Piccole lezioni di vita piovute da una nuvola d'oro. Dragon Ball ha impregnato l'infanzia e l'adolescenza di molti, e lo ha fatto attraverso involontari maestri di ogni tipo e razza: vivaci bambini con la coda, eroi in tuta arancione, antagonisti dai capelli cangianti, mentori di pelle verde oppure vecchi marpioni. Personaggi carismatici che dal 1984 a oggi ci hanno insegnato che la rabbia può essere costruttiva, che da soli non si va da nessuna parte, che senza enormi problemi da superare non potremo arrivare al nostro meglio. Se apriamo questa recensione di Dragon Ball Super: Broly con questo tono nostalgico è perché il ventesimo film della celeberrima saga ideata da Akira Toriyama ha il sapore di un caldo abbraccio assai familiare.
Per chi è cresciuto con il buon cuore di Goku e la strafottenza di Vegeta, per chi ha vissuto la grande scissione tra chiamare il misterioso namecciano Piccolo o Junior, Dragon Ball Super: Broly è un ritorno a casa in grande stile, che affonda le sue radici nella grande mitologia della serie per esplorarla con nuove consapevolezze. Il film diretto da Tatsuya Nagamine e scritto da papà Toriyama, però, in quell'abbraccio non vuole proprio escludere nessuno. Dentro ci entrano sia i vecchi che i nuovi fan, sia chi era rimasto fermo alla fine di Dragon Ball Z, sia chi si è portato avanti con il recente Dragon Ball Super.
Con grande attenzione e intelligenza, il lungometraggio animato non fa della nostalgia il suo unico motivo di esistere, perché vuole essere accessibile e apprezzato da chiunque voglia conoscere meglio sia la nobile stirpe degli orgogliosi Saiyan che il carattere di quell'inarrestabile furia cieca di nome Broly. Apparso per la prima volta in un anime del 1993 (Dragon Ball Z: Il Super Saiyan della leggenda), il possente guerriero iracondo ha conquistato la stima dei fan in maniera impetuosa e alquanto stramba, considerando il poco materiale a lui dedicato. Una leggenda al sapore di mito che ricorda molto quanto accaduto a Boba Fett nella saga di Star Wars. Bene, se i fan delle galassie lontane lontane sognano da sempre un film dedicato al grande mercenario, quelli di Dragon Ball adesso hanno il loro tanto agognato approfondimento. E anche in questo risposte vanno cercate dalle parti di un pianeta sperduto. Eccoci su Vegeta.
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Mitologia Saiyan
Consapevole del profondo respiro epico della sua saga, Akira Toriyama ha fatto di Dragon Ball Super: Broly - Il Film una ghiotta occasione per un grande salto nel passato. Grazie a un denso prologo ambientato sul pianeta Vegeta, storica dimora della razza Saiyan, il film fa finalmente luce sul passato di Goku, Vegeta, Broly e dei rispettivi genitori. Assoggettati allo strapotere dello spietato Cold e del suo sadico figlioletto Freezer, i Saiyan confermano la loro fierezza piena di dignità. Una tempra caratteriale che può sfociare in due perfetti opposti: l'orgoglio e il rancore. Un bivio decisivo davanti al quale si troveranno Re Vegeta, Bardack e Paragas, genitori destinati a segnare per sempre i destini dei loro figli.
Tra momenti commoventi e altri avvincenti, l'anime trova il meglio di sé proprio in questo amarcord significativo, una triplice origin story che vale come una profezia per i personaggi di Goku, Broly e Vegeta. Dei tre, lo schivo principe dei Saiyan è quello meno tratteggiato da questa storia, perché il centro del racconto è quel Broly che finora si era fatto conoscere (e apprezzare) solo e soltanto attraverso la sua forza bruta. Orbitando attorno alle sue frustrazioni e al suo passato pieno di dolore e solitudine, Toriyama ha dato un senso ben preciso al suo guerriero abnorme, di cui scopriamo finalmente traumi, motivazioni e sfumature caratteriali inedite. A livello narrativo, dunque, il meglio di Dragon Ball Super: Broly risiede proprio nel suo dettagliato excursus nel passato Saiyan e nel suo desiderio di esplorare la coscienza frustrata del prodigioso guerriero di cui porta il nome.
Duelli esplosivi
Il segreto confessabile di Dragon Ball è nella sua capacità di essere tante cose: racconto di formazione, narrazione epica e soprattutto elogio dell'azione più pura. Questo Dragon Ball Super: Broly non lo dimentica affatto. E così, nonostante rappresenti il lato più debole e scontato della trama, l'inevitabile scontro tra Goku, Vegeta e Broly coincide con un'esplosione di azione e di violenza che faranno la gioia di tutti fan. I duelli tra Saiyan di ogni livello sono lunghi, poderosi, messi in scena in modo abbastanza leggibile (solo nel finale diventano un po' confusionari) e dotati di una fisicità in cui si avverte chiaramente il peso di ogni calcio o pugno sferrato verso l'avversario. A livello di animazione, assai curata e soddisfacente, colpisce un'alterazione molto esasperata di anatomie e fisionomie, con i corpi e i volti dei guerrieri che vengono stravolti e allungati con un disegno ipertrofico, talvolta quasi grottesco. Particolarità che ad alcuni potrebbe ricordare quanto visto in passato dalle parti di Ken Shiro. E, a proposito di apocalisse, il versante artistico ci è sembrato molto ispirato soprattutto nel ricreare nuovi mondi desolati con tanto di bestiario dedicato, mentre sulla Terra è evidente che il nostro pianeta serva soltanto come semplice palcoscenico distruttibile per la resa dei conti tra Saiyan.
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Tra ingenuità e agonismo: Goku è sempre super
Tra i punti deboli del film c'è, purtroppo, un certo squilibrio di tono e di registro espressivo. Sappiamo bene che Dragon Ball è sempre stato un piacevole mix di epicità e ingenuità, seriosità e disimpegno, ma purtroppo in un'opera dedicata alle origini di una nobile stirpe di guerrieri e a un temibile antagonista della serie, quei pochi siparietti comici stonano troppo, spezzando oltremodo l'enfasi, cadendo quasi nell'autoparodia. Molti storceranno il naso dinanzi alle motivazioni sciocche di personaggi come Freezer e Bulma, ma per fortuna arriva sempre Goku a salvare la situazione. Succede perché la sua leggerezza genuina e la sua filosofia di vita sempre predisposta verso la felicità (cosa che crea in Vegeta un'inesauribile dose di invidia) lo rendono un personaggio (pro)positivo ma mai banale, ispirante ma mai stucchevole. E se è vero che Seneca scrisse che "senza un avversario la virtù marcisce", adesso sappiamo perché Son Goku, figlio di Bardack e Gine, è ancora un eroe maturo, capace di trovare nelle sfide una scintilla per nuove vette. Anche dopo più di trent'anni, quei bambini e quei ragazzi diventati uomini e donne sono ancora qui, a prendere appunti dal carattere indomito di un personaggio super anche quando non si trasforma.
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Movieplayer.it
3.5/5