All'anteprima romana di The Good Shepherd - L'ombra del potere, Robert De Niro ha incontrato la stampa per parlare di questo suo secondo lavoro da regista. Un film denuncia, che analizza dall'interno il mondo della CIA, tentando di far luce sui lati più oscuri delle attività di intelligence e spionaggio.
Mr. De Niro, era da i primi anni '90 che voleva fare un film su questo argomento, sulla CIA. Come mai ha aspettato così tanti anni? Cosa l'ha spinta a muoversi dopo così tanto tempo?
Robert De Niro: Si, erano anni che cercavo di realizzare un film su questo argomento, che mi appassiona moltissimo. All'inizio praticamente volevo lavorare su un'altra idea, volevo che riguardasse un periodo un po' più avanti negli anni, ma che avesse sempre a che fare con questo mondo dell'intelligence, dello spionaggio, dei servizi segreti. Tutti argomenti che ho ritrovato insieme nell'ottima sceneggiatura The Good Shepherd di Eric Roth. E' stata per me una vera spinta, mi è piaciuta moltissimo. Parlando con lui gli ho chiesto se voleva scrivere qualcosa per me, relativa ad un altro periodo, che a me interessava particolarmente. Lui mi ha risposto che, se avessi realizzato un film sulla sua sceneggiatura, avrebbe scritto una specie di seconda puntata relativa al periodo che volevo. Gli anni che più mi interessano e sui quali vorrei realizzare un altro film sono infatti quelli che vanno dal '61 all'89, vale a dire la Baia dei Porci, la costruzione del Muro di Berlino e la relativa caduta.
Lei in questi anni ha fatto molte ricerche sui servizi segreti. Al di là del film che ha realizzato, qual è la sua personale considerazione riguardo la CIA?
Credo che le agenzie di intelligence, i servizi segreti, abbiano un ruolo positivo da svolgere. D'altra parte, in realtà, non è sempre possibile capire e sapere di preciso cosa fanno. Soprattutto non si viene sempre a sapere quando sono riusciti a fare delle cose positive, o se effettivamente hanno evitato il verificarsi di certi accadimenti. Si può discutere in continuazione sul fatto che magari, a volte, ci sono stati episodi nei quali non hanno fatto il loro dovere in maniera adeguata, non riuscendo a cogliere quello che realmente stava accadendo. E' ovvio che, a volte, abbiano commesso determinati errori.
Per trattare questo argomento così delicato e complesso avrà avuto sicuramente a disposizione un'enormità di materiale. Come si è regolato su cosa mettere nel film e cosa lasciare? Quanta verità c'è in quello che ha raccontato?
Diciamo che, in un certo senso, ho cercato di colmare quei vuoti lasciati precedentemente da film che avevano già affrontato questo argomento. Secondo me si sono lasciate sempre parecchie domande prive di risposta. Si è un po' preteso che il pubblico credesse a ciò che vedeva, a prescindere. Io invece ho cercato di essere il più possibile realista, di rispettare i fatti, e di colmare quei vuoti lasciati. Ovviamente ci sono anche fatti non veri, non reali. Scene che per forza di cose ho dovuto adattare, trasformare, perché magari in un certo altro modo non avrebbero funzionato.
Si dice che lei non ami molto le interviste. Che sia un po' refrattario alle conferenze stampa. Questo perché è meglio non farsi vedere e lasciar parlare i propri film?
In effetti è proprio così. Penso che una persona che fa un film, poi si aspetti che quel film parli da solo. Naturalmente quando sei regista hai molte più cose da dire, molte più spiegazioni da dare, rispetto a quando un film lo fai da attore. Da regista la cosa è diversa, hai la visione completa di tutta l'opera. Penso comunque che la gente vada al cinema essenzialmente perché ci vuole andare, e che non conti più di tanto ciò che può dire o non dire un attore o un regista riguardo al film. Nello spingere o meno una persona al cinema, è molto più efficace il meccanismo del passaparola e delle amicizie.
Il film che comincerà a girare tra poco, possiamo considerarlo come il secondo capitolo di una trilogia?
In effetti ho pensato ad una trilogia. Ma siamo ancora agli inizi: The Good Shepherd è il primo capitolo, quello che andrà dal 1961 al 1989 sarà il secondo, e quello che andrà da dopo la caduta del muro di Berlino sino ad oggi, sarà il terzo. Il film che sto facendo ora però non ha nulla a che vedere con tutto questo, poiché parla di un produttore di Hollywood, e in realtà non sarò io a dirigerlo, lo dirige un'altra persona. La Medusa lo produce e poi lo distribuirà anche qui in Italia.