Ci sono film dolorosi come un pugno nello stomaco. Dopo averli visti, pur avendoli amati, fatichi a sperimentare lo stesso raccapriccio la seconda volta. Ci sono registi che amano sconvolgere il loro pubblico sottoponendolo a visioni shock. Darren Aronosfky è uno di loro. Autore intellettuale, profondamente padrone del mezzo cinematografico, Aronosfky non si limita a raccontare la distruzione del sogno americano, ma immobilizza lo spettatore davanti al grande schermo con le sue immagini di devastante potenza, costringendolo a toccare con mano il degrado della civiltà. L'orrore e il raccapriccio sono la sua cifra stilistica, ottenuti attraverso l'alterazione dell'immagine, la manipolazione dello spazio e del tempo, il montaggio rapidissimo, l'uso insistito di particolari e dettagli, lo split screen, le bodycam, i filtri, il tutto accompagnato da colonne sonore martellanti e ossessive nate sovente dalla fervida collaborazione col compositore Clint Mansell.
Nel corpus di Darren Aronofsky, al dramma delle vicende narrate corrisponde uno stile visivo altamente espressivo ed emotivamente coinvolgente, a volte persino troppo. Pur essendo decisamente lontano dal genere horror inteso in senso canonico, capita spesso di sentir paragonare le sue opere a veri e propri film dell'orrore per la tensione claustrofobica che permea le pellicole e per le sequenze raccapriccianti che mettono alla prova anche gli stomaci più forti. Apprezzato dalla critica, il cinema di Aronofsky è ben lontano dall'essere popolare. Bandita la catarsi, il regista ama mettere alla prova il suo pubblico con visioni estreme che provocano disagio, parossismo e disperazione. Dopo la visione di opere come Requiem for a Dream, Madre! o Pi greco - Il teorema del delirio, è facile capire il motivo per cui il cineasta newyorkese rimane un autore di nicchia pur vantando un notevole palmares e una candidatura all'Oscar per la regia de Il cigno nero (2011).
La poetica di un autore consapevole
Se si esclude il felice esordio di Pi Greco - Il teorema del delirio, per trovare il primo successo al botteghino di Darren Aronofsky bisogna attendere l'uscita de Il cigno nero nel 2010. Presentata in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2010, la pellicola ha fatto sobbalzare il pubblico in sala con scene decisamente disturbanti prima di fruttare un Oscar come miglior attrice alla sua protagonista Natalie Portman. Se l'andamento al botteghino della produzione aronofskiana è altalenante, c'è però un punto fermo: la capacità di circondarsi di star che plasma secondo le sue necessità. Suo è il merito di aver rilanciato la carriera di Mickey Rourke cucendogli addosso la meravigliosa maschera tragica di The Wrestler, stessa cosa accaduta più di recente con Brendan Fraser e The Whale. Se Requiem for a Dream lo vede sfruttare al meglio gli allora giovani e promettenti Jared Leto, Jennifer Connelly e Marlon Wayans, affiancandoli a una veterana di lusso come Ellen Burstyn, la sua collaborazione con divi come Hugh Jackman, Russell Crowe e Anthony Hopkins sfocia nei suoi due film più imperfetti, ma non per questo meno potenti. E che dire della glorificazione di Jennifer Lawrence nel parossistico Madre!.
Pur avendo sviluppato uno stile molto personale, riconoscibile fin dalle prime inquadrature, la produzione di Darren Aronofsky è molto varia per storie e temi. Si passa da racconti più crudi e realistici come Requiem for a Dream, The Wrestler e il recente The Whale a opere allegoriche come The Fountain e Noah. Qualunque sia la tematica trattata, il cinema di Darren Aronosfky si distingue per una visione chiara e tematiche coerenti, ma anche per un andamento narrativo che parte spesso e volentieri da una situazione apparentemente "normale" per poi precipitare in un abisso di paranoia e disperazione. Ripercorriamo allora le cinque scene più disturbanti dei film di Darren Aronofsky nella nostra personale classifica.
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5. The Wrestler - Il combattimento hardcore
Durante la promozione di The Wrestler, la star Mickey Rourke ha ripetuto allo sfinimento di non paragonare il wrestling alla boxe perché la prima disciplina è basata interamente sul concetto di combattimento come spettacolo e gli incontri sono coreografati. Rourke, che ha avuto una breve, ma intensa carriera da pugile, conosce bene il ring e fornisce al suo wrestler disperato Randy un surplus di verità drammatica. Gli incontri saranno anche decisi a tavolino, come per altro si vede nel film, ma un combattimento harcdore, che termina con Randy nello spogliatoio in preda a un attacco di cuore, mette a dura prova gli spettatori. Randy e il rivale si accordano per usare lastre di vetro, filo spinato e perfino una sparagraffette. Aronofsky mostra in montaggio alternato Randy che, ricoperto di sangue e ferite, viene curato dal medico a fine incontro e lo spaventoso match che ha affrontato un quarto d'ora prima. Difficile dire se sia più raccapricciante assistere al momento in cui le graffette gli vengono sparate addosso dal rivale o quando gli vengono tolte con le pinze dal dottore.
