La rabbia, l'alienazione, la schizofrenia, il male di vivere. Non c'è niente di eroico in Edward Norton. E se proprio vuoi vederci qualcosa di eroico, allora gli affidi uno dei personaggi più afflitti, implosi e combattuti del Marvel Cinematic Universe. A tuo rischio e pericolo, perché è molto probabile che Ed fallisca, si penta, prenda le distanze dai verdi panni del suo Hulk, che di incredibile aveva ben poco. Sguardo criptico, viso smunto e sorriso beffardo spesso stampato in faccia, il ragazzo nato a Boston e cresciuto dalle parti di Baltimora - e di cui stiamo per rievocare i migliori film - non è un tipo facile. Un carattere complesso e un'innegabile consapevolezza del proprio valore (alla faccia dei finti umili) ne fanno un attore tutt'altro che malleabile e mite. Norton non è morbida argilla nelle mani di chi lo dirige.
E nemmeno un burattino che si fa manipolare facilmente. No, Edward Norton deve credere davvero in quello che fa, sposare appieno la persona che deve diventare. E così ha davvero imparato a produrre sapone ai tempi di Fight Club, ha partecipato a tornei mondiali di poker in vista de Il giocatore, si è rasato a zero da solo per trasformarsi in un naziskin e detto no importanti (Salvate il soldato Ryan, l'Hulk di Ang Lee, American Psycho) quando non del tutto convinto del progetto. Con quel talento così fulgido e quel carisma raro dalla sua, Edward Norton fa sgranare gli occhi quando ci si accorge dell'assenza di un Oscar nella sua bacheca (con tanto di tre nomination andate a vuoto). Eppure siamo certi che a lui importi poco e niente. Antidivo sfuggente al luccichio della fama, Norton non ha certo bisogno di una statuetta dorata per essere consacrato agli occhi del pubblico e confermare di essere uno degli interpreti più talentuosi della sua generazione.
Un attore inquieto che ha spesso abbracciato l'inquietudine, sfruttato il grande schermo per destabilizzare, ferire, incarnare tante sfumature del malessere. Ed eccoci pronti a tuffare nel buio di Edward Norton, celebrando i dieci ruoli cult di un grande attore, perfetta incarnazione delle derive imprevedibili tracciate dall'uomo postmoderno.
1. Schegge di paura (1996)
Tu chiamale, se vuoi, folgorazioni. Era il 1996 quando uno sconosciuto e acerbo (solo nell'aspetto) Edward Norton metteva nel suo curriculum un grandioso e raffinato esordio cinematografico. Dopo aver mentito durante il provino, dicendo di essere un ragazzo del Sud e imitando alla perfezione l'accento del Kentucky, Norton diventa il vero protagonista di Schegge di paura. Nel torbido thriller diretto da Gregory Hoblit il nostro ruba la scena a gente come Richard Gere, Laura Linney e Frances McDormand, riuscendo nell'impresa di creare un personaggio memorabile nel suo essere perfettamente ambiguo. In perenne equilibrio tra la condanna e l'innocenza, il suo Aaron (o meglio, Roy) è un ragazzo dannato, che respinge e allo stesso tempo crea empatia. Sotto le innocue vesti di un chierichetto balbuziente (il suo modo di parlare fu un'intuizione di Norton), però, si cela una trappola beffarda e amara in cui è davvero difficile non cadere. Per questo Schegge di paura verrà sempre ricordato per quel grande inganno che ha il volto sfatto e la voce incerta di un grande Edward Norton.
2. Il giocatore (1998)
Ci sono film che passano in sordina, quasi inosservati, e poi vengono riscoperti col tempo. Il giocatore è uno di questi. Non stiamo certo parlando di un'opera imprescindibile, ma va detto che il film di John Dahl (regista di cui si sono perse le tracce) ha un appeal non comune. Merito dell'ambientazione peccaminosa in cui è ambientato, ovvero il mondo del poker, fatto di azzardi, debiti e bluff. Un microcosmo nascosto in cui Edward Norton è stato capace di emergere come al suo solito. Ne Il giocatore, il nostro interpreta un ex galeotto pieno di debiti, una testa calda dal carattere irrequieto che, paradossalmente, finisce per mettere in ombra il protagonista interpretato da un Matt Damon ancora acerbo.
3. American History X (1998)
Ancora una volta rieccoci nel dubbio. Il timore di aver sposato la causa sbagliata, la paura di aver alimentato per anni un'ideologia atroce e abominevole. Nonostante ci appaia tutto esplicito, palese, lampante, come una svastica tatuata sul petto, American History X è il racconto di una grande rivoluzione. E, come tutte le rivoluzioni, della violenza necessaria per metterla in atto. La X nel titolo del film vale come un segno indelebile sulla carriera di Norton, perché la veemenza del suo skinhead neonazista non sbiadisce col tempo. Il suo Derek, un misto di puro odio e sincero pentimento, è grigio come il bianco e nero che illumina il film. Un'anima in pena, immersa in uno scenario sociale impietoso, protagonista di un film impetuoso, crudo, asprissimo, tutto basato sul rapporto tra due fratelli che in qualche modo provano a salvarsi a vicenda. Nonostante i trenta chili di muscoli messi su in soli tre mesi, di Edward Norton restano impressi soprattutto gli occhi: prima iniettati di rancore e poi alla ricerca di perdono.
