Cheltenham, 1973. Il giovane Eddie Adams sogna di diventare un campione olimpionico a tutti i costi, nonostante le sue condizioni fisiche non del tutto incoraggianti. Anni dopo, avendo scoperto l'esistenza del salto con gli sci, categoria in cui l'Inghilterra non partecipa da decenni, decide di qualificarsi come rappresentante britannico e si reca in Germania per allenarsi. Lì fa la conoscenza dell'ex-atleta Bronson Peary, che accetta di aiutarlo. Insieme dovranno affrontare numerose sfide per arrivare alle Olimpiadi invernali di Calgary nel 1988...
Eddie Balboa
C'è sempre stato, nel genere del film sportivo, un interesse particolare per storie aventi come protagonista un underdog, un individuo normale che, sfidando preconcetti ed altri ostacoli, riesce a diventare un campione nella disciplina scelta. L'esempio lampante, recentemente tornato al cinema grazie a Creed - Nato per combattere, è ovviamente Rocky Balboa, le cui avventure andavano di moda proprio nel periodo in cui nacque il fenomeno "Eddie the Eagle", soprannome dato dai media a Michael "Eddie" Edwards nel 1988. Alla luce di ciò viene da chiedersi perché sia stato necessario aspettare quasi trent'anni per vedere sullo schermo la storia di Eddie, che per certi versi è arrivata al cinema fuori tempo massimo, seppure con risultati tutt'altro che deplorevoli.
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Un regista mutevole
Arrivato alla terza regia, l'attore Dexter Fletcher si conferma un cineasta interessante e versatile, questa volta al servizio del produttore Matthew Vaughn che lo ha diretto in The Pusher, Stardust e Kick-Ass. Dopo il dramma proletario Wild Bill e il musical scozzese Sunshine on Leith, Fletcher si dà al biopic sportivo con una sensibilità rétro che forse è l'unica soluzione possibile per restituire con il giusto spirito escapista il mood anni Ottanta delle improbabili gesta di Eddie (vedere per credere, l'obbligatoria sequenza di allenamento con accompagnamento musicale, nella fattispecie You Make My Dreams di Hall & Oates). Così facendo firma la sua regia più convenzionale, perdendo un po' quel gusto alternativo presente nelle sue opere precedenti, ma il risultato finale è per lo più convincente, grazie soprattutto alle interpretazioni.
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Da spia a sciatore
Non c'è da stupirsi, vista l'attività principale di Fletcher, del suo talento nella direzione degli attori, ma è comunque meritevole di una menzione speciale il lavoro fatto con l'interprete principale, il gallese Taron Egerton che, nel giro di appena un anno, è divenuto una delle giovani promesse/speranze del cinema britannico grazie ad un'altra produzione di Vaughn, Kingsman: Secret Service (e ricordiamo che quello era il suo primo film in assoluto). Il carisma è rimasto intatto, ma il fascino letale alla James Bond ha ceduto il posto a una toccante vulnerabilità, mettendo in evidenza una versatilità recitativa alquanto impressionante data la giovane età di Egerton (nato nel 1989). Non sarà da Oscar, ma la sua performance nei panni di un'icona britannica giustifica pienamente il prezzo del biglietto.
Vero o falso?
Al fianco di Egerton c'è Hugh Jackman, al tempo stesso punto di forza e punto debole di Eddie the Eagle - Il coraggio della follia. Da un lato, la sua interpretazione intrisa di alcool e sigarette, nella migliore tradizione degli allenatori non del tutto simpatici, è irresistibile, come da copione quando si ha a che fare con l'attore australiano; dall'altro, la presenza del suo personaggio, inventato di sana pianta per il film, è una concessione ai dettami di genere che impedisce alla storia di Eddie, che in realtà non aveva un allenatore, di acquisire un'identità propria e farsi notare all'interno di una categoria dove l'omogeneità è particolarmente presente. È comprensibile che l'aggiunta di Jackman sia stato un compromesso necessario per poter effettivamente realizzare il film, e il risultato è piuttosto divertente, ma un po' più di coraggio, come quello di Eddie, non avrebbe guastato.
Movieplayer.it
3.0/5