award e la nomination all'Oscar come miglior film straniero.
Un sapore di ruggine e ossa
Dopo i tre "romanzi criminali" del primo decennio degli anni Duemila, nel 2012 Jacques Audiard si confronta invece con il dramma romantico con Un sapore di ruggine e ossa, ispirato a una raccolta di racconti dello scrittore canadese Craig Davidson. Anche in questo film, però, si rintracciano alcuni aspetti-chiave della produzione del regista: nell'approccio realistico al genere del mélo e nella parabola di determinazione e di riscatto della protagonista Stéphanie, addestratrice di orche che rimane vittima di un incidente e subisce un'amputazione. Costruito sull'intensa interpretazione di una magnifica Marion Cotillard, affiancata dall'attore belga Matthias Schoenaerts, Un sapore di ruggine e ossa resta tutt'oggi il maggior successo di pubblico di Audiard in Francia (quasi due milioni di spettatori), dove ha vinto quattro premi César, nonché una delle sue opere più amate a livello internazionale.
Dheepan
La migrazione narrata dal punto di vista di un uomo che fugge da una realtà devastante, la guerra civile nello Sri Lanka, per tentare di ricostruirsi una nuova vita in una terra straniera, la Francia, a partire da una differente identità: ecco dunque il passaggio dell'ex combattente Sivadhasan, interpretato da Antonythasan Jesuthasan, nei panni di Dheepan Natarajan, che si finge un padre di famiglia con l'aiuto di Yalini (Kalieaswari Srinivasan), spacciata per sua moglie. Con quasi un decennio d'anticipo su Emilia Pérez, con Dheepan Jacques Audiard firma un'altra storia su una "seconda occasione" messa a repentaglio da un passato di violenza che torna a perseguitare il protagonista. Pur senza aver replicato i risultati trionfali dei suoi lavori precedenti, Dheepan è il film con cui, nel 2015, Audiard è riuscito a conquistare un'inaspettata Palma d'Oro al Festival di Cannes.