Parte tutto da un doppio senso di colpa. Quello che spinge un uomo, colpevole del crollo di una scuola, a pagare gli studi a tre ragazzi sopravvissuti, catapultati nell'ambiente ostile di un prestigioso istituto per giovani rampolli. E poi quello che macera dentro l'assassino di una studentessa. Parte da qui Élite, nuovo teen drama targato Netflix, disponibile sulla piattaforma streaming dal 5 ottobre con i suoi 8 episodi pieni di turbamenti adolescenziali. Facile e immediato accostare la serie spagnola al suo predecessore Tredici. Per l'ambientazione scolastica, per il lutto che incombe sulla storia, per lo guardo corale su un'età inquieta.
Però, a differenza dello show americano, Élite ha una vocazione sociale più esplicita. Tra armadietti, lezioni e social network, lo show Netflix parla in maniera esplicita di razzismo, classismo, malattie e vergogne sessuali. Lo fa senza peli sulla lingua e con un linguaggio ben calato tra gli adolescenti, senza sembrare mai una visione filtrata attraverso il punto di vista adulto. Élite racconta l'ingresso di tre ragazzi del ceto medio tra i banchi della scuola Las Encinas, frequentata solo da giovani altolocati. Lo scontro tra questi due mondi sarà traumatico, talmente violento da portare alla morte di qualcuno. Senza interrogarli sulla "spoilerosa" questione, abbiamo incontrato due protagonisti della serie - qui potete leggere la nostra recensione di Élite - in occasione del FeST di Milano, festival delle serie tv alla sua prima edizione.
Assieme a un gruppo di colleghi abbiamo intervistato Jaime Lorente (già celebre per La casa di carta) e Ester Expòsito, cercando di capire (e carpire) i retroscena di una serie che guarda all'adolescenza con spietata crudeltà. Tra armadietti da college, statuette sporche di sangue e divise scolastiche da bravi ragazzi, ecco cosa ci hanno raccontato.
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Élite: le ragioni di un tormentone
Come è stata l'esperienza sul set di Élite? C'era l'aspettativa di questo successo da parte vostra?
Jaime: Abbiamo percepito sin dall'inizio che stavamo lavorando a qualcosa di importante. Io ho vissuto da vicino la promozione della serie e speravo tanto che le cose andassero bene. Quello che ci ha sorpreso è la rapidità con cui la serie ha raggiunto un successo così grande. È stato un viaggio emotivo importante, un lavoro significativo perché sapevamo che stavamo dando voce a una realtà sociale ancora non raccontata. Per cui non abbiamo rispettato nessun tabù, anzi li abbiamo scardinati tutti, senza alcun tipo di paura.
Ester: Per me è stata un'occasione fantastica per far conoscere il mio lavoro nel resto nel mondo. Lavorare allo show è stata un'esperienza molto bella perché le serie ti danno l'opportunità di conoscere il tuo personaggio per un tempo più lungo rispetto al cinema, e questo mi ha permesso di giustificare ogni sua azione e di conoscerla nel profondo.
Secondo voi cosa ha appassionato il pubblico?
Ester: Sicuramente il fatto che Netflix dia la possibilità di guardare tutti gli episodi tutti assieme ha permesso al pubblico divorarla in poco tempo. Credo che in Élite sia facile identificarsi nei personaggi, che il pubblico sia giovane o adulto. Credo il segreto sia la serietà con cui ha parlato di certi temi giovanili, senza mai banalizzarli. In più, va detto che anche la qualità con cui è girata l'ha resa ancora più credibile agli occhi degli spettatori.
Jaime: I temi trattati da Élite sono universali, che non passano mai di moda, un po' come nelle opere classiche. Per questo ha raggiunto questo successo fulmineo.
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Entrare nei personaggi
Di solito un attore non dovrebbe mai giudicare il proprio personaggio. Come vi siete approcciati ai vostri? Con fascino o con repulsione?
Ester: Non mi è mai successo di giudicare un personaggio. Se dovesse succedere significherebbe non averlo capito. Cerco di comprendere sempre a fondo le sue motivazioni e capire da vicino le sue ragioni ogni volta.
