Un famoso brano dei REM, contenuto nel disco Collapse into Now, diceva "Hey now, don't forget that the change will save you". Una frase che può suonare allo stesso tempo abbastanza scontata, riscontrabile in qualsiasi teoria psicologica più o meno a buon mercato, ma anche così significativa da mandare in tilt chiunque nel momento in cui essa si deve tramutare in azione. Cambiare fa paura, ma tutti hanno necessità a cambiare. Cambiare deve essere un impegno perché il "cambiamento salva".
Jacques Audiard ne ha fatto un leitmotiv per una filmografia che lui stesso ha definito come un unico film in continua trasformazione. Non c'è attualmente su piazza un cineasta che, più del settantenne parigino, è riuscito a far valere la capacità tutta cinematografica di dare una nuova possibilità alla realtà e ai suoi attori per divenire altro, non solo accompagnandoli, ma incoraggiandone il carattere mutevole. Una capacità a cui Audiard ha dato, oggi, anche un nome e un cognome: Emilia Pérez.
All'interno della pellicola premiata all'ultimo Festival del Cinema di Cannes e che si candida come titolo in grado di sbaragliare la stagione dei premi hollywoodiana (non essendo, tra l'altro, per nulla un film hollywoodiano) c'è un respiro e una libertà ricercati anche a discapito di coerenza e buon senso linguistico. Questo perché lo scopo era quello di allentare convenzioni, regole ed equilibri per veicolare il proprio messaggio in modo netto fino ad elevarlo a ideale da perseguire. Quando si fa un'operazione del genere però si corrono sempre dei rischi.
Il cinema della transizione di Audiard
Il seme di questa caratteristica essenziale del "pensiero audardiano", che ha germogliato definitivamente in Emilia Pérez, si può rintracciare forse addirittura nel personaggio di Carla, la ragazza sorda di Sulle mie labbra, che con l'arrivo di Paul riesce a regalarsi e a regalare alla pellicola di cui è protagonista una nuova vita. I personaggi e i film del cineasta sono sempre un'insieme di singolarità in relazione tra loro e dentro di essi c'è sempre qualcos'altro che è pronto a venir fuori per redimerli in qualche modo.
Il titolo del 2001 è solamente un primo esempio di una filmografia straordinaria (di cui abbiamo raccolto tutti i migliori film) attraverso la quale Audiard ha creato un caleidoscopio immaginifico composto dalle tante anime di un cinema senza fissa dimora. Un cinema in cui può capitare che il melò si mischi con l'action urbano e viceversa, che il polar si fondi con il neorealismo e che il western si destrutturi al punto da rinnegare i suoi stessi fondamenti.
Un cinema con un'anima nomade, fedele all'avanguardia transalpina eppure sempre alla ricerca di un tradimento salvifico. Un cinema del cambiamento, dunque contemporaneo e sempre vivo. Non c'è una pellicola del regista che non ricordi come assistere ad una storia vuol dire assistere ad un mutamento dello stato delle cose. Bisogna quindi che lo spettatore sia pronto ad accoglierlo, consapevole che ciò potrebbe (anzi dovrebbe) cambiare anche lui.
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Emilia Pérez come invito ad augurarsi il cambiamento
Per quanto Audiard possa continuare affermare il contrario, una tale visione del cinema non può che avere un pensiero politico. Ce lo ha già dimostrato con Dheepan - Una nuova vita, Palma d'Oro al Festival di Cannes 2015, un film che si occupava di guerra ed immigrazione e in cui si trovava una profonda critica alla società francese. Emilia Perez si spinge oltre, puntando a diventare un manifesto, anche a scapito della storia che racconta o delle specificità che la storia che racconta richiederebbe.
L'unica strada che il film persegue è quella della necessità del cambiamento, eletto a tematica universale, e nel farlo crea a pro domo sua uno degli esempi più borderline da immaginare (ispirata a quella del romanzo Ecoute dello scrittore francese Boris Razon), facendone una storia di riscatto, sia personale che nazionale. Non solo un narcos che diventa una donna, ma un uomo oscuro che diventa la Lucecita di una Nazione intera. A corredo una ricetta linguistica, che mischia il musical nelle sue declinazioni da opera lirica e da telenovela.
I rischi nascono nel momento in cui la convinzione del regista riguardo la portata universale della sua storia gli permetta di tralasciare delle attenzioni culturali, etniche e storiche, anche se le tematiche prese in esame le richiederebbero, soprattutto quella relativa ai desaparecidos. In Messico infatti il film è stato accolto da svariate polemiche. Il nodo da sciogliere ruota intorno all'ideazione di Emilia Pérez, che è prima di tutto la personificazione di un'ideale cinematografico. Essa è la rappresentazione del cinema della transizione di Audiard e il film è un invito collettivo ad identificarsi con il cambiamento, perché esso è l'unico modo per trovare il proprio posto. "Cambiare corpo cambia la società, cambiare la società cambia l'anima, cambiare l'anima cambia la società e cambiare la società cambia tutto".