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4. Madre! - La casa trasformata in una zona di guerra
Metafore bibliche e livelli diversi di interpretazione si intrecciano in Madre!, uno dei film più complessi, autoreferenziali e scioccanti di Darren Aronofsky. La casa in cui il personaggio di Jennifer Lawrence (significativo che né lei né Javier Bardem abbiano un nome), in dolce attesa, riversa il suo estro creativo viene invasa dai fan dello scrittore che irrompono nella dimora provocando una escalation di violenza e distruzione difficile da descrivere a parole. Mentre Bardem, lusingato dai fan, sembra non rendersi conto di niente, Jennifer Lawrence assiste impotente a ospiti che frantumano mobili, sradicano lavandini dalla parete, si aggrediscono tra loro. Ogni stanza della casa sembra ospitare una pagina oscura della storia, tra risse, rivolte, torture e guerriglia fino a che le forze militari si presentano ad armi spianate per combattere i membri del culto che è sorto intorno allo scrittore, mentre la sua agente organizza esecuzioni di massa.
3. Il cigno nero - La trasformazione di Natalie Portman
I momenti horror abbondano anche ne Il cigno nero, dove Natalie Portman si cala nei panni di una ballerina classica di nome Nina, che lotta per preservare la sua sanità mentale dopo essere stata scelta per un ruolo di primo piano nell'allestimento de Il lago dei cigni. Una storia di ossessione, autodistruzione e competizione nello spietato mondo della danza classica che vede la Portman dividersi nella rappresentazione dell'innocente cigno bianco Odette e del sensuale cigno nero Odile, ruolo, quest'ultimo, che fatica a sentire nelle sue corde. Nello sconvolgente climax, dopo aver eliminato la propria rivale (Mila Kunis) colpendola con un frammento di specchio, Nina si rende conto di avere in realtà accoltellato se stessa. In una sequenza allucinatoria, suggestiva e raccapricciante al tempo, vediamo le sue braccia mutare in due gigantesche ali nere e i suoi occhi assumere una colorazione rossastra mentre piroetta sul palco. Nina diventa il Cigno Nero e il pubblico partecipa alla sua trasformazione grazie alla scioccante messa in scena di Darren Aronofsky.
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2. Madre! - Il neonato smembrato
Ancora da Madre! - tanto per far capire il tenore del film - uno dei momenti più sconvolgenti del cinema di Aronosfky che guarda al modello illustre di Rosemary's Baby di Roman Polanski. Avevamo lasciato Jennifer Lawrence in mezzo all'apocalisse di violenza esplosa nella casa. Dopo essere stata tratta in salvo da Javier Bardem, dà alla luce il suo bambino, ma il neopapà manifesta l'intenzione di mostrarlo alla folla. Nonostante i suoi migliori sforzi per rimanere sveglia e proteggere il suo neonato, Lawrence si addormenta e Bardem consegna il loro bambino alla massa di adoratori. Mentre lei cerca di farsi strada tra la folla per salvare suo figlio, si ode il suono del collo del neonato che si spezza. Alla fine la madre lo ritroverà smembrato mentre gli adoratori si nutrono della sua carne in una devastante metafora cristologica.
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1. Requiem for a Dream - Il braccio di Jared Leto
In termini di sequenze scioccanti, in Requiem for a Dream non c'è che l'imbarazzo della scelta. Il romanzo di culto di Hubert Selby Jr. è pane per i denti di Aronofsky che ne realizza un adattamento allucinato e frenetico, cupo e disperato. Il film segue quattro persone le cui esistenze sono sconvolte dalla droga. Sara Goldfarb (Ellen Burstyn) è una vedova che vive a Brighton Beach e viene invitata a comparire nel suo quiz televisivo preferito. Per perdere peso, la donna inizia ad assumere pillole dimagranti e anfetamine. Suo figlio Harry (Jared Leto), insieme alla fidanzata Marion (Jennifer Connelly) e al migliore amico Tyrone (Marlon Wayans), spaccia eroina per realizzare i propri sogni. Vedere Jared Leto che si inietta la droga in un braccio già bluastro e logorato dall'infezione mette a dura prova, ma quando, dopo essere stato denunciato dal medico del pronto soccorso, viene portato in carcere e poi in una sala operatoria temiamo di sapere già cosa stia per accadere. In questo finale apocalittico, al dramma di Henry si contrappone in montaggio alternato quello della madre, che viene sottoposta ad elettroshock dopo aver perso la ragione, quello di Tyrone, aggredito in carcere, e quello di Marion, costretta a un umiliante esibizione sessuale in cambio dell'eroina. La sequenza da incubo culmina con l'amputazione del braccio di Henry tra schizzi di sangue e il ronzio della sega.