Ferzan Özpetek ha sempre amato i racconti corali, ma con Diamanti, il suo ultimo film, nelle sale dal 19 dicembre, si è superato: questa volta ha infatti voluto ben 18 attrici protagoniste. La storia è ambientata nella Roma degli anni '70, in un atelier che confeziona costumi per cinema e teatro, la sartoria Canova.
Ispirato alla vera (e leggendaria) sartoria Tirelli, che ha formato tanti costumisti celebri, di cui l'ultimo in ordine temporale è Massimo Cantini Parrini, il laboratorio diventa un vero e proprio palcoscenico per le donne che ci lavorano. Alla guida ci sono le sorelle Canova, Alberta e Gabriella, interpretate da Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, e poi tutte le altre, ognuna con la sua funzione fondamentale: c'è la tingitrice, le cucitrici, chi invece si occupa di tutte cucinando, Silvana (una sorprendente Mara Venier).
Nella nostra intervista abbiamo potuto parlare con sei di loro, ovvero: Vanessa Scalera, che interpreta Bianca Vega, costumista pluripremiata in crisi creativa, Paola Minaccioni, Lunetta Savino, Anna Ferzetti, Milena Mancini e Geppi Gucciari, che Özpetek ha aggiunto al film in zona Cesarini, ma che, come al suo solito, si fa ricordare per il suo umorismo affilato. Una cosa che hanno in comune tutti i personaggi? La sindrome dell'impostore: ne abbiamo parlato con le attrici.
Diamanti: intervista alle attrici
In Diamanti tutti, dalle sarte al regista premio Oscar interpretato con ironia da Stefano Accorsi, hanno la sindrome dell'impostore: nessuno di loro si sente all'altezza del proprio ruolo. Quando si è artisti è più difficile superarla?
Geppi Gucciari: "Il mio personaggio non ha questo tipo di incertezza, io invece ho dei momenti di fragilità. Magari anche distanti dall'immagine che la gente può avere di me. Ma tra le manie di grandezza e quelle di persecuzione preferisco le seconde. Meglio insicura che vanitosa".
Paola Minaccioni invece: "Io ne ho sofferto. Poi a un certo punto mi sono stufata: ho smesso. A un certo punto dici basta e ti vuoi cominciare a divertire. Poi un conto è essere insicuri perché ti spingi a migliorare, un altro è pensare di non avere niente dentro".
Meglio formiche o leonesse?
Il personaggio di Minaccioni, Nina, dice che da sole non sono niente, ma insieme sono tutto: come le formiche. Non è però forse arrivato il momento di sentirsi magari leonesse insieme? L'attrice: "Non ho niente contro le formiche! L'immagine che alla forza si debba per forza associare l'aggressività non la condivido. Preferisco essere un'ape, una formica. Noi abbiamo un altro tipo di potere e penso che con questo gruppo, e questo film, lo stiamo dimostrando".
Per Milena Miconi: "Poi una formica riesce a sollevare dieci volte il suo peso: quindi, insomma, non la facciamo arrabbiare questa formica". Secondo Gucciari: "Le formiche hanno un equilibrio di collettività, credono nell'uguaglianza. E poi questo film è ambientato 50 anni fa: quindi ogni frase ha un peso diverso rispetto a quello che avrebbe oggi. In loro c'è l'audacia di essere tra le prime a dirle, a essere le prime a fare certe cose. Poi, certo, non c'è mai limite a quello che si può fare e al modo in cui ci si può sentire per avere maggiore sicurezza in se stesse".
Un brindisi al cinema
Nella parte finale di Diamanti c'è un bel brindisi: alle donne, al cinema e al teatro, sempre. Che augurio vogliono fare le interpreti al cinema, in particolare quello italiano, dato il momento di difficoltà che sta vivendo? Gucciari: "C'è un tema: la gente, dopo gli anni difficili che abbiamo vissuto, ha avuto voglia di tornare a teatro, infatti i teatri sono di nuovo frequentati con passione. Il cinema invece lo è sempre meno di quello che meriterebbe. Ed è un'industria che ha dietro tante vite, non solo quelle di chi si vede sullo schermo. Il teatro è, per sua natura, insostituibile. Per quanto riguarda il cinema purtroppo qualcuno non capisce che devi essere più piccolo di quello che vedi: se lo guardi in un telefono, sul computer o in un televisore, ti sembra la stessa cosa, ma non è così. Questo film in particolare poi è giusto che esca solo al cinema, perché solo su un grande schermo noti il lavoro infinito che c'è dietro ogni oggetto e dettaglio".