American History X compie 20 anni ed è tremendamente attuale
4. Fight Club (1999)
Prima regola del Fight Club: non parlare mai del Fight Club. Seconda regola del Fight Club: urla al mondo quanto è mostruosamente bravo Edward Norton nel cult di David Fincher. Perfetto ambasciatore dell'alienazione e dell'inettitudine dell'uomo contemporaneo, il protagonista di Fight Club non merita nemmeno un nome. Anonimo e disperso nel mucchio incolore dell'Occidente massificato, il suo personaggio si confessa con voce fuori campo, quasi supplica la complicità del pubblico, ma in realtà sta tessendo una tela in cui verremmo presto ingabbiati. Se Tyler Durden è diventato un'icona, lo dobbiamo alla grande alchimia tra Edward Norton e Brad Pitt (amici anche nella vita), capaci di rendere tridimensionali e credibili i desideri, le aspirazioni e le frustrazioni di un uomo deluso da se stesso. Condanna lucida e nichilista del consumismo che ci consuma, Fight Club si riconosce in ogni occhiaia e in ogni sguardo allucinato di un Edward Norton in stato di (dis)grazia.
5. Tentazioni d'amore (2000)
Due grandi amici si innamorano delle stessa ragazza. Un'amica comune con cui hanno condiviso la loro spensierata giovinezza. Sembra la classica premessa di una commedia romantica, ma c'è di più: i due ragazzi in questione sono un prete e un rabbino. Per alcuni è un guilty pleasure, come capita spesso per commedie con un umorismo graffiante, non comune, frutto di un'ironia particolarmente acuta. Stiamo parlando di Tentazioni d'amore, esordio alla regia del nostro Edward. Un film divertente e divertito, in cui si avverte il coinvolgimento di un attore-autore intenzionato a sperimentare nuovi toni e nuovi generi.
6. La 25ª ora (2002)
Un monologo che vale quanto tutto un film e uno dei migliori film di Edward Norton. Un uomo davanti allo specchio, che guarda in faccia se stesso, una città intera e poi vomita addosso a tutti il suo disprezzo. La memorabile sequenza de La 25ª ora, in cui Monty Brogan manda tutti a quel paese, racchiude tutto il disincanto e l'amarezza che permea il film di Spike Lee. Il regista americano rielabora il lutto dell'11 settembre guardando dentro il cratere del World Trade Center e nella voragine aperta dentro Monty Brogan, uno spacciatore a cui restano poche ore di libertà. Qui Norton ci appare più misurato che mai, dando vita a un personaggio dolente che diventa quasi l'incarnazione di quella New York ferita e piena di risentimento.
Edward Norton ha dato il soprannome "Leo lo sfigato" a DiCaprio
7. The Illusionist (2006)
The Ilusionist ha un solo, grande, irrisolvibile problema: è uscito pochi mesi dopo The Prestige. Un paragone impari tra due film dedicati all'illusionismo, spesso persino confusi e sovrapposti dal pubblico con la memoria più corta. Se il film di Nolan era un capolavoro assoluto, The Illusionist è una pellicola più canonica ma non priva di fascino. Liberamente ispirata al racconto breve Eisenheim, l'Illusionista, il film di Neil Burger si affida totalmente alla classe, allo charme e alla presenza scenica di un Edward Norton ben calato nei panni di un prestigiatore determinato a uscire vincitore da un classico triangolo amoroso dove sono ammessi trucchi.
8. Stone (2010)
Un thriller psicologico con Edward Norton faccia a faccia con Robert De Niro. Le premesse per un film memorabile ci sono tutte, ma Stone purtroppo non è riuscito a lasciare il segno, accontentandosi di essere un film godibile. Furbo nel rievocare le atmosfere carcerarie di American History X, Stone racconta la storia di un detenuto (accusato dell'omicidio dei nonni) che prova a convincere un poliziotto carcerario di essere pentito, cambiato, pronto a uno sconto di pena. Qui Norton mette ancora una volta in risalto il suo marchio di fabbrica: quella subdola ambiguità con cui riesce a manipolare e a mettere in difficoltà anche un mostro sacro come De Niro.
9. Moonrise kingdom (2012)
Galeotto fu Moonrise Kingdom. Il film del colpo di fulmine. Il film in cui Wes Anderson si innamora del talento eclettico di Edward Norton. Un dono da sfruttare anche in futuro, come dimostrato da Grand Budapest Hotel e dal prossimo The French Dispatch, in cui i due hanno di nuovo lavorato assieme. Nel tenero Moonrise Kinddom, Norton interpreta uno stralunato esploratore-scout, un po' svampito e disorientato, perfetta incarnazione di un mondo adulto inetto e distante anni luce dalla spontaneità e dal pragmatismo di quello dei bambini.
10. Birdman (2015)
L'unità di misura dell'intelligenza è l'autoironia. Dando per buona questa regola, potremmo definire Edward Norton un tizio molto dotato di materia grigia. Lo sa bene Alejandro González Iñárritu che con Birdman ha avuto la grande intuizione di divertirsi con il proverbiale caratteraccio del nostro. Norton sta allo scherzo, si mette in gioco e accetta di vestire i panni di un attore spigoloso, vanitoso ed egoista. Insomma, un collega con il quale non è molto piacevole condividere la scena. Così come il personaggio di Keaton, anche il suo Mike è una parodia dell'attore che lo interpreta. Un gioco metacinematografico graffiante e arguto in cui Norton non si tira indietro, presta il fianco e mostra il suo lato più giocoso, ma non privo del solito retrogusto acre che attraversa il filo di una carriera dedicata alle ombre.