Jaime: Anche a me è successo qualcosa di molto simile: ho cercato di non giudicare e comprendere le ragioni di Nano. È utile per trasmettere davvero quello che i personaggi credono. Abbiamo passato un mese e mezzo molto duro nel quale ci hanno chiesto di metterci nei loro panni. Questo è servito.
Come vi siete relazionati con le scene di sesso nella serie? E pensate che Élite sia una rappresentazione reale degli adolescenti oggi?
Ester: Le scene di sesso non sono state diverse dalle altre. Certo, quando devi metterti a nudo davanti alla camera ti senti un po' nervoso, ma se attorno a te hai dei colleghi che ti aiutano a sentirti a tuo agio, passa ogni problema. Sicuramente Élite rappresenta una parte dei giovani di oggi. Alcuni si specchieranno nei ragazzi protagonisti, altri no. Ma alcuni temi che trattiamo, come il ménage à trois, sono temi che possono entrare nelle vite delle persone a 16, 20 o 40 anni.
C'è davvero questo classismo nelle scuole spagnole?
Jaime: Sicuramente trovarsi al Las Encinas rappresenta qualcosa di straordinario, che non rappresenta la normalità. La maggior parte delle scuole spagnole non è come questo istituto. E poi, quello delle disparità sociali è un tema eterno. C'è sempre stato in tutto il mondo.
Secondo voi questi ragazzi trasgrediscono per colpa della noia?
Jaime: Sì sì, assolutamente. La gente che può avere tutto, che ha tutto, cerca sempre di divertirsi con qualcosa di diverso e di estremo. Sono i capricci dei ricchi. Ecco perché fanno cose di cui noi ci sorprendiamo. Hanno un'idea del divertimento diversa da quella della gente comune.
Un altro tema trattato da Élite è quello della tecnologia: Skype, social, messaggi. Che immagine emerge della tecnologia? E secondo voi i nuovi mezzi hanno semplificato o complicato i rapporti tra i ragazzi?
Ester: Sì, le relazioni sono cambiate drasticamente. Ad esempio nelle relazioni amorose diamo troppo importanza alla velocità con cui l'altro risponde, e quindi ci dimentichiamo come stiamo davvero all'interno della relazione. Poi, è chiaro, tutto sta nel modo in cui si usa la tecnologia, che in occasioni di emergenza diventa preziosissima. Però bisogna imparare a distinguere la vita reale da quella virtuale.
L'elemento del thriller è fondamentale o a un certo punto diventa un espediente per raccontare la storia dei ragazzi?
Jaime: A livello narrativo era necessario trovare un filo conduttore che facesse avanzare tutti gli episodi per collegarli tutti quanti. L'omicidio di Marina è appunto l'evento che funge da raccordo, ma è vero che poi tutto viene sviluppato nelle vite dei ragazzi, che risultano interessanti e attraenti per il pubblico. Se avessimo voluto soffermarci soltanto sull'omicidio di Marina, sarebbe bastato girare un film.
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Netflix e il cinema
La seconda stagione partirà tra poco?
Jaime ed Ester: Non lo sappiamo, speriamo di sì, ma non sappiamo niente. Sicuramente il finale è molto aperto e dà modo di pensare a un seguito.
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Netflix ha rappresentato una rottura nel mercato delle produzioni spagnole?
Jaime: Sicuramente il lavoro di ricerca di Netflix ha avuto un impatto decisivo e importante sul mercato, perché il loro lavoro di ricerca si basa sulle necessità delle persone. Il risultato è una serie che sta avendo un successo enorme.
Avete mai divorato uno show con il binge-watching?
Ester: Sì, sì. Mi è successo con Élite, ovviamente (ride).
Jaime: Un sacco di volte. Ormai non devi nemmeno mettere la mano sul telecomando, visto che gli episodi successivi partono da soli (ride).
Credete che la proliferazione di tutte queste serie metta in crisi il cinema?
Jaime: No, non credo che siano cose inconciliabili, ma possono convivere tranquillamente. Sono semplicemente due possibilità offerte al pubblico. Le persone che amano il cinema sono legate a quel rituale della sala, del grande schermo e dei popcorn, che resta qualcosa di magico con un fascino unico. Se qualcuno ama il cinema, ci andrà sempre.